C’è un rebus da risolvere nella Gallarate belle époque

Il romanzo firmato da Adelfo Forni e Stefano Bandera è un “giallo d’atmosfera” che trasporta nella Gallarate in trasformazione, nel mese in cui tutto precipita

gallarate generico

C’è un mistero che porta a Gallarate, in questa piccola città diventata incrocio di storie e persone.

Essendo un giallo non poteva mancare il mistero da cui parte la storia, nel romanzo “Il rebus di Gallarate”, firmato da Adelfo Forni e Stefano Bandera e presentato – in un incontro partecipatissimo – alla Biblos Mondadori.

Del delitto non diremo più di tanto, niente spoiler di alcun tipo. Ma questo è soprattutto “un giallo d’atmosfera”, spiegano gli autori: sullo sfondo dell’avventura d’indagine, le pagine del libro accompagnano quasi ad immergersi nel clima della Gallarate d’inizio Novecento, degli anni della “belle époque” che lambiva anche questa piccola città che viveva un boom industriale e anche di crescita demografica ed edilizia.

Sarà anche per la stazione, per l’Orient Express che faceva fermata, ma anche la piccola Gallarate era divenuta allora un luogo di incontri, di emigranti, di avventurieri e imprenditori d’ogni risma. Tra i luoghi della città ci sono le case di ringhiera degli operai (a partire da quella di via Varese 7) , ma anche luoghi insoliti, come il brillante “cafè chantant” alla francese, aperto nel 1909 nello chalet Liberty di fianco alla stazione (nella foto di apertura) da un cremonese di origine, Callisto Assisi, i cui discendenti sono ancora a Gallarate e hanno partecipato alla presentazione alla Mondadori sabato pomeriggio.

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La vicenda si svolge ad agosto 1914, mentre i campi della Somme e della Marna sono già insanguinati dalle prime battaglie della Grande Guerra. Tra i gallaratesi storici – nel senso di realmente esistiti – che compaiono ci sono ad esempio il monsignor Pietro Sommariva, Renato Piceni, gli orafi Colombo, Giacometto Macchi, aviatore, futuro aderente del primo fascismo e poi allontanatosi.

Nel libro ci sono non pochi passi in dialetto lombardo, allora vera lingua d’uso comune, ma tra i “personaggi pirotecnici” del romanzo ci sono anche tanti gallaratesi d’adozione. Così gli stessi protagonisti vengono da fuori: “Vito è un figlio di carabiniere siciliano, il coprotagonista, il maresciallo Cartabelotta, è anche lui un siciliano”.

Un bell’omaggio alla città industriale che – in quanto tale – viveva già dell’apertura al mondo, in un mondo che al suo apice dell’espansione e dell’ottimismo scopriva di essere sull’orlo dell’abisso della Grande Guerra.

Vi lasciamo al “Rebus di Gallarate”, nel senso dell’enigma da risolvere. Anche se “il Rebus” è anche un personaggio, da scoprire.

Roberto Morandi
roberto.morandi@varesenews.it

Fare giornalismo vuol dire raccontare i fatti, avere il coraggio di interpretarli, a volte anche cercare nel passato le radici di ciò che viviamo. È quello che provo a fare a VareseNews.

Pubblicato il 14 Gennaio 2023
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