Strade e capannoni: intorno a Malpensa il cemento si “mangerà” 150 ettari di boschi e campi
Legambiente preoccupata dalle nuove opere infrastrutturali e dall'espansione della logistica, "senza alcuna valutazione complessiva". Dall'ospedale unico ala cargo city, il "conto" ambientale dello sviluppo
Negli ultimi anni in provincia di Varese è come se avessero asfaltato o cementato 50 campi di calcio, ogni anno. Ma quel che preoccupa di più gli ambientalisti è la raffica di opere pronte per il cantiere (in un caso già avviato) o allo studio: almeno 150 ettari di territorio intorno a Malpensa che saranno intaccati da nuove strade, piazzali, edifici.
«Negli ultimi cinque anni – dice la presidente di Legambiente Lombardia Barbara Meggetto – in provincia di Varese sono stati consumati 168 ettari, l’equivalente di una cinquantina di campi da calcio ogni anno. E ai vertici troviamo Comuni come Somma Lombardo, Lonate Pozzolo, Busto Arsizio, Gallarate, Casorate Sempione, Gorla Maggiore. Molti di questi Comuni sono tra quelli che hanno anche firmato l’accordo per lo sviluppo della cargo city di Malpensa».
L’espansione dell’aeroporto con nuove aree destinate al traffico merci per via aerea è la “punta di diamante”, in negativo, del consumo di suolo previsto intorno allo scalo nei prossimi anni: qui infatti sono partite o sono in via di definizione una mezza dozzina di interventi – strade, ferrovie, logistica – che prevedono una significativa erosione del suolo naturale. Che si aggiunge su un territorio già oggi ad alta pressione antropica e infrastrutturale.
«A Busto Arsizio ad esempio è edificato il 49% del suolo, le aree boschive sono ridotte a pochi punti verdi, con una concentrazione solo nella zona del Parco Alto Milanese» dice Paola Gandini, del circolo Busto Verde, uno dei circoli di Legambiente coinvolti. Su Busto sono previsti nuovi interventi di logistica nella zona di Sacconago, la costruzione dell’ospedale unico a Beata Giuliana (con relativa viabilità di accesso, ancora da definire), oltre ad altri interventi “minori” come quello delle nuove aree sportive Sacconago.
Appena a Nord di Busto è invece già all’esecutivo, ricorda Mauro Gnocchi del circolo “Il presidio” di Cassano Magnago, il progetto della “Bretella di Gallarate”, destinata a connettere la Pedemontana A36 con la superstrada di Malpensa, accorciando di qualche chilometro l’accesso verso l’aeroporto.
«La “bretella di Gallarate” va a insistere sulle vasche di piena del Rile e Tenore: la stessa Anas ha scoperto che gli argini sono troppo bassi e non sono in grado di difendere dalle piene centernarie. Quando abbiamo segnalato questo elemento i tre Comuni di Gallarate, Busto e Cassano non hanno mosso un dito, a quanto ne sappiamo, e abbiamo scoperto che i piani d’emergenza comunali non sono aggiornati».
La “bretella di Gallarate” fa poi parte del progetto della Variante alla Statale 341, che proseguirebbe verso Sud attraverso i boschi che oggi dividono Busto Arsizio e Samarate: un’opera su cui di recente si è attivata una attiva opposizione locale, con un neonato Comitato Salvaguardia dei Boschi di Samarate.
È già invece allo stadio di cantiere un’altra opera a grande impatto, la ferrovia Gallarate-Malpensa T2, che attraversa i boschi tra Gallarate, Cardano e Casorate.
«Molti progetti risalgono ancora al Piano d’Area del 1999» ricorda Raffaella Filippini, del circolo Ecole Ferrario di Gallarate. Il piano regionale è scaduto nel 2009 e da allora si procede per singole opere, di volta in volta indicate come fondamentali, poi magari messe in un cassetto, resuscitate in occasione di nuovi fondi (vedi Pnrr) o grandi eventi (come Expo e le future Olimpiadi invernali 2026). Molte sono rientrate nel nuovo accordo sul Masterplan di Malpensa, accettato dagli otto Comuni del Cuv a titolo di “scambio” rispetto all’espansione dell’aeroporto.
«Ma le stesse compensazioni di Green non hanno nulla, sono altre opere che con la sostenibilità ambientale non hanno nulla a che fare» ricorda ancora Meggetto.
E così nella zona di Malpensa ci si attende la tangenziale Somma, allargamento della via Giusti, l’adeguamento della strada di collegamento verso l’A26 a Besnate. Opere a volte “dormienti” da oltre un decennio: «La Variante 341 è tornata a galla proprio per l’accordo Cuv per Masterplan» ricorda Massimo Uboldi, attivista di Malpensa (oggi candidato alle regionali con M5S, presente insieme ad un’altra candidata, Monica Gliera).
L’espansione della logistica
I progetti per nuove strade di scorrimento sono l’elemento che più preoccupa gli ambientalisti. Per l’impatto immediato, ma anche per quel che si portano dietro: le operazioni di speculazione della logistica: «Oggi abbiamo già i progetti di logistica a Tornavento (qui) e Ferno (qui) e abbiamo una forte preoccupazione anche per espansione della eventuale logistica lungo 341» continua Filippini di Gallarate. Da lungo tempo, ricorda poi Gnocchi, si parla della grande espansione logistica allo studio tra Cassano e Fagnano, «al fianco dell’uscita della Pedemontana».
Su tutto, la critica ripetuta dagli ambientalisti è però soprattutto una: non esiste un progetto unitario di sviluppo e una valutazione complessiva di quale sarà l’impatto. «Ci rammarichiamo di fronte al fatto che tutto viene letto solo in chiare economico, piegando l’ambiente ad uno sviluppo territoriale su cui non c’è un piano complessivo, una visione». A volte i progetti proseguono quasi in parallelo, senza toccarsi e tenere conto gli uni degli altri: fanno l’esempio dell’ospedale unico Gallarate-Busto, la cui viabilità deve essere ancora definita e che si trova poco lontano dagli svincoli previsti della Variante 341.
Massimo Uboldi rovescia l’approccio: «Non sviluppo sostenibile, ma sostenibilità dello sviluppo» sintetizza. Dove la sostenibilità deve essere prima di tutto ambientale, non economica.
I calcoli di quanti boschi e prati spariranno
E i 150 ettari di consumo di suolo che ci si attende? È un calcolo al ribasso delle opere: 37 ettari consumerà la ferrovia (escludendo le aree di cantierizzazione, però), 44 ettari è l’espansione dell’aeroporto prevista dal Masterplan, 34 sono gli ettari che saranno consumati dal tratto Sud della Variante alla 341, secondo il calcolo del comitato locale. Infine 16,7 ettari sono quelli che verrebbero sacrificati per l’ospedale unico Gallarate-Busto.
In totale 131 ettari, se si aggiungono le aree di logistica già previste e altre opere “lineari” si potrebbe salire facilmente a 150 ettari di boschi e campi destinati a sparire.
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