La firma di Liliana Segre sui registri del carcere dei Miogni di Varese
Una Segre tredicenne, arrestata sui monti al confine con la Svizzera: si trova sui documenti carcerari conservati dall'Archivio dello Stato. Che ha allestito una nuova mostra per raccontare la persecuzione avviata nel 1938 dal regime fascista e sfociata nella Shoah
Aveva tredici anni, Liliana Segre, quando varcò le porte del carcere dei Miogni di Varese. Di quella prigionia, anticamera della deportazione, resta traccia viva sui registri di entrata e uscita dei prigionieri.
Quei registri – con centinaia di migliaia di altri documenti – sono conservati all’Archivio di Stato di via Col di Lana di Varese, dove è stata inaugurata una nuova mostra dedicata appunto alla persecuzione della popolazione ebraica in Italia.
Nove teche per capire, nove quadri dell’orrore fatti di inchiostro e carta che contengono l’istituzionalizzazione del razzismo che dalle leggi ignobili del 1938 fino alla recrudescenza della Repubblica sociale testimonia come la persecuzione degli ebrei era anche faccenda di casa nostra, e non aveva quartiere. Ma anzi, come ha spiegato Giulia Carcano dell’Archivio di Stato, riguarda soprattutto la provincia di Varese vista la vicinanza col confine svizzero. «Una pagina di storia che ha voluto prendere le mosse da una mostra del 2017 che in collaborazione con Anpi permise già allora di avere una panoramica su cosa accade dalla metà del 1938 fino al 1945».
Ai documenti delle autorità si abbinano anche carte che testimoniano le storie per capire cosa nel concreto volesse dire la vita dei varesini a contatto con le leggi razziali. «Famiglie che hanno visto le loro esistenze sconvolte, come chi nell’estate del 1938 venne schedato. O storie di famiglia come la Sonnino di Besozzo che si è vista confiscare i propri beni (erano titolari di un copertificio ndr)».
Un manifesto di propaganda che dipinge gli ebrei come emissari delle “plutocrazie”Addirittura i giocattoli dei bambini ebrei finivano negli elenchi dell’infamia, grazie allo zelo dei funzionari pubblici che sublimavano l’odio di Stato in bella grafia, o battuta a macchina. Poi le storie più note: la firma di Liliana Segre finita sul registro mandamentale del carcere di Varese dove rimase per pochi giorni col padre prima di essere trasferita a Milano e di qui ad Auschwitz.
Alla giornata ha partecipato anche Francesco Scomazzon storico e autore del recente “La linea sottile” che tratta del confine con la Svizzera, come ha spiegato Giovanni Gatti Grami, archivista. La grande storia è fatta però anche di piccole storie come quelle di chi non essendo ebreo non si girò dall’altra parte, a rischio della propria vita.
Gli orari di apertura della mostra corrispondono agli orari di apertura al pubblico dell’ufficio: dal lunedì al venerdì dalle ore 9 alle 15.
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