I bambini di Piero a scuola sulle strade di sassi, “muoverci nella natura non ci spaventa”
Sempre più famiglie scelgono la montagna per far crescere i propri figli, ecco perché. Il caso della minuscola frazione di Curiglia con Monteviasco
Tra l’incertezza personale ed economica, la crisi sanitaria e quella climatica, sta cambiando il modo di vivere la quotidianità. Le priorità si stanno capovolgendo e in alcuni casi si sta tornando al punto di partenza, in quei luoghi che per noia, necessità o svago, prima raggiungevamo solo durante le vacanze o un weekend lungo.
Quelle valli, fatte di paesini troppo piccoli o di città troppo provinciali oggi, agli occhi di molti, sono diventati una possibilità per ricominciare da zero. E’ il caso di Curiglia con Piero e Monteviasco, un piccolo borgo dall’aspetto gentile e dalla quotidianità che sembra non essere mai cambiata, anche se per molti anni non più vissuta.
Piero, in particolare, dall’inizio degli anni ’60 fino a circa la metà, rimase un “paese fantasma”. Il ritorno cominciò poi a partire dagli anni ’70, come ci raccontò Ambrogio durante il tour di VA in giro: «Alcuni di noi tornarono. Entrare a Piero a quel tempo significava entrare in un mondo tutto da riprogettare e io decisi di farlo perché avevo già capito come sarebbero andate le cose, le crisi, il cambiamento climatico».
Un pensiero che, forse, stando a guardare alcuni dati e ad ascoltare diverse testimonianze, oggi sta balenando nella testa di tante altre persone.
Su 136 comuni della provincia di Varese stupisce come Curiglia con Monteviasco sia uno dei paesi con la percentuale più alta di bambini della fascia 0/10 anni (9% della popolazione). Partendo da questa analisi, siamo andati alla ricerca di possibili scenari e perché. Forse la sicurezza che ci dava prima la città è oggi messa in discussione? Quali le motivazioni che possono spingere una famiglia a trasferirsi in “montagna”?
Dopo Ambrogio a renderci partecipe della sua esperienza di vita è stato Antonio, papà di due bellissime bimbe ugandesi, nato a Milano e poi – come alcuni dei suoi coetanei – migrato a Piero alla fine degli anni ’60. Un luogo molto a caro a lui, in cui di tanto in tanto tornava, tra un viaggio umanitario e l’altro. Il sogno, però, era quello di tornarci a vivere con la famiglia, e così è successo, lo scorso anno.
«I contesti sono molto diversi e avevo paura che la vita del villaggio africano, sempre a contatto con altri bambini e persone, gli mancasse. E invece non è stato così, le bambine quassù sono veramente felici». Le piccole hanno iniziato questo settembre la prima elementare e il dover percorrere per oltre 15 minuti la piccola mulattiera che collega Piero al “mondo”, per raggiungere il pullman in compagnia della loro amica tredicenne Margherita, sembra non spaventarle.
Anzi, in questo periodo la risalita verso il paese in sasso è anche più divertente perché possono fermarsi a raccogliere castagne e noci. «Piero è un posto dove i bambini crescono bene. La natura, gli animali, l’aria buona, il non doversi preoccupare quando escono a giocare E’ certo una scelta di vita venire a vivere quassù – continua Antonio – però credo fortemente che, forse di aiuto il covid, la gente sia tornata a sognare posti così per far crescere i propri figli». Concorde anche una giovane coppia, recentemente trasferitasi a Piero per “rincominciare”.
Un paese in cui certamente non mancano le criticità, a partire dalle fragilità che presenta il territorio fino alla mancanza di servizi e trasporto autobus per gli adulti. «Ma sono criticità che si possono affrontare – dice ancora Antonio -Abbiamo la fortuna di fare ciò che tutti i dottori consigliano di fare: muoverci. E poi insomma, c’è anche da dire che è molto più complicato spostarsi con i mezzi in una città, piuttosto che fare Curiglia – Luino».
E’ quindi possibile che alla “scelta dell’abbandono” si contrapponga, oggi, la “scelta del ritorno”? «Nella storia ci sono sempre stati questi cambiamenti – continua Antonio – Vivere e far ripopolare questi paesi porterebbe un guadagno a tutti. Certo, se uno lavora lontano c’è il problema del trasporto, ma anche qui sul territorio ci sono tante opportunità. Si può lavorare con il miele, gli animali, la terra. C’è sempre più richiesta di prodotti sani e a km0. Noi di Piero poi, facciamo quasi tutti l’orto. Oltre a rappresentare un’attività ‘rilassante’, ci permette di risparmiare e contemporaneamente mangiare qualcosa di buono». Rispettando il ciclo delle stagioni e l’offerta della terra, «e poi – continua ancora Antonio – vivere lontano dai centri è economicamente meno dispendioso».
La giornata “tipo” delle bimbe di Antonio è uguale a quella di qualunque bimbo di prima elementare, se non per il fatto che oltre alla piccola mulattiera da risalire, ad attenderle al ritorno da scuola c’è anche un’infinita natura in cui perdersi. E non è vero che a Piero manca la socialità, «Le mie piccole hanno scoperto il mondo degli adulti e qui a Piero gli adulti sono davvero molto gentili».
Non solo, i giovani di Piero spesso scendono a valle dai loro compagnetti di Curiglia. Il luogo di ritrovo, per quelli più grandicelli, è l’Acli e qui – come a dare la testimonianza più bella “delle cose che non cambiano mai” – non importa l’età o da dove vieni: lo stare insieme, dai 16 ai 30, è determinato solo dal divertimento e dalla condivisione, ancora meglio se davanti a una partita di calcio o a un bel film in piazza.
Le generazioni del Varesotto
Per costruire questo articolo siamo partiti dall’analisi dei dati sulle generazioni in ciascun comune del Varesotto. Abbiamo costruite tre strumenti che permettono a tutti di esplorare la composizione demografica di ciascun paese: LI TROVATE IN QUESTO ARTICOLO.
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