Magistrati, avvocati e giornalisti d’accordo: “Non può essere la Procura a decidere quali notizie dare”
Dibattito interessante durante l'incontro organizzato all'interno del festival Nord in Giallo, dedicato al racconto della cronaca nera e giudiziaria. Tra i relatori Bruti Liberati, Colaprico, Battarino e Brusa

Un momento alto di discussione intorno alle limitazioni imposte dal decreto legislativo 188 che recepisce la normativa europea sulla presunzione di innocenza e sul cosiddetto “processo mediatico”. A Nord in Giallo, sabato mattina, si sono confrontati la presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Varese, Elisabetta Brusa, il giornalista e scrittore Piero Colaprico, l’ex-procuratore capo di Milano Edmondo Bruti Liberati e il giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Varese, Giuseppe Battarino davanti ad una platea di avvocati e di amministratori locali (presenti il sindaco Davide Galimberti, l’assessore alla cultura Enzo Laforgia e il consigliere regionale del Pd Samuele Astuti, ndr).
La norma è stata ben introdotta da Elisabetta Brusa che ha spiegato come, con l’introduzione del decreto, l’unico autorizzato a dare informazioni su indagini e arresti sia il procuratore capo che può fare due cose: emanare comunicati stampa (o approvarli) e decidere una conferenza stampa.
Un confronto pacato e nel quale tutte le parti in causa si sono dette d’accordo sul condannare un sistema che affida ai capi delle procure la valutazione dell’interesse pubblico di una notizia, andando a ledere l’autonomia dei giornalisti e ad accentrare in capo ad una sola persona il potere di dare una notizia e di come darla: «Persone che hanno certamente una gran preparazione giudiziaria ma che spesso non conoscono nessun aspetto della comunicazione e dell’informazione» – è stato ricordato.
Allo stesso tempo, però, sono stati portati all’attenzione casi eclatanti come quello di Stefano Binda, che recentemente si è concluso anche dal punto di vista del risarcimento per ingiusta detenzione, assolto dall’accusa di essere stato l’assassino di Lidia Macchi dopo un lungo ed estenuante processo, anche mediatico. Colaprico ha ricordato anche che «le notizie continuano a circolare come prima e che da anni è in corso un tentativo di imbavagliare la stampa in Italia».
Battarino ha mostrato anche alcuni esempi di servizi televisivi di una tv locale privata che – a suo dire – davano fin troppo risalto ad operazioni risibili come quella di una Polizia Locale con tanto di cane antidroga in una scuola e che aveva portato a zero sequestri di stupefacenti. Casi che, effettivamente, mettono in luce un sensazionalismo a volte esasperante e che rischia di creare allarme anche dove non c’è: «Passa poi il concetto che le forze di Polizia sono le uniche a garantire la sicurezza mentre i magistrati liberano i delinquenti».
Ci vuole equilibrio ma serve anche una vera formazione continua che coinvolga tutte le parti perchè si arrivi ad una comune cultura dell’informazione affinchè si possa superare provvedimenti burocratici che irrigidiscono le procedure senza ottenere alcun risultato: «Questo sistema crea squilibri perchè ci saranno alcuni giornalisti che avranno rapporti non chiari con le parti in causa e questo non migliorerà la qualità dell’informazione».
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