Da Milano a Porto Valtravaglia con tutta la famiglia: “Abbiamo deciso di vivere qui. Sì, si può fare”

Dalla centralissima città metropolitana ad un piccolo paese della Valtravaglia: ecco la storia di Stefania e della sua famiglia che hanno scelto di andare controcorrente "per un ritmo di vita più umano"

Famiglia Stefania Porto Valtravaglia

Lasciare Milano per trasferirsi sulla sponda magra del Lago Maggiore, a Porto Valtravaglia. Scegliere dei ritmi di vita più tranquilli, dove il caos della grande città lascia spazio ad un tempo che sembra essere più dilatato. «Sì, si può fare», racconta Stefania che insieme al marito Fabio e ai tre figli ha scelto di lasciare la città metropolitana per questo piccolo comune che Dario Fo descriveva come il Paese dei Mezaràt. E non sono i soli: anche il fratello di Stefania ha preso la stessa decisione e insieme alla moglie e ai due figli, di cui uno di pochi mesi, si è trasferito a vivere nell’Alto Varesotto.

Gli operai con il mantello nero che lavorano nelle fornaci descritti dal drammaturgo Fo in quel famoso libro, oggi non ci sono più e hanno lasciato il posto ai turisti d’estate e ai frontalieri verso la Svizzera durante tutto il resto dell’anno. Tanta natura, ma pochi servizi che spesso allontanano i più giovani da questo comune. I dati raccontando che Porto Valtravaglia, come altri paesi intorno, è tra quelli dove i sessantenni rappresentano la maggior parte della popolazione e le famiglie se ne vanno. La storia che abbiamo incontrato invece, va controcorrente.

«La scelta definitiva l’abbiamo presa alla fine del lockdown, abbiamo deciso di non tornare a Milano», racconta Stefania. «Abitavamo in una zona centrale e servita, molto comoda per il lavoro, le scuole dei ragazzi e per i servizi, ma abbiamo deciso di restare qua dove c’è un ritmo di vita più umano».

I figli di Stefania e Fabio (di cui non metteremo i nomi per rispettarne la privacy), che nella vita fa l’avvocato, hanno 7, 13 e 16 anni e oggi frequentano le scuole elementari, medie e il liceo in diversi istituti della zona: «È stato una grande cambiamento per tutti, ma anche loro si sono ambientati e hanno trovato la loro dimensione. Quello che ha fatto più fatica è stato il grande ma ora non è più così ed è felice anche lui».

La frenesia e l’aria elettrizzante della città, in questo paese dove anche d’autunno si possono vedere tramonti spettacolari ma anche cieli grigi e nuvole, sono sostituiti da boschi e stradine, dall’aria di montagna che arriva giù dai monti e che fa pizzicare il naso. «Frequento questa zona da sempre, fin da bambina, sono originaria di Montegrino e ho sempre trascorso qui vacanze e fine settimana, ma sono cresciuta a Milano. Quando ero incinta del mio primo figlio ho deciso di comprare casa per poter venire qua nei weekend e stare vicino ai miei familiari. Abbiamo sempre avuto un forte legate con questo posto, partivamo da Milano tutti i venerdì sera per venire qua». Stefania racconta che appena è scoppiato il lockdown hanno quindi scelto di trasferirsi: «Pensavamo di restare per una settimana, alla fine ci siamo rimasti per sempre».

Ora le giornate trascorrono più tranquille: «Siamo sempre fuori, anche quando è brutto tempo, siamo circondati dalla natura. Stiamo bene, rispetto a Milano ci sono dei rapporti umani più stretti, a volte è anche buffo perché quando ti succede qualcosa lo sanno tutti. A Milano, spesso, non conosci le persone che vivono nel tuo stesso palazzo. C’è una mentalità diversa, non so dirti se è meglio o peggio ma è diversa». E poi, la dimensione di comunità che si crea nei piccoli paesi: «Ognuno si impegna per fare qualcosa. Penso alla bellissima manifestazione che c’è stata qui in vista del Natale, con il trenino e tante iniziative. Davvero molto bella. Poi ci sono altre realtà molto attive, come l’A.Ge.Va l’associazione dei genitori della Valtravaglia e il Circolo Nautico di Caldé che si danno molto da fare per creare attività e occasioni di aggregazione, soprattutto per i ragazzi».

Certo, adattarsi ad una vita così diversa non è facile, soprattutto per i più giovani: «Secondo me l’unica vera pecca è per gli adolescenti che qui non hanno stimoli. Fino alle scuole medie è una dimensione che può andare bene, tra lo sport e le diverse attività della zona, mentre per i ragazzi delle scuole superiori diventa più difficile. Oltre alla scuola e all’oratorio, che è aperto solo nel fine settimana, non ci sono attività culturali o luoghi di ritrovo significativi dove possano trovarsi. Ecco, questo sì, a Milano è diverso».

E continua: «Molti ragazzi dell’età di mio figlio, alla fine delle scuole superiori pensano di andarsene e il rischio è che non tornino più indietro. Oppure restano qua ma con già l’idea di andare a lavorare in Svizzera». E poi, altra nota dolente: «Mancano i trasporti, se non hai la macchina è difficile muoversi facilmente e anche questo è un punto a sfavore dei ragazzi».

D’altra parte Stefania sottolinea come a livello scolastico, la zona offra una proposta molto buona: «Posso fare il paragone con un istituto di Milano molto rinomato, devo dire che qui c’è un’attenzione ai ragazzi e il livello di istruzione non è inferiore, noto un’attenzione e una dedizione notevole, cosa molto importante perché permette ai ragazzi di sviluppare capacità e talenti. È uno dei motivi che ci ha convinto a restare». E poi, c’è tempo per tirare fuori i sogni rimasti nel cassetto: «Sto scrivendo un libro ed è ambientato a Porto Valtravaglia, fino a quando non lo vedo finito non ci credo ma per ora sono molto contenta», continua Stefania. E aggiunge: «Spero di poter riprendere presto anche a lavorare nello studio che ho con mio marito. Lui invece, lavora qualche giorno della settimana da qui, mentre altri giorni va avanti e indietro da Milano. Abbiamo capito che potevamo farcela».

Adelia Brigo
adelia.brigo@varesenews.it

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Pubblicato il 10 Dicembre 2022
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