La PFM festeggia i suoi primi 50 anni al Teatro di Varese
Sabato 19 novembre la Premiata Forneria Marconi farà tappa a Varese: conosciuto in tutto il mondo, il gruppo musicale rimane ancora oggi un'inarrestabile "macchina da musica" che non si ferma mai. Intervista a Franz Di Cioccio e Patrick Djivas
La Premiata Forneria Marconi nel cinquantesimo anniversario dalla sua fondazione ha iniziato un tour che farà tappa al Teatro di Varese nella serata di sabato 19 novembre.
Il gruppo musicale nato nel 1971, conosciuto e apprezzato a livello nazionale e internazionale, nel corso della sua lunga carriera ha mescolato tanti generi musicali, tutti diversi tra loro, riuscendo a dare vita ad un nuovo modo di fare musica, libero in ogni sua forma, una vera forza della natura: “Anni di blues anni di rock, progressivamente anni ribelli, Immaginifici come una tela di Van Gogh, Così è la Prog, Poi disperatamente dance mischiati al punk, Poi fortunatamente funk, Felici di tutto pensieri niente, Con questa vita impertinente“, così si racconta la band nel brano “La danza degli specchi”, tratto dall’album Emotional Tattoo.
“Impressioni di Settembre”, “Il Banchetto”, “Celebration”, fino ad arrivare alla famosissima collaborazione con Fabrizio De Andrè, sono solo alcuni dei capolavori musicali della PFM. Conosciuta in tutto il mondo, il gruppo musicale rimane ancora oggi un’inarrestabile “macchina da musica” che non si ferma mai.
VareseNews ha intervistato Franz Di Cioccio, cantante e batterista e Patrick Djivas, bassista, le due colonne portanti della band, che insieme a Lucio Fabbri (violino, tastiera, chitarra), Alessandro Scaglione (tastiera e voce), Marco Sfogli (chitarra elettrica) ed Eugenio Mori (batteria), compongono la PFM.
Cosa significa per voi “PFM”? La vostra non è solo una semplice band: si percepisce l’amore che provate per il vostro lavoro e quanto vi divertite voi per primi durante i concerti. C’è mai stato un momento in cui la fiamma si è affievolita? In cui vi siete detti che non sareste andati avanti?
Djivas: «C’è stato un periodo in cui il meccanismo del mercato globale ci ha spinto a fermarci. Una pausa di pochi anni, abbiamo ripreso nel 2000, ma non ci siamo mai fermati davvero. Non abbiamo mai fermato la creatività. La musica è la nostra vita e la PFM, una band che gode di rispetto nazionale e internazionale, ci permette di fare i musicisti suonando la musica che vogliamo noi, una sensazione ed un’opportunità impagabile. Noi siamo “gli impiegati” della PFM, siamo i garanti: la PFM è un’entità che sta al di sopra di noi, che è più forte di tutto».
Di Cioccio: «Noi siamo fatti così, abbiamo il carattere degli esploratori, ci mettiamo tanta passione. Creiamo scalette formidabili, in cui il pubblico si ritrova, vogliamo sempre dargli qualcosa di nuovo, che non si aspettano. Quella pausa, fu un momento sabbatico. Quest’anno è il nostro cinquantesimo anniversario e ci stiamo scatenando».
Cosa rappresenta De Andrè per la PFM?
A rispondere è Franz di Cioccio: «Suonare con Fabrizio fu una grande scelta, una collaborazione che ha dimostrato che la poesia di De Andrè, insieme alla musica della PFM, non solo può funzionare, ma è un vero successo. Nel 2019 abbiamo fatto il tour dedicato proprio a Fabrizio, cento concerti uno dietro l’altro, ma nelle nostre serate non manchiamo mai di inserire in scaletta alcuni dei suoi pezzi riarrangiati insieme, fa parte della nostra storia».
Che rapporto avete con i nuovi generi musicali che spopolano al giorno d’oggi?
Djivas: «La musica va sempre bene, quando è fatta bene. Quando diventa troppo mainstream, ripetitiva, non so quanto un artista si possa divertire e amare il suo lavoro tanto quanto abbiamo fatto e continuiamo a fare noi. Non abbiamo mai tenuto conto di ciò che c’era intorno a noi, ma abbiamo sempre fatto ciò che ci andava di fare. Non bisogna cercare il successo, perchè è l’impegno che si mantiene nel tempo. Se punti tutto sul successo, perdi la tua identità, arriva un momento in cui la gente non ti riconosce più. Fin dagli inizi ci hanno dato l’etichetta di “Progressive”, ma la verità è che l’abbiamo superata in brevissimo tempo, spaziando tra musica classica, rock, tanti generi tutti diversi tra loro: ci siamo divertiti a fare i musicisti».
Di Cioccio: «Una delle cose più belle è che arriviamo tutti da esperienze diverse: quando ci chiedono dopo cinquant’anni come facciamo ancora ad avere tutta questa energia e voglia di fare, rispondiamo che questo accade proprio grazie alla nostra diversità, al rispetto reciproco, ognuno di noi gode del contributo dell’altro. Siamo tutti musicisti di altissimo livello, tanti solisti che suonano insieme».
Ci raccontate un aneddoto di un momento della vostra carriera che è stato particolarmente significativo e vi è rimasto nel cuore?
Di Cioccio: «La libertà che abbiamo di fare musica esattamente come vogliamo noi. Nella nostra carriera abbiamo fatto tante esperienze diverse, attraversando tanti generi musicali, abbiamo conosciuto la Poesia, l’abbiamo unita alla nostra musica. E’ come vivere in un film, la chiave di lettura è sempre diversa e noi non ci stanchiamo mai».
Patrick Djivas: «Non penso ci sia un unico momento che ci è rimasto nel cuore, passiamo dal piccolo festival musicale, alla serata dove abbiamo suonato prima di altri grandi gruppi davanti a 300mila persone, che equivale a quasi sette volte lo stadio di San Siro pieno. Ricordo bene a Denver, negli Stati Uniti, un locale dall’acustica straordinaria, fu un piacere suonare lì, un vero godimento. Ci sono stati tanti momenti indimenticabili, come quando abbiamo conosciuto la Regina d’Inghilterra, quando abbiamo suonato al Madison Square Garden e in altri posti che sogni da piccolo e in cui non ti immagineresti mai di arrivare: ma noi lo abbiamo fatto».
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