In occasione del “Giorno della Memoria” l’Anpi di Luino ricorda la storia della famiglia Latis
"Un caso tipico rappresentativo sia della Shoah, sia della lotta partigiana". La conoscenza del caso non è interamente nota perché ci sono ancora ricerche in corso da parte della sezione luinese
(A cura di Giovanni Petrotta dell’Anpi Luino)
E’ dovere della sezione Anpi (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia) di Luino, visto i suoi compiti, la sua storia e il territorio in cui opera, celebrare ogni 27 gennaio, la Giornata della Memoria, affinché la memoria del truce nazifascismo con le sue leggi razziali, della Seconda guerra mondiale, dell’antifascismo e della Liberazione non vada perduta ma trasmessa alle nuove generazioni.
Come è noto il luinese, terra di confine con la Svizzera, è stato luogo di passaggi clandestini di antifascisti sia durante il Ventennio della dittatura fascista, sia durante la Resistenza. Dopo l’8 settembre 1943 con la nascita nel Nord Italia della fascista Repubblica di Salò, la vita dei circa 50.000 cittadini italiani di religione ebraica allora presenti divenne un incubo spaventoso. Il loro destino, se scoperti perché considerati nemici interni, era l’arresto, il sequestro dei loro beni, la deportazione nei campi di sterminio.
Molti ebrei riuscirono, grazie all’aiuto di persone che rischiarono la loro vita e i loro beni, a nascondersi in luoghi di fortuna, altri cercarono di raggiungere il Sud Italia in mano agli Alleati, altri ancora cercarono rifugio nella neutrale Svizzera. E per raggiungere la frontiera svizzera un importante luogo di passaggio era il nostro territorio.
Nella nostra zona, molti ebrei riuscirono, grazie all’aiuto di “passatori” a pagamento (Mongodi ed altri) di religiosi, gratuitamente (don Folli ed altri), di antifascisti, anche qui gratuitamente (Baggiolini ed altri), ad entrare in Svizzera superando il lago, la Tresa, i monti della Valdumentina, i monti della Val Veddasca e i monti del Gambarogno.
Purtroppo non tutti riuscirono a quest’impresa. Più di un centinaio di ebrei, in maggioranza nuclei famigliari composta da anziani e bambini, furono arrestati dai nazifascisti nel luinese sia perché denunciati da italiani, sia perché consegnati per soldi ai tedeschi (come i vergognosi casi di Cremenaga, maggio 1944 con testimone Goti Bauer), sia perché, come il caso della Liliana Segre, respinti dai doganieri svizzeri.
Per onorare la Giornata della Memoria quest’anno la sezione Anpi di Luino, con riferimenti alla storia locale, vuole portare alla conoscenza il tristissimo caso della famiglia ebraica Latis, un caso tipico rappresentativo sia della Shoah, sia della lotta partigiana. La conoscenza del caso non è interamente nota perché ci sono ancora, da parte dell’Anpi di Luino, ricerche in corso.
La famiglia Latis era composta da Leone Latis, avvocato, nato a Modena nel 1886 da Annita Bolaffi, impiegata, nata a Osimo (Ancona) nel 1886 e dai figli, Giorgio e Liliana nati a Modena il primo nel 1920 e la seconda nel 1921.
Negli anni trenta la famiglia si trasferisce a Milano dove Leone, non svolge la professione di avvocato ma apre un’attività commerciale, mentre Annita viene assunta dall’Ufficio brevetti. Nel 1938 entrambi i figli vengono espulsi dalla scuola a causa delle vergognose leggi razziali.
Giorgio e Liliana Latis, sono ricordati come splenditi ragazzi esuberanti, pieni di iniziative e curiosità nel campo della letteratura, della fotografia, dell’arte e del teatro.
Giorgio Latis riuscì a lavorare “in nero” fino al settembre ’43 (nonostante le restrizioni sempre più rigide che colpivano gli Ebrei). Allestì con i cugini Marta, Gustavo e Vito Latis degli spettacoli “colti” di marionette, con testi dei poeti Garcia Lorca, Jean Cocteau e da racconti di Charles Dickens che venivano rappresentati nei salotti milanesi. Tra i collaboratori di tali spettacoli c’erano anche Giorgio Strehler e Franca Valeri destinati nel dopoguerra ad un ruolo culturale di grande rilievo nel teatro e nella televisione nazionale. Nel dopoguerra Vito e Gustavo divennero famosi architetti e furono tra coloro che ricostruirono i grandiosi e magnifici palazzi del Centro di Milano distrutti dalla guerra, mentre Marta Latis, eclettica artista lavorò con Strehler al Piccolo Teatro.
Anche il luinese Vittorio Sereni frequentava questa comitiva e, secondo la professoressa svizzera Carla Rossi, in un’intervista alla RSI andata in onda il 10 febbraio 2020, ci fu una tenera storia di Sereni con la sorella Liliana. Al Palazzo Verbania di Luino, nell’Archivio Vittorio Sereni ci sono tre lettere di Liliana Latis ed una di Vito Latis
Nel ottobre del 1943 Giorgio Latis, per salvare la sua famiglia dall’arresto, accompagnò i genitori e la sorella nell’espatrio clandestino in Svizzera, a Caprino, (Lugano) e tornò indietro credendoli al sicuro; invece i gendarmi svizzeri respinsero i Latis, i quali furono accompagnati alla frontiera italiana, forse a Ponte Tresa. I Latis con i loro bagagli cercarono di rientrare a Milano, ma a Brissago (alcune fonti dicono Mesenzana) furono il primo novembre 1943 arrestati dai tedeschi. La povera famiglia fu condotta al Miogni, carcere di Varese, dove gli sequestrarono tutti i loro averi, e poi al carcere di San Vittore a Milano.
Dopo un paio di mesi di detenzione, il 30 gennaio 1944, dal binario 21 della Stazione centrale, oggi luogo di memoria, su un “treno della morte”, il convoglio n. 6, furono spediti al campo di sterminio. Lo stesso convoglio di Liliana Segre. Arrivarono ad Auschwitz il 6 febbraio 1944. I genitori all’arrivo furono subito destinati alle camere a gas, mentre la giovane Liliana Latis sopravvisse fino all’agosto ’44.
Intanto Carlo entra nella Resistenza col nome di “Albertino”. Opera in Brianza e a Milano nelle fila del Partito d’Azione; arrestato e detenuto a S. Vittore, riuscì a fuggire. Fu inviato dal Partito in Piemonte, collabora con i più noti esponenti delle diverse componenti della Resistenza. Crea e dirige un’organizzazione per l’assistenza ai detenuti e lo scambio dei detenuti, l’Ufficio “K” e si distingue in imprese coraggiose come quella di riuscire a far evadere due partigiani condannati alla fucilazione dalle carceri di Vercelli e di Alessandria spacciandosi per un repubblichino ed esibendo documenti falsi.
La lotta clandestina non spense i suoi interessi culturali e la sua vena creativa, come testimoniano numerosi abbozzi di racconti, poesie e un dialogo cui lavorò fino alle ultime settimane di guerra. Queste opere vennero poi pubblicati nel dopoguerra nel libro “Pagine di Giorgio Latis “Ed. Frassinelli.
Nell’aprile del 1945 Giorgio Latis partecipa all’insurrezione di Torino ma, fermato a un posto di blocco fascista e trovato in possesso di documenti compromettenti, viene il 26 aprile 1945, immediatamente fucilato. Giorgio “Albertino” Latis è ricordato con una lapide collocata a Torino al corso Chieri e con una onorificenza al valor militare. Leone Latis, Annita Bolaffi e Liliana Latis sono ricordate a Milano con tre “Pietre d’inciampo” in via F. Carcano al n. 5.
Fonti: Anpi Nazionale; Anpi Osimo (Ancona); Cdec Milano; “Pietre d’inciampo – Milano; Natalia Latis, Franco Giannantoni, Francesco Scomazzon, Carla Rossi ed Amedeo Osti con la loro ricerca “Sul confine” pubblicata a Lugano.
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