L’Istat fotografa un Varesotto in affanno. Dai dati le basi per ripartire
Presentati alla Liuc durante VaLUE2023, Varese – Local Units Enhancement, i dati Istat relativi al territorio
Quando si parla di economia, la fotografia di un territorio attraverso i dati e le statistiche è fondamentale per capire che direzione prendere. Bisogna però tener conto di due premesse. La prima, come afferma Paola Margnini, responsabile del Centro studi di Confindustria Varese, è che «l’impresa si trasforma ancor prima che le statistiche rilevino questa trasformazione», cioè è in continuo divenire. La seconda, come sostiene Mauro Vitiello, presidente della Camera di Commercio di Varese, è valutare attentamente le cause che hanno generato quei dati. «Osservando quelli relativi al nostro territorio – dice Vitiello – non c’è niente di cui sorprendersi perché il declino progressivo del nostro sistema, altro non è che il risultato di scelte fatte in tema di politica ed economia negli ultimi vent’anni».
INTERCETTARE LA DOMANDA MONDIALE DI SOSTENIBILITÀ
I dati relativi al territorio, presentati dall’Istat all’università Liuc di Castellanza durante VaLUE2023, acronimo che sta per Varese – Local Units Enhancement 2023, sono importanti perché stabiliscono un momento di riflessione e confronto tra tutti gli attori sociali, necessario per affrontare le nuove sfide riguardanti la sostenibilità economica, ambientale e sociale. Servono per elaborare una visione e scegliere dove allocare le risorse per ridisegnare il futuro dell’economia. E alcune evidenze già ci sono. «Investendo in nuove tecnologie sostenibili in questa fase – ha spiegato Paola Rossi, della divisione analisi e ricerca economica territoriale della sede di Milano della Banca d’Italia– si rafforza la competitività delle imprese. Non è solo una questione relativa alle nuove regole, ma è la domanda mondiale che si sta spostando su questi temi». Se le aziende vogliono intercettarla devono dunque investire in quella direzione.
UN TERRITORIO CERNIERA
La provincia di Varese ha una posizione geografica particolare. Davide Colombo, direttore Istat per le relazioni esterne e l’ufficio stampa, gli affari internazionali e coordinamento Sistan, moderatore della tavola rotonda, la definisce «un territorio cerniera». Una sorta di corridoio che corre da nord a sud e collega l’area metropolitana milanese con la Svizzera.
Per dirla con le parole di Andrea Venegoni, docente della Scuola di economia e management della Liuc, questa caratteristica genera «una polarizzazione economica del territorio, dove Milano è la locomotiva solista». Una motrice così potente che è in grado di correre e distanziare in modo netto tutti gli altri territori pedemontani (Brescia, Como, Bergamo). Se poi viene messa a confronto con la provincia di Varese, la distanza è ancora più marcata su diversi fronti.
Elena Provenzano, responsabile dell’Ufficio studi e statistica della Camera di Commercio di Varese, analizzando il mercato del lavoro negli ultimi 5 anni parla di «forze centrifughe»: un mismatch crescente fra domanda e offerta di lavoro, in termini di competenze richieste, digitali incluse. Si è passati dal 31% nel 2018 al 46% nel 2022. E ancora, un invecchiamento costante della popolazione: la fascia fino ai 14 anni di età si ridurrà di oltre 20mila unità, e la popolazione in età lavorativa (15-64 anni) subirà un’analoga diminuzione (-19.708). In aumento anche i Neet, cioè le persone che non studiano, né lavorano e né ricevono una formazione.
SMART WORKING
Quando si parla di trasformazione del mercato del lavoro, sottolinea Paola Margnini, bisogna tener conto della tradizione manifatturiera della provincia di Varese: «Non sempre lo smart working può diventare smart production». La battuta ci sta, a maggior ragione se si considera che molte grandi imprese di servizi del Nord Europa, dopo aver sperimentato il lavoro agile in dosi massicce, stanno ritornando sui loro passi «per rinsaldare quel senso di team e di comunità che sono valori da mantenere nell’impresa».
I dati relativi alla produttività sono un’altra spina nel fianco, che secondo Massimiliano Serati, docente della Liuc meritano un’attenta riflessione. «I numeri dell’Istat – ha spiegato l’economista – sembrano dirci che se mettiamo in rapporto l’efficienza produttiva e il costo del lavoro, quindi al numeratore mettiamo la produttività e al denominatore l’indice di costo, ne viene fuori che Varese è la peggior provincia della Lombardia».
Potrebbe essere un problema legato all’avanzata di settori di servizi alle imprese o anche alla dimensione media di impresa, tema che è emerso nella presentazione dei dati. Per Marco Bordoli, di Confcooperative Lombardia, questa situazione non è riconducibile a un problema di dimensioni di impresa e pertanto l’elogio del “piccolo è bello” sarebbe fuori luogo.«Le Pmi ci sono, proliferano e non sempre vanno peggio delle grandi – fa notare il manager -. Mi ha colpito la domanda del questionario Istat relativa all’intensità delle relazioni. Aumentarla per continuare a produrre sempre meglio, per i piccoli, è un tema chiave».
(nella foto, da sinistra: Massimiliano Serati, Paola Margnini, Paola Rossi, Mauro Vitiello e Marco Bordoli)
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