A Varese l’ultimo addio a Bruno Arena: “D’ora in poi sorridi dal cielo”
E' stato un commovente "ultimo saluto" all'anima dei Fichi d'India che, insieme a Max Cavallari, ha riempito prima ancora degli schermi a Colorado e Zelig i teatri della nostra provincia
Tutta Varese e tanti testimoni del mondo della comicità hanno dato l’ultimo saluto a Bruno Arena nel pomeriggio di venerdì 30 settembre 2022. Ed è stata necessaria la basilica di San Vittore per contenere, a malapena in realtà, tutta la folla di persone che voleva dare l’ultimo saluto a Bruno o semplicemente abbracciare la moglie Rosy o i figli Gianluca e Lorenzo.
Grande la commozione per il comico strappato al palco da un brutto ictus, ma anche per l’allenatore di basket, lo sportivo, o anche solo l’amico buono che non doveva morire così presto. Così, sullo stesso piano, si sono visti tra le navate il sindaco di Varese e i volti più noti di Radio DJ, i conduttori di Colorado o i rappresentanti del Varese Calcio quando era serie A, le personalità del basket e il suo “socio” Max Cavallari.
«Di fronte alla morte ci sentiamo molto scoraggiati, facciamo fatica a vedere il signore in tutto questo dolore – ha spiegato don Giuseppe Cadonà, ora parroco a Luino ma per molti anni sacerdote a Barasso – Ma la vita passa da una Pasqua all’altra: a un certo punto, anche il dolore più forte viene sostituito da una nuova luce. La carità è più forte della morte, come ha detto il Vangelo di oggi. E la carità di Bruno si chiama allegria, sono le risate che dava alle persone. Abbiamo bisogno di chi fa sorridere con delicatezza. Gli chiediamo cosi, da oggi, di sorridere dal cielo».
Ora però non è ancora tempo di sorrisi, ma di lacrime. Lacrime che sgorgano non solo da chi gli è stato più vicino, ma anche dalle persone che l’hanno anche solo visto in tivù, o l’hanno frequentato come amici: «E’ stato importantissimo nella mia vita: ero ricoverata in una clinica a Milano, più di vent’anni fa – spiega “La Benny” come si è definita salendo sull’altare per un ricordo – In quella clinica eravamo tutti un po’ matti, in disagio psicologico. In quel periodo Bruno e Max lavoravano a Zelig a Milano e lui tutti pomeriggi veniva a trovarmi ed entrava in reparto in questa clinica e faceva il dinosauro: a dire il vero pensavano che il matto fosse lui… La gente però aspettava il suo arrivo, perché portava allegria a tutti. Questo era lui, Bruno era così. Mi ha aiutato tanto e io per questo lo ringrazierò per sempre. E mi mancherà tantissimo».
Un ricordo che ha commosso tutti, e reso tutta la gente che affollava la chiesa una sola famiglia. Del resto, come ha sottolineato il figlio Gianluca in un lungo e commovente intervento finale «Oggi non siamo qui per mio padre, o per il marito di mia madre, o per il padre di mio fratello. Oggi siamo qua per Bruno. Ci ho tenuto e ricambiare le condoglianze di tutti quelli che sono venuti, perché Bruno non era solo nostro. E’ tutta la vita che sono il “figlio dei fichi d’India”: mi sempre dato fastidio questa cosa. Non azzardatevi a smettere adesso».
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