Interrogazione di Pellicini al Governo sullo smart working dei lavoratori frontalieri
Sul piatto l''accordo amichevole' fra Italia e Svizzera sul tema che sta per scadere. Il lavoro in remoto importante per combattere l'inquinamento in una regione di confine dove il traffico è difficile"
Il lavoro frontaliere da remoto deve continuare a venir disciplinato dagli accori fra Italia e Svizzera ed è un’arma che aiuta a risolvere l’inquinamento in atmosferico n’area come quella di confine fra Italia e Svizzera dove i trasporti non sono per nulla semplici.
In sunto è questo il valore del testo base per un’interrogazione parlamentare che il deputato Andrea Pellicini, già sindaco di Luino ed esperto di questioni legate all’economia transfrontaliera, ha presentato al Ministro dell’Economia e Finanze Giancarlo Giorgetti per chiedere ai due Stati di regolare «con urgenza la materia del lavoro da remoto dei lavoratori frontalieri in modo durevole», alla luce del fatto che « l’accordo amichevole sul lavoro da remoto del 2020 tra Italia e Svizzera andrà a scadere il 31.01.2023».
Italia e Svizzera nel giugno del 2020 hanno siglato un accordo amichevole sul telelavoro per regolarizzare tutti quei lavoratori frontalieri che, a causa delle misure di contrasto alla pandemia, avrebbero svolto lavoro a distanza dal proprio domicilio. Il 22 luglio dello scorso anno, le autorità competenti hanno annunciato la proroga dell’applicazione dell’accordo amichevole del giugno 2020, e il 22 dicembre 2002, le stesse autorità hanno però stabilito che l’accordo amichevole in questione rimarrà in vigore sino al 31 gennaio 2023, con la conseguenza che dal 1° febbraio 2023 l’accordo cesserà ogni effetto.
«L’attuale quadro normativo imposto dalla Convenzione del 1974 tra la Svizzera e l’Italia relativo all’imposizione dei lavoratori frontalieri e alla compensazione finanziaria a favore dei Comuni italiani di confine prevede l’imposizione fiscale esclusiva nello Stato nel quale l’attività lavorativa è svolta», scrive Pellicini nell’interrogazione.
«Laddove vi fosse imposizione in Italia, ciò si tradurrebbe nella decadenza dello statuto di frontaliere e conseguentemente nella cessazione del ristorno fiscale, e vi è dunque l’interesse nel regolamentare in modo durevole il tema del lavoro da remoto, favorendone un utilizzo strutturato e ragionevole che non vada a scapito delle regioni di frontiera coinvolte e permetta ai lavoratori e alle imprese di continuare le loro attività, anche da remoto, senza sconvolgimenti dal punto di vista dell’imposizione fiscale e degli oneri sociali»
Non è solo questione di politica economica o del lavoro, però: «Questo obiettivo è particolarmente rilevante in una regione come quella insubrica che soffre pesantemente il traffico motorizzato con il conseguente inquinamento ambientale e che ha sino ad ora beneficiato di un utilizzo intelligente e flessibile del lavoro a distanza», spiega infatti il parlamentare di FdI.
«L’Unione Europea ha prorogato fino al 30 giugno 2023 l’applicazione flessibile delle regole europee sulla legislazione applicabile in materia di assicurazioni sociali per i lavoratori frontalieri in telelavoro. Nella fattispecie, oltre la soglia del 25% del tempo di lavoro effettuato a distanza, scatta la competenza dello Stato di residenza sui contributi versati dal datore di lavoro e dai collaboratori dell’impresa; è quindi importante che le regole fiscali siano perlomeno parificate a quelle previdenziali; la recente comunicazione di disdetta dell’accordo amichevole è pertanto fonte di grande preoccupazione per imprese e lavoratori, nonché per i Comuni di frontiera»
Nell’interrogazione Pellicini chiede dunque di «conoscere se il Governo abbia intrapreso o intenda intraprendere negoziati con il Governo Svizzero volti a disciplinare in modo durevole il ricorso al telelavoro da parte dei lavoratori frontalieri», come richiesto recentemente anche dalla Comunità di lavoro Regio Insubrica.
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