Carenza di medici: perché la Lombardia è più penalizzata

Il direttore del Crems della Liuc Davide Croce analizza la situazione lavorativa, organizzativa e salariale, evidenziando come le criticità siano soprattutto al Nord

sciopero medici

Sono tre i problemi della sanità: la mancanza di figure professionali, l’eccesso di burocrazia e la motivazione del personale.
Ne è convinto îl dottor Davide Croce che dirige il Crems (Centro su Economia e Management nella Sanità e nel Socialedella Liuc. Profondo conoscitore della realtà sanitaria in generale e lombarda in particolare, ha analizzato il contesto e le criticità del sistema.

La situazione odierna è frutto certamente delle scelte fatte un decennio fa, per rispondere a un’esigenza di contenimento dell’indebitamento del paese. Ma poi si innesca un fattore regionale non di poco conto: « Un tempo – spiega il dottor Croce – quando l’accesso alla professione era libero, la domanda di lavoro era indubbiamente maggiore dell’offerta ( negli anni ’80 gli iscritti a medicina erano circa 17.000 mentre nel 2022 i posti disponibili sono stati poco più di 13.000,ndr). Per trovare l’occasione, molti specialisti migravano dalle regioni del Sud al Nord. Questa situazione avveniva soprattutto in Lombardia che ha accolto nelle proprie fila moltissimi professionisti in arrivo dalle regioni meridionali. Oggi, succede che l’offerta è superiore alla domanda e i medici hanno un ampio ventaglio di proposte da valutare. Perché, quindi, spostarsi da una regione all’altra quando si trova facilmente lavoro vicino a casa? Inoltre, perché uno deve venire in Lombardia dove il costo della vita è decisamente superiore? Pensiamo a Milano che, tra tutte le città, è in questo momento la più penalizzata».

IL NUMERO GLOBALE DEL PERSONALE E’ INVARIATO RISPETTO A 10 ANNI FA

Se guardiamo ai dati elencati dal direttore del Crems è chiaro che oggi il numero di medici e, ancora di più, di infermieri impiegati nel servizio sanitario è analogo ( e per il comparto decisamente superiore) a quello di 10 anni fa:

“Nel 2020, i medici in servizio in tutte le strutture pubbliche e private del paese erano 241.210: di questi 40.250 erano medici di medicina generale e 7.022 pediatri di libera scelta, 14.404 le guardie mediche ( titolari) , 19.494 i medici ambulatoriali, 107.379 i dipendenti pubblici a tempo indeterminato e 6.106 quelli a tempo determinato. Gli universitari impiegati presso enti pubblici erano 5.957. Erano 12.627 gli impiegati nelle strutture parificate e 26.276 quelli al lavoro nelle case di cura convenzionate, 4.680 in quelle non convenzionate. Quelli ex art 26 erano 5.150 (attività riabilitative).

Gli infermieri erano 343.279, di cui 275.501 dipendenti pubblici, 1.486 gli universitari presso aziende pubbliche, 22.085 nelle strutture convenzionate, 27.509 nelle case di cura convenzionate e 1.630 in quelle non convenzionate.

Tra gli anni 2016 e il 2020 c’è stato un aumento netto di medici negli ospedali pubblici ( da 104.490 del 2016 ai 107.379 del 2020), con un ritorno ai numeri del 2013 quando ebbe inizio il calo con le politiche di contenimento dei costi

Identico andamento per il personale infermieristico che ha anche aumentato considerevolmente la quota rispetto al 2013, quando erano 269.537 mentre nel 2020 erano 275.501 con il punto più basso toccato, sempre nel 2016, quando gli infermieri assunti erano 263.136”.

LA LOMBARDIA E’ LA REGIONE PIU’ PENALIZZATA

Oggi è soprattutto il Nord, a eccezione del Piemonte, a registrare la carenza di personale: in Lombardia tra il  2019 e il 2021 sono stati persi 317 medici di medicina generale e 44 pediatri libera scelta; In Liguria il calo è stato di 85 medici e 9 pediatri; in Emilia Romagna il numero è passato da 2949 a 2850 mentre i pediatri sono diminuiti di 20 professionisti. In Campania si è passati da 4037 medici di famiglia a  3631 e i pediatri sono scesi da 754 a 730.

« Se guardiamo alla fotografia nazionale si vede una sostanziale situazione di equilibrio – afferma il dottor Croce – Nel dettaglio, invece, è il Nord a soffrire e la causa è soprattutto economica, con un  livello di remunerazione sostanzialmente identico in un mercato del lavoro nella sanità più dinamico rispetto ad alcuni anni fa, con un allargamento del mondo privato».

ECCESSO DI BUROCRAZIA NELLE CORSIE E NEGLI AMBULATORI

Il secondo grande limite dell’attuale sistema sanitario è l’eccessiva burocrazia a cui devono fare fronte gli specialisti: 
« Uno studio condotto dalla società OTODI (Ortopedici e Traumatologi Ospedalieri d’Italia) – riporta ancora Davide Croce nella sua relazione –  ha analizzato, per la prima volta, la qualità del tempo di cura dei medici ortopedici italiani. Sono stati raccolti i dati di 82 realtà ospedaliere, concentrandosi su tre macroaree:

Ambulatorio/PS: Ortopedico effettua una media di 30 prestazioni giornaliere, ma dedica fino a 410 minuti al giorno alla compilazione di moduli per presidi ortopedici, certificati di malattia o INAIL oltre che la programmazione di controlli e il collegamento dei database ai sistemi tessera sanitaria

Chirurgo Ortopedico: può trascorrere in reparto fino a 4 ore al giorno solo per la compilazione delle cartelle cliniche, o per completare le procedure finalizzate alla dimissione dei pazienti, o la compilazione dei moduli di richiesta di continuità assistenziale.

Sala Operatoria: il chirurgo può trascorrere oltre 100 minuti al giorno per la registrazione dei codici degli impianti, la compilazione del verbale operatorio o lo scarico dei mezzi di sintesi.

In una équipe di 10 chirurghi, delle 24 ore complessive, 11 ore sono dedicate a questioni burocratiche; ciò significa che 2 ortopedici al giorno non lavorano come medici chirurghi, bensì sono dedicati ad altre attività».

STANCHEZZA E SCARSA MOTIVAZIONE

Remunerazioni basse, eccessiva burocrazia e scarsi riconoscimenti, dopo quasi tre anni di grande lavoro a causa della pandemia, hanno reso debole il sistema sanitario in generale e quello pubblico in particolare. Il fenomeno delle cooperative ne è una prova: un medico riesce a guadagnare anche più di un collega dipendente garantendo solo 8 guardie al mese.

CORRETTIVI POSSIBILI

Secondo il dottor Davide Croce si possono prevedere alcune misure per invertire il trend e migliorare le condizioni lavorative del personale: « Occorre puntare sull’efficientamento, sull’utilizzo degli strumenti di incentivo contrattuali per la remunerazione dei professionisti; su modalità operative che prevedano decisioni di sviluppo strategico accompagnate da coerenti decisioni tattiche (ovvero «decreti attuativi», esempi negativi PiC, Case di Comunità, reti di patologia); sul coinvolgimento del personale nelle politiche di sviluppo che lo vedono protagonista».

Secondo la classifica di Bloomberg sull’efficienza del sistema sanitario degli stati, l’Italia era sesta nel 2017, aveva risalito due posizioni nel 2018 classificandosi al quarto posto pe poi crollare al 14esimo nel 2020. 

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Pubblicato il 12 Gennaio 2023
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