Mia madre, malata di SLA, per 2 giorni in pronto soccorso a Tradate senza privacy e isolamento

Il racconto della figlia di una donna che si è rivolta al PS in seguito a una caduta. L'azienda Sette Laghi spiega cosa si sta facendo per migliorare l'accoglienza e come è stata assistita la paziente

Tradate - Ospedale Galmarini

Buongiorno, con la presente segnalo quanto segue e mi riservo di prendere provvedimenti legali a tutela dei soggetti coinvolti.

Mia madre  (malata di SLA con grave fragilità motoria e respiratoria a rischio Covid) è stata ricoverata al pronto soccorso dell’ospedale Galmarini di Tradate a seguito di una caduta domestica. E’ stata portata in pronto soccorso da mio fratello per effettuare una RX ed accertare eventuali fratture vista la presenza di dolore al torace ed alla schiena.

Il ricovero è avvenuto domenica 23 ottobre con dimissione al 25 ottobre. Dopo aver aspettato il suo turno e una prima visita sommaria è stata portata in radiologia. A mio fratello non è stato permesso di entrare in sala radiologica per fornirle assistenza. I due tecnici di radiologia sistemano mia madre su uno sgabello sul quale non riesce né a salire né a reggersi da sola, nonostante le sue ripetute richieste di sostegno i tecnici le rispondono seccati e lasciano la presa.

Mia madre quindi cade dallo sgabello e viene presa al prima dell’impatto al pavimento. A quel punto viene sistemata senza troppo riguardo sul piano radiologico e a seguito della RX viene accertato un pneumotorace e con fratture scomposte alle costole. Viene quindi ricoverata in osservazione in pronto soccorso (non in reparto) per due giorni in uno stanzone con altre 4 persone, uomini e donne nella stessa stanza senza nessuna privacy. La porta a fianco al suo letto, sempre aperta, immette in un altro grande spazio/corridoio dove sono accalcati altri pazienti allettati di ogni sesso/età.

Le ambulanze e i barellieri continuano a scaricare/caricare pazienti, parenti vari chiedono informazioni, il personale infermieristico, numericamente insufficiente per la mole di assistiti, si destreggia come può, il medico di turno è asserragliato nel suo studio ed evita ogni contatto non strettamente necessario. I pazienti per la maggior parte anziani e affetti da demenza senile con conseguenti crisi di grida e parole sconnesse, sono costretti ad effettuare i propri bisogni senza nessuna privacy e quelli che non riescono vengono cateterizzati. Tutto questo senza soluzione di continuità tra il giorno e la notte, in un ambiente caotico e di generale degrado. A mia madre viene messo un catetere, non viene cambiata né lavata per due giorni se non con salviettine umide. Nonostante la sua non autosufficienza non viene aiutata né a mangiare né a bere. Mio fratello per poterla assistere è stato costretto a due ore di attesa in coda ad ogni ingresso mattutino in PS nonostante la sua presenza fosse necessaria dall’assenza totale di assistenza da parte del personale ospedaliero. Alla dimissione ha dovuto farsi carico di trovare/contattare/pagare l’ambulanza per riportare a casa mia madre dopo 3 giorni e 2 notti d’inferno, sono entrambi provati fisicamente e mentalmente.

Come è possibile che non ci sia un protocollo di assistenza per pazienti con disabilità motoria grave all’accesso in PS e durante la loro permanenza? Come è possibile che dopo due anni di pandemia un paziente estremamente fragile dal punto di vista respiratorio non venga isolato dagli altri? Come è possibile che un paziente in ricovero con evidenti difficoltà motorie e trauma da caduta recente sia fatto cadere una seconda volta per negligenza del personale che lo assiste? Come è possibile che a mio fratello sia stato reso difficoltoso l’accesso in PS nonostante la sua presenza fosse necessaria? Come è possibile che all’interno di una struttura ospedaliera si presenti una situazione di abbandono, sovraffollamento e generale degrado di questa entità?

Cordiali saluti,

Lettera firmata


La lettera è stata sottoposta all’Asst Sette Laghi che ha ha risposto:

Dispiace leggere la percezione negativa che la figlia della paziente riferisce. 

E’ stato ricostruito il percorso seguito nel caso specifico e ne emerso un iter completo e accurato, particolarmente scrupoloso, si potrebbe aggiungere.
Certamente, però, se la percezione dei famigliari è quella sintetizzata dalla mittente della lettera, molto resta da fare sul piano dell’umanizzazione del percorso di cura, dell’accoglienza e della comunicazione.

A questo proposito, con particolare riferimento alla permanenza nei locali del Pronto Soccorso di Tradate, se da un lato si rileva che la scelta di posizionare i pazienti che devono restare in osservazione in locali e spazi ulteriori rispetto a quelli delle sale di attesa propriamente dette è dettato proprio dall’intento di garantire loro maggiore riservatezza, dall’altra si coglie l’occasione per ricordare che sono in corso i lavori per ristrutturare e ampliare proprio l’area del Pronto Soccorso del Galmarini, frutto di un investimento che comprende anche la ristrutturazione dell’Endoscopia e che ammonta a oltre 800mila euro. La ristrutturazione e l’ampliamento del Pronto Soccorso si concluderanno entro il prossimo mese di aprile. 

Per quanto riguarda il percorso sanitario seguito dalla paziente, giunta nel servizio deputato all’emergenza a seguito di una caduta accidentale avvenuta al domicilio 4 giorni prima, la visita del medico dell’ambulatorio chirurgico è avvenuta dopo venti minuti dall’accesso, con contestuale esecuzione degli esami emato-urinari. Nel corso dell’ora successiva, poi, la paziente è stata sottoposta a tre diverse tipologie di indagini radiologiche: una lastra al torace (non reisultano né cadute, né variazioni alla posizione consueta rispetto a questo esame), TC torace ed eco addome superiore e inferiore, eseguiti su richiesta del Medico Radiologo per verificare l’assenza di interessamento renale e splenico a seguito della caduta.

La paziente è stata quindi visitata nuovamente, alla luce dei referti radiologici, sia dallo specialista chirurgico, sia dallo specialista chirurgo toracico: entrambi non hanno ritenuto necessario sottoporre la paziente a interventi o altri trattamenti invasivi. Si è quindi ritenuto opportuno mantenere la paziente in osservazione in Pronto Soccorso al fine di valutare l’eventuale evoluzione del quadro respiratorio, fino alle dimissioni con indicazione a “visita di controllo presso l’ambulatorio di Chirurgia Toracica a 10-15 gg di distanza, salvo comparsa di dispnea”.

Tornando alla permanenza in Pronto Soccorso, è noto come il comfort alberghiero nel servizio deputato ale urgenza non sia paragonabile a quello riscontrabile in una camera di degenza ordinaria. Si comprende quindi il disagio riferito, che, come detto, offre uno sprone per migliorare, ma preme anche precisare che, durante tale permanenza, i pazienti, in caso di necessità per i bisogni fisiologici, sono accompagnati dagli operatori e che l’igiene personale è garantita quotidianamente dal personale, con utilizzo di appositi ed idonei dispositivi (salviette imbevute – Daily Care) in uso in tutta l’Azienda.

Ai parenti dei pazienti non autosufficienti è di norma garantito l’accesso per l’assistenza ai congiunti,  previo controllo del Green-Pass: l’ingresso è garantito non appena il parente avvisa del suo arrivo. La dimissione con ambulanza, in questi casi, è a carico del paziente.

Si precisa, da ultimo, che esiste ed è applicato nei pronto Soccorso aziendali un protocollo per il trattamento del paziente fragile: tutti i pazienti che accedono al PS sono sottoposti a tampone per Covid e, solo se positivi, sono isolati, seguendo un percorso dedicato rispetto agli altri.

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Pubblicato il 09 Novembre 2022
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