Un 2022 di cattiva aria in Lombardia ma Varese si salva. Il report di Legambiente
Con soli 14 giorni di superamento della soglia del pm10 la Città Giardino è quella con le migliori performance. Male Milano, per colpa delle auto, e Cremona, per colpa delle mucche
Il 2022 si conferma l’ennesimo anno di cattiva aria in Lombardia ma Varese si salva, rispetto agli altri capoluoghi di provincia. Con pochissime variazioni rispetto ai precedenti, a guadagnare i primati negativi per quanto riguarda le polveri sottili sono Milano e Cremona mentre la Città Giardino è quella con meno giorni oltre la soglia dei 50 microgrammi/mc.
A Milano è colpa delle auto mentre a Cremona delle mucche
Il dato che emerge nell’analisi di Legambiente Lombardia sui dati Arpa sottolinea come le due fonti prioritarie di emissioni che danno luogo agli elevati livelli di particolato sospeso, siano il traffico automobilistico per Milano e le emissioni zootecniche per il capoluogo della ‘bassa’.
Otto città infrangono la normativa europea
Nell’ordine, sono Milano, Cremona, Mantova, Brescia, Lodi, Monza, Pavia e Como le città che hanno infranto il tetto massimo concesso dalla normativa europea per quanto riguarda le giornate di smog elevato, con polveri oltre i 50 microgrammi/mc: 35 giorni all’anno secondo le vigenti norme europee. Bergamo, ferma a 34 giorni, potrebbe farcela a restare al di sotto del limite europeo se le condizioni meteo degli ultimi giorni dell’anno favorissero un ricambio d’aria, mentre Lecco, Sondrio e Varese, con un numero di infrazioni compreso tra 14 e 20, sono in “zona salvezza”. Nessuna delle città lombarde, però, rispetta le nuove linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, in virtù delle quali devono essere meno di 4 all’anno le giornate di smog estremo. La normativa europea sulla qualità dell’aria è in fase di revisione e i limiti potrebbero diventare ancor più stringenti. Se così fosse, nessuna città lombarda potrebbe dichiararsi “libera dallo smog”.
Nessuna città supera i limiti europei
Una situazione simile è quella che riguarda i valori medi annui. La buona notizia è che nessuna città lombarda supera il valore soglia stabilito dalla normativa europea (40 microg/mc per le polveri sottili), quella cattiva è che nessuna città lombarda si colloca al di sotto dei valori di riferimento per la salute umana fissati dall’OMS (15 microg/mc): in Lombardia si continua a respirare aria di pessima qualità. Sono sempre le città della pianura (Milano e Cremona in testa) ai vertici della classifica per cattiva qualità dell’aria, la situazione è un po’ migliore per i capoluoghi pedemontani (nell’ordine, Como, Bergamo, Varese e Lecco), oltre che per Sondrio.
La Lombardia non migliora più
Guardando però al dato medio (PM10 per tutte le centraline urbane dei 12 capoluoghi lombardi), a deludere è il trend. Dopo i risultati positivi di riduzione dell’inquinamento conseguiti negli scorsi decenni, l’andamento dell’ultimo quinquennio è piatto. Nessun peggioramento significativo, ma anche nessun cenno di miglioramento.
«Le politiche per la qualità dell’aria in Lombardia sono ad un punto morto: significa che abbiamo smesso di aggredire le fonti emissive più importanti – dichiara Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia –. Una condizione su cui la Lombardia vanta un insuperabile, quanto ben poco invidiabile, primato europeo per quanto riguarda i livelli di motorizzazione e i carichi di bestiame allevati nelle stalle: nulla di strano, dunque, se siamo una regione da record anche per quanto riguarda l’inquinamento generato, prioritariamente, da queste due fonti. Se vogliamo ambire a una dignitosa qualità dell’aria, occorre che venga avviata una nuova stagione di politiche ambientali, che portino da un lato ad una riduzione sostanziale del trasporto su gomma, e dall’altro ad una trasformazione strutturale dell’agricoltura lombarda, che deve diversificare le proprie produzioni per ridurre l’eccessivo carico zootecnico».
Il caro energia ha riacceso i caminetti che inquinano
Nel periodo invernale anche la legna da ardere utilizzata per i caminetti è una notevole fonte di inquinamento. «Complice il caro bollette, viene erroneamente considerato un metodo di riscaldamento alternativo al gas, anche se di fatto la resa energetica non è efficiente e il potere calorifico è limitato nel tempo, oltre a non rappresentare un reale risparmio economico nè nel breve nè nel lungo periodo, a discapito dell’ambiente» conclude Meggetto.
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