Accusato di stupro racconta in aula a Busto la sua verità: “Non potevo, mi ero appena circonciso”

L'imputato è accusato di aver picchiato la compagna e di averla costretta ad un rapporto sessuale senza consenso ma il medico depone in aula a suo favore: "Impossibile qualsiasi rapporto sessuale dopo l'intervento"

tribunale busto arsizio

Dice di averla incontrata in tutto 10-12 volte, di non aver mai convissuto con lei, di non averla violentata e ammette solo ed unicamente il fatto «di averle tirato qualche schiaffo» in un paio di occasioni, cosa per la quale ha chiesto scusa e ha proposto un risarcimento di 5 mila euro che non è mai stato accettato. Una versione completamente opposta a quella della vittima, difesa dall’avvocato Elisabetta Brusa.

Picchiata e violentata dal figlio di un camorrista, in aula a Busto Arsizio il calvario di una donna

Ieri in tribunale a Busto Arsizio è stata la giornata di Salvatore Aria, imputato per maltrattamenti in famiglia e violenza sessuale nei confronti di una donna di Tradate con la quale aveva avuto una relazione a cavallo tra il 2020 e ottobre 2021 quando venne arrestato dai Carabinieri al termine di un’indagine del sostituto procuratore di Busto Arsizio Flavia Salvatore.

La circoncisione

Aria, che porta un cognome pesante e ben conosciuto sia nel Casertano (da dove proviene la famiglia) che nel Tradatese (dove da decenni si è stabilita in parte) a causa di parentele con boss della camorra, ha spiegato di non poter avere fatto quello di cui viene accusato perchè «in quel periodo avevo subito un’operazione di circoncisione che non permetteva l’erezione e nessun tipo di rapporto sessuale».

La testimonianza del medico di Aria

La donna che lo accusa, infatti, sostiene di aver subito la violenza attraverso una penetrazione con una bottiglia di coca cola e con un rapporto orale. Secondo il medico chiamato a testimoniare dalla difesa (avvocati Fabrizio Busignani e Raffaella Servidio) Aria, che aveva subito l’intervento pochi giorni prima della violenza asserita dalla vittima, non avrebbe potuto avere un rapporto sessuale completo e nemmeno orale senza provare grande sofferenza. Lo stesso medico ha anche confermato che alla visita di controllo, avvenuta qualche giorno dopo la violenza, non aveva riscontrato lesioni o ferite che sicuramente avrebbe notato se il suo paziente avesse avuto un rapporto sessuale.

L’esame dell’imputato

Durante l’esame , inoltre, l’imputato ha affermato di non aver mai vissuto stabilmente con la presunta vittima in quanto aveva una sua famiglia a Teano e lì passava buona parte del suo tempo. Secondo il suo racconto si sarebbe recato a Tradate solo per periodi limitati in quanto la sua attività di compravendita di automobili aveva una sede a Teano e una nella città varesotta. I difensori hanno cercato di far emergere come, in realtà, il cinquantenne passasse molto più tempo con la sua famiglia che con la nuova compagna attraverso tabulati telefonici, resoconti bancari e tutto ciò che potesse provare una sua assidua lontananza da Tradate.

Le contraddizioni fatte emergere dalla difesa

Infine le difese hanno fatto emergere altre contraddizioni nel racconto della donna: «Il giorno in cui lei è andata in ospedale nessuno le avrebbe fatto un test dell’alcol nonostante un luogotenente dei Carabinieri lo avesse espressamente richiesto». Ultimo mistero è quello del telefonino con la cover rossa, col quale la donna sostiene che l’imputato avesse registrato la violenza sessuale in video: «Quel telefonino non è mai stato analizzato e trovato. Dall’analisi degli altri dispositivi, invece, non è emerso nulla di rilevante come ci ha detto l’esperto informatico che ha eseguito le copie forensi dei dispositivi».

Orlando Mastrillo
orlando.mastrillo@varesenews.it

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Pubblicato il 16 Novembre 2022
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