Cronaca di una convalida d’arresto: “Brevissima storia di T.”
Un racconto legato all’attualità offerto dal giudice scrittore Giuseppe Battarino che affida un suo breve scritto al sito "questionegiustizia" da cui è possibile trarre spunto per addentrarsi nel "pianeta giustizia"
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«Il lunedì inizia presto, in carcere, alle otto e mezzo. Due convalide per poi essere in tempo a una riunione organizzativa convocata in mattinata».
Ha inizio così il racconto dal sapore del breve saggio pubblicato di recente sulla rivista giuridica on line questionegiustizia dal “giudice scrittore” Giuseppe Battarino, gip-gup in servizio al tribunale di Varese. L’intervento si snoda sulla storia di Tommaso, «che ovviamente non è il suo vero nome: usiamo quello del protagonista di Una vita violenta di Pier Paolo Pasolini: rapina impropria».
E qui il racconto si inserisce in una ricostruzione che contempla gestione della giustizia e le nuove regole, da un lato. La vita dei cittadini e l’idea di poter migliorare alcuni comportamenti attraverso l’applicazione delle leggi, dall’altro. Il pendolo dell’attività giurisdizionale che si muove inesorabile e si scontra con un’attività umana fatta funzionare dagli ingranaggi dello Stato e da uomini che li debbono necessariamente muovere.
«Quando “si procede ai sensi dell’art. 21 disp. att. c.p.p.” cerco di sapere qualcosa di reale sulle “condizioni di vita individuale, familiare e sociale” di chi ho davanti», si legge nel racconto, «che è innanzitutto un ragazzo dal fisico minuto, con i capelli corti e leggermente diradati, felpa e pantaloni con griffe false.
Per prima cosa, alla declinazione della data di nascita, gli faccio gli auguri, e capisce che in un’udienza di convalida di arresto ci si può anche scambiare un sorriso.
Tommaso ha un diploma, è andato a lavorare all’estero per quattro anni, è tornato in Italia per vivere insieme al padre e a quel punto erano in due a casa a essere precari. L’ultimo lavoro come magazziniere è finito qualche mese fa. Ne sta cercando un altro e intanto ha fatto questa sciocchezza, come dice lui, racconta pure che ha strattonato il sorvegliante, perché “sono andato in panico”. Prima di procedere avevo chiesto, come sempre faccio, a lui e alla sua avvocata d’ufficio, se avevano avuto modo di consultarsi e se hanno bisogno di parlarsi ancora per decidere se rispondere o avvalersi. Si sono già parlati, lei è diligente, si è letta le carte ed è andata a trovarlo prima. Dunque Tommaso “ammette i fatti contestati”.».
Ma perché quel furto violento? «Intuisco che devo fargli una domanda in più. Eh sì, le bottiglie servivano per organizzare una festa per il suo compleanno. Credo di capire: per Tommaso avere la possibilità di esibire quei trofei, di stordirsi con gli amici, di “fare serata”, fa la differenza tra essere qualcuno e scivolare nella condizione di irrimediabile sfigato. Ed evitare di esserlo, alla sua età, rientra nei bisogni essenziali, non è un lusso».
«Vengo da un tempo in cui un risultato esistenziale potevi cercare di ottenerlo insieme agli altri con la politica, lo studio, la musica, dentro una dimensione collettiva; Tommaso vive un tempo in cui un feroce individualismo illusorio lo spinge in recinti di sorda deprivazione, malamente compensati da disordinati consumi.
Quale formula esoterica che il decreto legislativo 150 del 2022 ci impone di scrivere quando si rinvierà qualcuno a giudizio aprirà una via “riparativa”? Perché qui si tratterebbe di riparare la vita di Tommaso, recuperare le occasioni che la scuola non gli ha concesso, permettergli di criticare i modelli di comportamento che decine di migliaia di ore di televisione e di social network gli hanno cucito addosso, farlo pensare a un’occupazione stabile e con le dovute garanzie come diritto e non come fortuna.
Gli faccio spiegare come e dove sta cercando un nuovo lavoro, è preciso, gli credo. Se gli va bene avrà un contratto a termine in una grande azienda metalmeccanica. Ascolto i pacati argomenti della sua avvocata. Tutto questo finisce, scritto più o meno bene (e senza nessun accenno a beni non essenziali), dentro l’ordinanza con cui Tommaso avrà un obbligo di firma che vuole essere una specie di promemoria; mi sento utilmente vessatorio nel mandarlo a firmare tra le 8.30 e le 9.30, vagamente genitoriale nel dirgli, in quel modo, “alzati presto”».
Il racconto termina su alcune considerazioni legate al lavoro del magistrato, che sempre più spesso è chiamato a fare i conti con la gestione dei volumi di lavoro della giustizia.
«Ho creduto a Tommaso quando mi ha spiegato che (e come) stava cercando un lavoro, ho ascoltato senza pregiudizi le parole della sua avvocata, e non me ne pento. Spero che chi lo giudicherà continui a credergli, per permettergli di avere fiducia in se stesso; spero che chi lo giudicherà non lo smaltisca nella discarica di una giustizia degli affari semplici, perché non sono semplici né quelle bottiglie rubate, né la vita di Tommaso», conclude Giuseppe Battarino.
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