In mille per ascoltare Vincenzo Latina e il suo teatro-memoriale di Lampedusa

Hanno partecipato più di mille persone - in webinar e in presenza - all’incontro che ha segnato l’appuntamento di gennaio di Visionare, i “dialoghi di architettura” ideati da Fulvio Irace e organizzati dall’Ordine degli Architetti Varese

Visionare 2023: Vicenzo Latina

Si sono iscritte più di mille persone all’incontro che ha segnato l’appuntamento di gennaio di Visionare, i “dialoghi di architettura” ideati dall’architetto Fulvio Irace, moderatore e curatore della rassegna promossa e organizzata dall’Ordine degli Architetti Varese con la collaborazione di FAI-Fondo Ambiente Italiano.

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Mille in webinar e oltre 100 in presenza per una serata dove protagonista, oltre all’architetto Vincenzo Latina che ha realizzato un memoriale a Lampedusa, è il bisogno di memoria, la necessità di non dimenticare. «Ci siamo lasciati a dicembre con le immagini dell’Ucraina in guerra, ci ritroviamo ora di fronte a una storia di memoria forte – Ha sottolineato Fulvio Irace – “Responsabilità etica” è una parola che rischia di essere abusata, ma mi sento di doverla ancora utilizzare: è importante ricordare che noi come architetti siamo chiamati a risolvere problemi per la società, non a crearne di nuovi: è questa la nostra responsabilità. L’incontro di oggi è un ulteriore punto su questo tema».

«Ringraziamo l’architetto Latina per la sua presenza: è venuto apposta da Siracusa per il nostro incontro – ha aggiunto la presidente dell’Ordine degli Architetti Elena Brusa Pasquè – E’ una persona straordinaria, che può raccontarci come è possibile collegare il restauro ambientale con la riqualificazione del territorio, il turismo e il memoriale. Un lavoro che ci ricorda come tutti noi architetti abbiamo grande responsabilità sociale».

«Io sono già stato qui a Villa Panza, nel 2017 – ha esordito Vincenzo Latina – Lo ricordo bene perchè arrivavo direttamente da Lampedusa, dove avevo appena presentato il mio progetto, di cui non ho potuto parlare allora proprio perchè era stato appena presentato. Quando poi Fulvio mi ha chiamato per parlarne proprio a Varese non potevo rifiutare, dovevo proprio venire».

Latina ha poi raccontato al pubblico, numeroso anche in presenza, la natura del suo intervento a Lampedusa: «Si tratta della sistemazione di una cava tra cala Francese e Punta Sottile. Uno spazio che è stato completamente abbandonato per decenni, è diventato poi discarica, alla fine è stato svuotato e mi è stato chiesto di realizzare qualcosa in quel punto – ha spiegato – E’ stata la vocazione dell’isola che mi ha suggerito di realizzare un dispositivo duplice: ovvero un’opera che fosse turistica, ricettiva, che è un aspetto fondamentale, ma anche di testimonianza e memoria, perchè l’isola si trova piu vicino all’Africa, è la porta dell’Europa, e si è trovata nel centro di un certo flusso, e a volte di veri e propri traffici».

Un intervento che però «Non ho voluto legare ad un fatto singolo, ma a una storia più ampia di immigrazioni. Fatti che caratterizzano da millenni i popoli che si muovono, si perdono, si ritrovano, da Ulisse in poi. Gli ultimi sono collegati a popoli che hanno dei problemi di ogni genere: politici, economici. Ma io non volevo legare questo mio intervento solo all’aspetto contingente e contemporaneo quanto piuttosto ad un aspetto piu ampio, piu legato alla condizione umana dell’uomo nomade, che vede il mediterraneo nel centro di questo flusso. Contemporaneamente, la vocazione turistica dell’isola mi ha suggerito di immaginare uno spazio teatrale che avesse come fondale il mare, e che potesse dare accoglienza ai turisti e non per rappresentazioni ed eventi di ogni genere. Uno spazio duplice: sia di memoria che di incontro, festa e accoglienza. Tra l’altro, il luogo è già bellissimo di suo. Così l’intervento sulla cava è stato minimale: pochi innesti che cercano di intervenire in uno spazio di per sè parlante, uno spazio magico».

Cosa significa lavorare sulla storia?: «La storia è una somma di futuro: tanti futuri che si sommano l’uno con l’altro e costruiscono la storia – conclude Latina – Noi abbiamodella storia l’idea che sia una marmellata unica, ma invece la storia è un torrone, quasi un croccantino in cui i singoli semi sono incollati dal miele dallo zucchero degli eventi, dagli aspetti umani che ci fanno sembrare che sia tutto un fatto unico. La storia è collegata ed è rappresentata da grandi fratture e grandi assestamenti: intervenire su di essa in modo sonnolento, alla camomilla, non fa parte del mio pensiero. Bisogna essere contemporanei, ma anche attenti alla qualità dei luoghi, degli spazi e della memoria per poterci lavorare sopra. Mi è capitato di costruire su un tempio ionico la mia tesi di laurea, luogo dove per molti era impossibile costruire. Ho rischiato molto, devo dire la verità: realizzare l’intervento in quell’area molto vincolata non è stato facile, ci sono voluti anni. Però bisogna saper immaginare e intervenire anche in aree vincolate: il vincolo può essere uno strumento per trovare ed escogitare nuove strategie praticabili in un luogo difficile».

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Pubblicato il 19 Gennaio 2023
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