Sorella e marito dell’ex-assessore di Cassano al processo Mensa dei poveri: “Non sapevamo delle pressioni”
Sono stati ascoltati oggi dai giudici sulla tangente da 500 euro a Caianiello per non far perdere loro il posto di lavoro. Lui: "Mi arrivarono due lettere di richiamo nel 2018"
L’immagine simbolo dell’inchiesta Mensa dei Poveri, quella che fece il giro d’Italia nel maggio del 2019, rappresenta una donna di spalle che consegna una busta all’allora plenipotenziario di Forza Italia in provincia di Varese Nino Caianiello. Dentro quella busta c’erano 500 euro, la famosa decima che decine di imprenditori e professionisti erano costretti a versare al deus ex machina della politica del Varesotto per poter ottenere incarichi o appalti. A catturarla furono le telecamere nascoste messe dalla Guardia di Finanza che, insieme alla Procura di Milano, stava indagando sul complesso mondo di mezzo della politica lombarda nel quale il politico gallaratese era il dominus (per questo ha patteggiato una condanna a 4 anni e 10 mesi).
Quella donna è Paola Saporiti, ex-assessore del Comune di Cassano Magnago, e lo aveva fatto – come ha raccontato ai giudici della sesta sezione penale del Tribunale di Milano – in un momento di difficoltà (sia per problemi economici che di salute) dopo sei mesi di pressioni da parte di diversi esponenti di Forza Italia. In particolare sarebbero stati l’allora amministratore unico di Sieco Antonio Frascella e l’allora collega di Saporiti, Salvatore Maida, (entrambi non indagati) a chiedere a più riprese quei soldi.
Paola Saporiti, infatti, aveva il marito assunto dalla Sieco (società partecipata che si occupa della raccolta rifiuti nella zona del Basso Varesotto, ndr) e la sorella Giovanna che era stata nominata nel collegio dei sindaci di Alfa srl (società che gestisce la rete idrica in provincia di Varese). Entrambi sono stati sentiti come testi nell’udienza di oggi (lunedì) nel processo che si sta svolgendo a Milano.
Giovanna Saporiti ha raccontato di non aver saputo nulla della tangente versata a Caianiello dalla sorella e di aver sempre pensato che la sua nomina sia avvenuta nella massima trasparenza, avendo partecipato ad un bando per le quote rosa. Anche la riconferma sarebbe avvenuta in maniera automatica, senza che vi fosse bisogno di oliare meccanismi.
Il marito di Paola Saporiti, Maurizio Bernardi, era stato assunto nel 2015 e ha lavorato in Sieco fino a poco tempo fa. Anche lui ha dichiarato di non aver saputo nulla delle pressioni che venivano esercitate su sua moglie ma ha anche confermato di aver ricevuto due lettere di richiamo proprio nella primavera del 2018, poco prima che la Saporiti si decidesse a cedere alle pressioni che provenivano da alcuni esponenti del partito di maggioranza.
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