Tutti i suoi mondi di amore e impegno ai funerali di Ovidio Cazzola
C’erano tante persone ma soprattutto tanti mondi ai funerali di Ovidio Cazzola, architetto, “costrutture di città” e uomo innamorato della sua Varese

C’erano tante persone ma soprattutto tanti mondi ai funerali di Ovidio Cazzola, architetto, “costrutture di città” e uomo innamorato della sua Varese: all’interno della quale si è svolta tutta la sua vita affettiva, personale e sociale, stretta nei nodi cardine di Valle Olona, Belforte e Biumo ma espansa ovunque ci fosse “amore e bellezza”.
L’Ordine degli Architetti, le Acli, il Rotary, Italia Nostra, gli Amici del Sacro Monte, la Societa’ Storica Varesina, gli amici dell’Universita’ dell’Insubria, gli Amici della Terra, amministratori ed ex amministratori che hanno attraversato nei decenni il suo impegno politico, in primis il sindaco Davide Galimberti con l’assessore all’Urbanistica Andrea Civati: c’erano proprio tutti per dare l’ultimo saluto all’architetto e uomo di impegno.
Tre i sacerdoti che hanno concelebrato nella chiesa parrocchiale di Biumo Inferiore: dal parroco di Biumo don Carlo Garavaglia a don Ernesto Mandelli e a don Hervè Simeoni: tutti loro hanno accompagnato un pezzo della vita di Ovidio, uomo mite e risoluto, irreprensibile e aperto alla conoscenza, legato ai suoi luoghi ma pronto a lavorare sui tesori altrui, studioso dei tempi passati ma sempre orientato al futuro.
«Ovidio era attento al passato e proteso al futuro, cultore del bello e del sacro, dell’ambiente e delle persone, della famiglia e del bene comune – ha detto don Carlo Garavaglia nella sua predica – A lui appartiene a pieno titolo l’espressione “Realismo della speranza”, citata alcuni giorni fa dall’arcivescovo di Milano nella predica di sant’Ambrogio. Non basta costruire la città, bisogna costruire la comunità perché è quella che la fa vivere: ed era quello che faceva Ovidio. Un lavoro che siamo chiamati noi qui a continuare».
A conclusione della funzione, diversi ricordi hanno lasciato nei presenti l’eredità spirituale di Ovidio: il bellissimo brano di sant’Agostino letto dalla sorella, la poesia della moglie Carla, i ricordi dell’Ordine degli Architetti, del Rotary e delle Acli. Ma su tutto è rimasto nei cuori il saluto del figlio Paolo, che non potevamo ridurre a qualche citazione: abbiamo cosi deciso di proporvelo integralmente, qui.
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