“L’omicidio di Mariangela portò alla luce la scia di delitti delle Bestie di Satana”
Intervista a Tiziano Masini, allora sostituto procuratore a Busto Arsizio ed oggi assegnato in Cassazione, sull’inchiesta che ha sconvolto la provincia di Varese
Il 24 gennaio è una data che resterà indelebile nella memoria di chi vive in provincia di Varese, ma non solo. Quel giorno del 2004 è stato l’inizio della vicenda tristemente nota con il nome di “Bestie di Satana”: nello chalet di Golasecca venne trovato il cadavere di Mariangela Pezzotta, seppellito in una buca da Andrea Volpe ed Elisabetta Ballarin. Fu proprio il ritrovamento delle macchine guidate da loro due in prossimità della diga di Panperduto a Somma Lombardo a far partire un’indagine durata mesi e conclusasi con pene severe per gli appartenenti a quel gruppo.
A condurre le indagini fin dal primo giorno, insieme al procuratore della repubblica Antonio Pizzi, fu Tiziano Masini, originario di Varese, 63 anni: oggi, dopo le esperienze a Busto Arsizio, Varese e Milano e dopo cinque anni come procuratore aggiunto ad Alessandria è stato da poco assegnato alla V sezione penale della Corte di Cassazione a Roma. Ed è proprio sul treno per la Capitale che lo abbiamo intercettato per farci raccontare cosa ricorda di quei giorni e di quell’inchiesta che ha segnato in maniera indelebile la vita della nostra provincia.
«Dopo 25 anni la curiosità intorno a questa questa torbida e macabra vicenda è ancora tanta. Io sono intervenuto per la prima volta il 24 gennaio 2004, un sabato mattina gelido come queste attuali giornate, a Somma Lombardo e Golasecca. Quel giorno abbiamo scoperto il cadavere di Mariangela Pezzotta nello chalet di Golasecca e non si era ancora pensato, ovviamente e per logica, ad un collegamento con la vicenda dei 2 giovani Fabio Tollis e Chiara Marino, scomparsi a partire dal 17 gennaio 1998 a Milano e di cui nulla più si era saputo. Una vicenda di cui si stava occupando la Procura a Milano, peraltro indagando per una semplice “scomparsa” e non per omicidio».
QUELLA GELIDA MATTINA DI GENNAIO – «Il 24 gennaio era un sabato, come dicevo, e in Procura c’erano poche persone, io di turno con il mio fido cancelliere Anna Dal Degan e un semplice presidio previsto dall’organizzazione dell’ufficio. Avendo già affrontato diverse indagini di omicidio, il mio primo approccio è stato orientato a preservare, nel rispetto della legge, le tracce e gli elementi di prova del reato che in quel momento riguardava la sola Pezzotta: prima sono andato sul canale con i carabinieri di Somma Lombardo, poi sono andato in ospedale dove erano già stati portati il Volpe e la Ballarin che dormivano o comunque erano in stato confusionale; qui ho saputo dello chalet di Golasecca e a quel punto ci sono andato. Nel frattempo erano arrivati i carabinieri del reparto operativo di Varese e abbiamo scoperto il cadavere della Pezzotta. Nel corso del sopralluogo trovammo una situazione dei luoghi indescrivibile, c’era da repertare qualsiasi cosa perché era tutto in disordine con evidenti tracce di un tentativo maldestro di pulire e cancellare: proprio in quell’occasione l’intuito mi ha portato a riflettere subito su uno scenario più complesso e oscuro di un “semplice” omicidio commesso da persone con problemi di droga – racconta Masini -. C’erano diversi simboli e orpelli di un contesto satanista o “satanico” per dirla in modo più “spirituale”. Da subito mi sono concentrato su questo fenomeno idealista o “religioso”, confrontandomi prima al telefono poi in ufficio nei giorni a seguire con il Procuratore Pizzi che all’inizio era comprensibilmente scettico, come del resto lo erano i carabinieri».
Il luogo del ritrovamento del cadavere di Mariangela PezzottaBestie di Satana, 25 anni fa i delitti che sconvolsero l’Italia
LA SCIA DELLA SETTA – «L’intuizione si è rivelata corretta, perché nei primi giorni della settimana dopo è arrivato da noi Michele Tollis, che ci ha detto che il Volpe faceva parte del gruppo che per ultimo aveva visto il figlio e la Marino uscire dal Midnight di via Altaguardia a Milano, locale noto per le sue frequentazioni. Da lì è nato il collegamento, non abbiamo mai rinunciato a questa pista perché diversi indizi nel corso delle indagini ci hanno convinto che i due ragazzi avessero fatto la stessa fine della Pezzotta – prosegue Masini -. Prima della decisione di Volpe di portarci nei noti e sinistri boschi del parco del Ticino dove erano stati seppelliti Fabio e Chiara e di raccontare per la prima volta della esistenza della setta delle Bestie di Satana (narrazione poi sostanzialmente confermata dagli altri appartenenti al gruppo), c’erano il diario di Mariangela che conteneva espressioni oscure ed inquietanti, e alcuni passi delle conversazioni intercettate in carcere nei confronti del Volpe, tra cui “se non c’è corpo non c’è reato” e altri ricordi che Volpe aveva del 17 gennaio 1998, francamente incomprensibili salvo rapportarli a qualche fatto così importante da lasciare indelebile il ricordo anche di particolari insignificanti, come ad esempio quando raccontava alla madre che il 17 gennaio 1998 al rientro a casa aveva aperto il frigorifero e aveva mangiato delle arance…»
QUEGLI STRANI SUICIDI – Una vicenda che ha segnato le cronache giudiziarie dell’epoca e che lascia ancora qualche dubbio relativo ad altre morti sospette: «Devo oggi riconoscere che questa indagine e questo processo, di cui ancora spesso si parla a distanza di molti anni, abbiano segnato uno degli approdi storici più importanti della cronaca nera del dopoguerra italiano, ma direi anche internazionale – prosegue Masini -. La crudeltà e la freddezza degli omicidi e della istigazione al suicidio di Andrea Bontade ci hanno spinto a cercare di approfondire alcuni presunti (e francamente poco comprensibili) suicidi di giovani della zona, già archiviati come tali, diversi di essi mediante impiccagione. Purtroppo anche per il tempo trascorso e per la scarsa collaborazione di coloro che avrebbero potuto fornire elementi fondamentali, non siamo riusciti ad acquisire prove sufficienti per ricondurli alla setta. Io non ho potuto più occuparmi del loro approfondimento perché dal dicembre 2004, su mia precedente domanda, ho iniziato a prestare servizio come sostituto procuratore a Varese, non più competente per territorio sugli strani suicidi dell’Altomilanese».
RICORDI INDELEBILI – In un’indagine lunga e complessa come quella sulle Bestie di Satana ci sono immagini, frammenti, sensazioni indelebili che restano anche a distanza di tanti anni: «Tra le sensazioni più intense ricordo l’esordio dell’interrogatorio di Volpe, che ha iniziato col premettere di aver fatto parte di una setta satanica, che aveva ispirato e commesso i terribili delitti. Lì ho pensato: “Avevo ragione”. E poi lo scavo nel bosco, quando sono affiorati gli indumenti dei due giovani ragazzi milanesi. La Procura di Busto Arsizio dell’epoca ha contribuito a scoprire un fenomeno criminale sconosciuto fino a quel momento, a mio avviso per nulla occasionale e tutto da approfondire nel mondo del sempre più profondo disagio giovanile e dell’inquietante sovvertimento delle scale dei valori umani».
I COMPAGNI DI VIAGGIO – Le indagini come quella sulle Bestie di Satana sono frutto di un lavoro corale, di squadra e Tiziano Masini non scorda di sottolinearlo: «Un ricordo affettuoso va al Procuratore Antonio Pizzi (deceduto nel febbraio del 2014). Ricordo poi in primis il mio valente cancelliere Anna Dal Degan per la professionalità e lo spirito di sacrificio sempre dimostrati, ma anche i carabinieri dell’allora reparto operativo di Varese, la squadra investigativa comandata dagli ufficiali Catalano e Molinari e tutti i sottufficiali e i carabinieri comandati da “papà”, come era soprannominato Giuseppe Notaro. Non possono dimenticare l’istituto di medicina legale della dottoressa Cattaneo, come è doveroso ricordare la tenacia e il contributo fondamentale di Michele Tollis – chiosa Masini -. Una citazione deve riguardare però anche i giudici che, pur svolgendo un ruolo autonomo, hanno vissuto con noi tutti gli aspetti emotivi del processo: il gip Toni Novik, il gup Maria Greca Zoncu, la Corte di Assise di primo grado con giudici togati Azzena e Di Censo, la Corte di Assise di Appello di Milano con la presidente Malacarne».
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