Il cantiere sul Fiume Tresa procede, tra massi giganti e pesci da salvare
Il team del progetto Interreg "A cavallo del fiume Tresa" ha fatto il punto sui lavori con una conferenza online che ha svelato diversi dettagli curiosi e innovativi dell'intervento per la messa in sicurezza del territorio dai pericoli di frane e inondazioni
Un cantiere complesso, con molti aspetti innovativi, tante problematiche da affrontare e la singolarità di trovarsi esattamente sulla linea di confine tra Italia e Svizzera.
Ieri, nel corso di un incontro online sulla piattaforma Zoom, il team che sta coordinando il progetto Interreg “A cavallo del Fiume Tresa: prevenzione e gestione comune delle emergenze”, ha fatto il punto sull’intervento, aggiornando sullo stato di attuazione dell’opera e svelando alcuni risvolti interessanti del cantiere.
L’obiettivo del progetto finanziato dall’Unione Europea, come noto, è la messa in sicurezza del territorio dai pericoli di frane e inondazioni, per evitare che si ripetano eventi come la frana di Cadegliano Viconago, in movimento dall’inizio degli anni Duemila, attraverso un sistema di monitoraggio e con interventi mirati sul corso del fiume e sulle sue sponde.
Attualmente è in corso l’intervento idraulico per la stabilizzare il fondo dell’alveo nel tratto di fiume in corrispondenza del piede della frana.
Gaetano La Montagna di AIPo, l’Agenzia interregionale per il fiume Po) e Laurent Filippini dell’Ufficio corsi d’acqua del Canton Ticino, hanno ripercorso brevemente la storia del progetto Interreg e fatto il punto sull’opera, mentre Davide Sonvico, direttore dei lavori, è entrato nel dettaglio degli interventi i in corso.
Rampe dinamiche per proteggere il letto del fiume
In particolare si lavora alla costruzione di due rampe dinamiche nel fiume in corrispondenza della frana, per ridurre l’erosione del fondo dell’alveo da parte del corso d’acqua, arrivata in passato anche a scavare fino a 2 metri e mezzo di profondità. Un’erosione che può interferire sul piede della frana, dando vita ad ulteriori cedimenti.
Un intervento estremamente complesso, come è stato spiegato dal team di tecnici ed ingegneri intervenuti, che comporta anche dettagli curiosi. Come la necessità di setacciare tutta la terra di scavo – centinaia di metri cubi – con una macchina vagliatrice per ricavarne materiale con granulometrie diverse da “incastrare” in modo calcolato per dare maggiore stabilità al terreno delle sponde, e l’acquisto di massi di precise dimensioni per consolidare il tutto: «Abbiamo chiesto ad una cava massi “piccoli”, di peso fino a 6 quintali, medi del peso di una tonnellata, e grandi che pesano circa tre tonnellate e mezzo l’uno» , ha spiegato il direttore dei lavori.
Pesci elettrificati, il ritorno della biscia d’acqua e un nemico vegetale
Tra gli aspetti molto interessanti del cantiere, che sono stati affrontati nel corso di una tavola rotonda, la multidisciplinarità del team tecnico che affianca gli ingegneri: ci sono geologi, esperti di ambiente e fauna, e un responsabile della sicurezza che sovrintende a tutte le attività dentro e fuori il cantiere.
Maurizio Pozzoni della Supsi e Luca Osculati della società varesina Idrogea, geologi, hanno illustrato come prima e durante l’intervento si sia studiata la storia geologica della frana, che viene costantemente monitorata e per la quale è stato elaborata una procedura di emergenza da attivare in caso di ulteriori movimenti.
Paolo Piattini di Ecocontrol ha invece illustrato gli aspetti relativi all’ambiente fluviale, sia per quanto riguarda l’inevitabile impatto del cantiere sia alla luce della riqualificazione che verrà fatta al termine dei lavori, con la piantumazione di specie locali e il rinverdimento delle scarpate. Tra le accortezze adottate nel progetto, anche l’attenzione alla creazione di luoghi adatti per consentire il ritorno della fauna autoctona, come sponde non troppo ripide e lisce o la creazione di pietraie per la nidificazione della biscia d’acqua.
Tra gli aspetti ambientali è stata messa in evidenza la presenza del Poligono del Giappone, una pianta infestante e molto invasiva che si riproduce con incredibile facilità anche da pezzetti di ramo. Per evitarne la diffusione incontrollata si sono dovuti adottare particolari accorgimenti che sono andati ad aggiungersi alle procedure di cantiere.
Infine Cesare Puzzi, della società Graia di Varano Borghi, ha illustrato le procedure adottate per la salvaguardia dei pesci, che vanno protetti dall’invasiva presenza del cantiere. Nei giorni scorsi c’è stata una speciale battuta di “elettropesca” durante la quale l’area di fiume interessata dai lavori è stata isolata, è stata immessa una corrente elettrica a voltaggio controllato che ha stordito i pesci, che sono stati poi messi in appositi contenitori ossigenati e trasportati a valle del cantiere.
La sicurezza è transnazionale
Un altro aspetto molto interessante dell’intervento Interreg sul Tresa è il tema della sicurezza, reso particolarmente complicato dal fatto che si tratta di un cantiere a cavallo tra due Stati con legislazioni diverse in materia. Il coordinatore della sicurezza, Paolo Consonni, ha spiegato che per risolvere la complessità della situazione è stato redatto un documento unico per la sicurezza, che tiene conto delle legislazioni di entrambi i paesi, adottando sulle diverse materie le norme migliori e più restrittive di ciascuna. Un documento che tiene conto, inoltre, non solo delle attività interne al cantiere, come la tutela dei lavoratori, ma anche di tutto ciò che sta fuori dall’area di lavoro, dalla sicurezza stradale a quella ambientale, fino a tutti gli aspetti legati alla frana.
I capofila del Progetto Interreg Fiume Tresa sono AIPo, Agenzia Interregionale per il Fiume Po ed UCA, Ufficio dei corsi d’acqua del Cantone Ticino, rispettivamente per il versante italiano e per quello svizzero. I partner sono la Provincia di Varese e la Comunità Montana del Piambello.
Entrambi i capofila cooperano storicamente sul territorio transfrontaliero per la gestione dei corsi d’acqua e delle loro problematiche, nella quale si inserisce anche il fiume Tresa, che demarca il confine dei due paesi. La Provincia di Varese e la Comunità montana del Piambello si occupano prevalentemente della parte italiana sulla quale insistono la frana di Cadegliano Viconago e la strada Anas SS 344dir, ex Sp61, che costeggia il fiume lungo tutto il tratto interessato dal progetto.
L’intervento dovrebbe concludersi entro l’estate 2023.
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