Processo Mensa dei Poveri, l’ex-assessore Petrone cerca la riabilitazione in aula: “Costretto ad obbedire a Caianiello”
Tra "non ricordo" e rielaborazioni di quanto affermato negli interrogatori l'allora assessore all'urbanistica ha testimoniato nel processo contro il sistema corruttivo con a capo l'ex-ras di Forza Italia. Tonetti accusa Orrigoni
«Pensavo solo al bene della città, non ho mai chiesto favori a nessuno e nemmeno a Caianiello, non sapevo della tangente per l’area di via Cadore e se ne avessi avuto certezza mi sarei dimesso e avrei informato i Carabinieri, ho patteggiato due anni per non affrontare un processo che mi sarebbe costato troppi soldi. Insomma, una vittima del sistema».
L’ex-assessore all’Urbanistica di Gallarate, Alessandro Petrone, è stato ascoltato come testimone quest’oggi, lunedì, nell’ambito del processo Mensa dei Poveri sulla corruzione tra politica, professionisti e imprenditori ed è successo di tutto. Tra amnesie dovute, a suo dire, ad un complesso processo di rimozione, e avvertimenti dei pubblici ministeri Civardi e Bonardi di valutare la richiesta di rinvio degli atti alla procura per falsa testimonianza ha trascorso diverse ore seduto al banco dei testimoni per raccontare quanto di sua conoscenza relativamente al complesso sistema di corruzione messo in piedi dall’allora referente provinciale di Forza Italia Nino Caianiello.
Lui, che Caianiello lo conosce sin da ragazzino per la comune militanza politica con il padre (anche lui impegnato in politica ai tempi del Psi), ha cercato una sorta di riabilitazione della sua immagine «sporcata da una sorta di obbligo ad obbedire ad un capo provinciale di partito indicato come unico interlocutore dai vertici nazionali e regionali di Forza Italia. Il mio obiettivo era far fuori (politicamente) Caianiello» – come ha dichiarato a margine dell’udienza.
Secondo l’accusa, infatti, Petrone non sarebbe stato credibile perchè era perfettamente consapevole del sistema corruttivo che inquinava le questioni urbanistiche della città di Gallarate e lui stesso avrebbe cercato di ottenere incarichi dal deus ex machina della politica gallaratese e provinciale, citando anche diversi passaggi degli interrogatori a cui è stato sottoposto durante le indagini preliminari: «Prima di fare l’assessore ero presidente della commissione tributaria di Lodi. Non chiesi incarichi a Caianiello ma misi in risalto il fatto che il mio ruolo di assessore mi danneggiava nel lavoro, non potendo più avere incarichi in provincia di Varese per un anno e in Regione per tre».
La versione fornita da Petrone, in particolare riguardo all’area di via Cadore, è quella di un uomo che non era “allineato” al sistema che vedeva Caianiello come destinatario della presunta tangente per la variante al Pgt che avrebbe permesso il cambio di destinazione d’uso dell’area di proprietà di Piero Tonetti (con Alberto Bilardo a fare da “veicolo” dei soldi). Anche sulla turbativa d’asta per l’assegnazione dell’incarico di redarre il nuovo Pgt l’ex-assessore ha definito il suo ruolo come colui «che ha fatto quello che riteneva giusto per il bene della città».
Più chiara e diretta la testimonianze dell’imprenditore Piero Tonetti sulla controversa questione della tangente a Caianiello per avere la variante puntuale del Pgt sull’area di via Cadore (più rapida) rispetto a quella generale (più lenta): «Mi misi a disposizione di Orrigoni perché da 10 anni cercavo di far fruttare quell’area. Orrigoni mi disse che dovevamo trovare qualcuno che facesse attività di lobby e a me l’unica persona che venne in mente era Bilardo. La somma di 60 mila euro nasce da una richiesta di Bilardo. Gli dissi: “c’è da fare quest’operazione quanto vuoi?“ E lui mi disse 60 mila euro. Partecipai all’incontro con Orrigoni ma la richiesta la fece Bilardo, io sono stato zitto. Orrigoni ha poi negoziato 50 mila euro. L’architetto di mia fiduca era Barbara Rigolio, non avevo bisogno del supporto tecnico di Bilardo per questa operazione che, infatti, non fece nulla e fui io a sollecitare alla Estro Ingegneria degli elaborati per poi poter fatturare i 5o mila».
Un’accusa precisa e diretta quella di Tonetti (anche lui ha patteggiato) che i difensori di Orrigoni (Consulich, D’Alessandro) e di Tigros (Giannangeli) hanno cercato di smontare spiegando che Tigros e quindi il suo amministratore delegato non avevano interesse alla variante perchè la parte di area di loro interesse era già commerciale, cosa che Tonetti ha sostanzialmente confermato: «Si era aperta la possibilità di trasformare l’intera area e io avevo colto l’occasione per poter vendere tutto il pacchetto».
Infine ha testimoniato l’avvocato Stefano Besani che ha ricostruito la turbativa d’asta sull’incarico ai professionisti che avrebbero dovuto dare un parere per l’azione di responsabilità di Amsc nei confronti degli amministratori della società tra i quali c’era anche Caianiello: «Era una causa messa in piedi dall’amministrazione di centrosinistra guidata dal sindaco Guenzani. Chiedeva 28 milioni di euro per i danni che, a loro dire, avrebbero causato alla municipalizzata gallaratese quando la guidava Caianiello. Il parere era parte di un accordo pre-elettorale stipulato tra i vertici di Forza Italia e Lega per le elezioni del 2016 e che sicuramente Cassani conosceva. Mi limitai a trovare i professionisti adatti e arrivammo ai professori Strampelli e Cerami che poi si aggiudicarono la gara bandita dal Comune di Gallarate. Alla fine diedero un parere sfavorevole a Caianiello ma la vicenda si concluse a suo favore con Amsc costretta a pagare oltre un milione di euro di spese legali ai convenuti.
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