Gallarate-Malpensa: Legambiente Lombardia al presidio di protesta per il collegamento ferroviario T2
È ancora un no, secco e deciso, quello delle associazioni ambientaliste di cui Legambiente Lombardia è parte e dei comitati locali al collegamento ferroviario Gallarate-Malpensa per il terminal 2 dell’aeroporto
È ancora un no, secco e deciso, quello delle associazioni ambientaliste di cui Legambiente Lombardia è parte e dei comitati locali al collegamento ferroviario Gallarate-Malpensa per il terminal 2 dell’aeroporto.
«Il raccordo Malpensa T2 – Linea RFI del Sempione eliminerà l’unico bosco esistente a nord-est di Malpensa oltre all’abbattimento di circa 100 tigli nel viale storico del Sempione. Non sono servite a fermare il progetto segnalazioni, opposizioni e il ricorso da parte di Legambiente Lombardia e del circolo Legambiente di Gallarate al Tar della Lombardia», spiegano gli ambientalisti.
«Regione Lombardia non ha mai valutato né considerato il potenziamento del servizio sul raccordo che da Nord già esiste attraverso il passante di Busto Arsizio – dichiara Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia –. Solo 10 minuti abbreviano il tempo dei viaggiatori verso l’aeroporto, in compenso si spendono 210 milioni di euro, 37 milioni a km. Non solo non sappiamo ancora se davvero sarà utile ai passeggeri ma sicuramente non servirà alle merci, visto che non è prevista un’area dedicata allo scalo merci trasportate su ferro».
Un aggravio, secondo Legambiente Lombardia, per il territorio che già sconta la realizzazione di numerose altre infrastrutture di collegamento a Malpensa, previste da tempo: «Il collegamento Pedemontana-336, la tangenziale di Samarate, la tangenziale di Arsago e Somma, interventi definiti di “compensazione” donati ai Comuni dell’intorno aeroportuale per l’ampliamento di Malpensa, quando essi stessi richiederebbero una compensazione ambientale».
«Tutte opere mai valutate nel loro devastante insieme, tranne che dalla VAS volontaria e partecipata, pagata da tutti i Comuni del Parco Ticino e realizzata a metà degli anni 2000. Già allora il giudizio fu negativo, sebbene lo studio non comprendesse tutte le opere oggi in programma” – prosegue Meggetto –. Perché Regione Lombardia ha consentito che venissero approvate un’opera alla volta, nel loro limitato ambito particolare senza avere un piano d’area complessivo?»
«Alle opere infrastrutturali, si aggiunge anche un ulteriore consumo di suolo con i grandi capannoni previsti a Ferno e a Lonate Pozzolo, aree di estrema importanza per la mitigazione ambientale, oggi in fase d’approvazione presso gli stessi comuni. Uno sfruttamento del territorio che pare non avere mai fine», sottolineano dall’associazione ambientalista.
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