A Varese il film sulla Whirlpool di Napoli. “La classe operaia andrà in Purgatorio”
Intervista a Gianfranco Pannone regista di “Via Argine 310”, il film dedicato agli operai dello stabilimento di lavatrici di Napoli. Previste due proiezioni il 5 e 6 dicembre al Cinema Nuovo di Varese
«La classe operaia non va più in Paradiso, al massimo va in purgatorio». Per Gianfranco Pannone, regista di “Via Argine 310”, il film documentario dedicato ai lavoratori dello stabilimento Whirlpool di Napoli, chiuso dalla multinazionale americana, un barlume di speranza, per quella classe operaia, c’è ancora.
«Il presidio “Napoli non molla” è lì a testimoniare quello che è accaduto – sottolinea Pannone – I 316 operai dello stabilimento di lavatrici non si sono arresi e non hanno mollato nemmeno per un attimo. Potevano prendere una buonuscita o salire a Varese invece hanno fatto una scelta di principio, ponendosi una domanda: perché una fabbrica che funziona deve chiudere? E, soprattutto, chi lo stabilisce?».
La vicenda della Whirlpool di Napoli, secondo lei, è simbolica di un tempo che stiamo attraversando?
«Certamente. Da una parte c’ è la disinvoltura con cui è stata presa la decisione di chiudere lo stabilimento di Napoli da parte degli azionisti di Whirlpool. Dall’altra c’è la grande solidarietà manifestata tra i lavoratori dei diversi stabilimenti (oltre 100 ore di sciopero con un’adesione pressoché totale, ndr). In quella situazione ci si può ritrovare ognuno di noi: siamo tutti in bilico. La grande solidarietà tra i lavoratori della multinazionale nasce da questa consapevolezza».
Di chi è stata l’idea di girare il film documentario?
«Dell’attore Alessandro Siani. Suo padre era un operaio dell’Alfa Romeo di Napoli che aveva provato sulla sua pelle la cassa integrazione. Era quindi un tema che sentiva molto. Ho accettato la proposta di Bartebly Film, la società di produzione, perché sono napoletano e a mia volta figlio di un sindacalista e nipote di un operaio. In me c’è ancora quella vis politico-sindacale legata alla mia storia famigliare. Napoli non è solo la città di Gomorra e dei programmi turistici di Alberto Angela, con tutto il rispetto sia per le serie tv che per quei documentari. Napoli è stata anche una città fortemente operaia che ha coinvolto più di 500mila lavoratori».
Questo lato ignorato di Napoli lo ricorda anche lo scrittore Ermanno Rea nel romanzo “La dismissione” ispirato alla vicenda di Bagnoli
«Nel film Siani legge alcuni passi di quel romanzo che per me è un riferimento storico e artistico. Rea ci fa capire che la fabbrica a Napoli è stato un motivo di riscatto per le persone che ci lavoravano. Mio nonno, che veniva da Nola, in famiglia era considerato un principe proprio perché era un operaio specializzato alla Italsider. La fabbrica rappresentava un riscatto dalle ingiustizie e la possibilità di trovare una coscienza di cittadini che all’operaio veniva più facile che al contadino. La storia degli operai a Napoli ha ridato coscienza alla città».
La fabbrica però oggi è cambiata
«È vero, ma continuano a esserci gli operai. Un tempo l’operaio era la coscienza critica di questo Paese oggi lo è molto meno perché il lavoro è stato svilito. È rimasto l’articolo 1 della Costituzione a ricordarcene il valore. Nel documentario ho raccolto il punto di vista degli operai perché loro hanno creduto nel valore di quell’articolo, hanno lottato e continuano a farlo. I diritti vanno difesi con più energia. Si è indebolita la cazzimma, come diciamo a Napoli, della politica, mentre il sindacato ha manifestato una debolezza propositiva».
Se gli operai, compresi quelli della Whirlpool, non andranno in Paradiso ci sarà la possibilità di vederne qualcuno in Parlamento?
«Una sinistra forte avrebbe dovuto candidare almeno uno di quegli operai, come un tempo faceva il Partito comunista. In questi anni la sinistra italiana non ha difeso i diritti dei lavoratori delle fabbriche perché nella società globalizzata non conviene alimentare il conflitto».
Al cinema Nuovo di Varese la vicenda degli ex lavoratori Whirlpool di Napoli
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