A Gallarate ora c’è un luogo che ricorda gli esuli e le vittime delle foibe

L'intervento principale è stato tenuto da Pier-Maria Morresi, nato a Pola: "Oggi ai ragazzi parlo del futuro: non ci sono più confini a dividere l'Italia dall'Istria e dalla Dalmazia"

 Martiri delle foibe Gallarate

La celebrazione di «un giorno di lutto», il ricordo di una tragedia a cui guardare però pensando al futuro, «ora che non ci sono più confini» dentro all’Europa unita a dividere l’Italia dalle ex province di Istria e Dalmazia, perse nel 1947.

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La dedicazione ai Martiri delle foibe a Gallarate 4 di 7

Lo ha detto Pier-Maria Morresi, esule da Pola e referente provinciale Anvg, nel Giorno del Ricordo, scoprendo la targa che dedica il piazzale del cimitero di Gallarate ai “martiri delle foibe e degli esuli istriani, dalmati e fiumani”

«Oggi partecipiamo alla celebrazione di una solennità, un giorno in cui si celebrano i morti, un giorno di lutto» ha esordito appunto Morresi, a fianco del sindaco Andrea Cassani, del presidente del consiglio comunale Giuseppe De Bernardi Martignoni.

«Lutto – ha continuato Morresi – per la perdita di cinque province italiane che il 10 febbraio per il trattato di Parigi sono state abbandonate da cittadini italiani, istriani fiumani e dalmati che hanno dovuto abbandonare le loro terre. Esuli che non hanno trovato, da italiani, l’accoglienza che meritavano. Loro che, come scriveva Montanelli, erano due volte italiani, una volta per nascita, la seconda per opzione, per scelta. Furono invece accolti come parte non desiderata».

Rimasero per sempre lì invece le vittime delle foibe: «molti erano servitori dello Stato, tra cui 250 carabinieri, 120 della Guardia di Finanza, sindaci, impiegati delle poste, maestri, chi in qualche modo ricordava lo Stato italiano». Erano presenti anche i vertici delle forze dell’ordine, molte associazioni d’arma, come quelle di Marinai, Arma Aeronautica e Alpini. 

 Martiri delle foibe Gallarate

Un lungo percorso per arrivare alla dedicazione a Gallarate

Morresi è originario di Pola, città oggi in Croazia, «dove su 32mila abitanti 28mila sono stati esuli». Al suo fianco Luca Missoni reggeva il gonfalone dell’associazione degli esuli: la famiglia Missoni è originaria di Zara, la città che il giovane Ottavio Missoni (che però era nato a Ragusa, l’odierna Dubrovnik) lasciò dopo la fine del conflitto, stabilendosi poi a Gallarate e di qui a Sumirago.
Sono solo due dei tanti figli d’Istria e Dalmazia che si stabilirono anche nella zona del Gallaratese, dove non esistevano quartieri dedicati (un rione “istriano” esiste invece a Busto Arsizio).

 Martiri delle foibe Gallarate

«La memoria e il ricordo non vengano mai lasciati andare» ha auspicato il sindaco Andrea Cassani, che ha ricordato che la richiesta di dedicazione di una via o piazza era stata avanzata molti anni fa. Approvata in consiglio comunale nel 2009 «con un largo accordo», ricordava nei giorni scorsi Giuseppe De Bernardi Martignoni, ma mai concretizzata fino ad oggi.

Ricordo per il futuro

Riccardo Festa, monsignore della città, nel benedire il luogo, ha ricordato che è anche «memoria delle nostre discordie»: «che il ricordo ci aiuti ad essere un Paese attento e solidale» di fronte alle sfide di oggi.

Anche Morresi ha rivolto uno sguardo al futuro. La Legge istitutiva del Giorno del ricordo citava “la più complessa vicenda del confine orientale”, dove ci fu uno scontro feroce tra nazionalismi, anche nel Ventennio fascista che vide la politica antislava e poi la guerra al Regno di Jugoslavia. Morresi ha citato la massima che Ottavio Missoni declamava con una certa solennità, a far pesare il concetto: «Le guerre non bisogna mai farle. Noi una guerra l’abbiamo fatta. E l’abbiamo persa» (l’Italia, oltre alle terre d’Adriatico, perse anche le colonie e una piccola porzione di territorio passato alla Francia).

 Martiri delle foibe Gallarate

«Con i ragazzi parlo del futuro che sarà quello dell’Europa» ha continuato Morresi. Riecheggiando quasi le contemporanee parole di Mattarella a Roma, ha ricordato che «la Croazia è entrata in Schengen, oggi non ci sono più confini fisici. tra l’Italia e le province istriane e dalmate», dove peraltro esistono ancora comunità italiane, che per decenni hanno vissuto separate dall’Italia. «Questo è il futuro».
È una bella prospettiva, ma che suscita anche sentimenti ambivalenti negli esuli: molti felici di poter riaccedere alle loro città, altri invece ancora non preparati a rivedere luoghi passati di mano dopo una disastrosa guerra persa.

Roberto Morandi
roberto.morandi@varesenews.it

Fare giornalismo vuol dire raccontare i fatti, avere il coraggio di interpretarli, a volte anche cercare nel passato le radici di ciò che viviamo. È quello che provo a fare a VareseNews.

Pubblicato il 10 Febbraio 2023
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