In viaggio col Mercante

Da vent’anni racconta le origini del caffé: “Un mondo in una tazzina”

Nel suo intervento al convegno Sigep, Giancarlo Samaritani, ha ricordato l'importanza di conoscere per compiere scelte di consumo più consapevoli e sostenibili

In viaggio col mercante - L'inizio

«Ho avuto modo di conoscere di persona tutti i passaggi della filiera del caffè e le condizioni di vita dei coltivatori, rendendomi conto della realtà effettiva, andando a toccarla con mano». Vent’anni di viaggi alle spalle, altrettanti di documentari, Giancarlo Samaritani di Ispra, dirigente responsabile della filiale italiana dell’azienda Caffè Chicco d’Oro, ha raccontato la sua esperienza al convegno Sigep sul tema “La cultura del caffè alla luce della sostenibilità e della digitalizzazione” organizzato da Comunicaffè e Comunicaffe International a Vision Plaza del Sigep.

«Questi documenti (Qui la rubrica In viaggio col mercante) che ho raccolto mi permettono anche di divulgare, di fare conoscere e attribuire una corretta identità geografica al caffè e alle sue origini, e soprattutto dare visibilità ai popoli che abitano questi territori, un aspetto molto importante. Nutro la speranza che tutto ciò possa contribuire ad innescare una maggiore consapevolezza nelle scelte di consumo che ogni giorno ciascuno di noi esercita, in qualità di professionista o anche di semplice consumatore. Mi rendo conto che troppo spesso beviamo distrattamente la tazzina di caffè».

Samaritani invita a una maggiore responsabilità nelle scelte di consumo: «Non ne sentiamo neppure il gusto e ignoriamo completamente il legame esistente tra la terra e la tazzina. Non ci soffermiamo mai a pensare nemmeno un istante al lavoro determinante svolto dai coltivatori nei luoghi d’origine. Ecco che allora ho pensato fosse utile, anzi necessario aprire una finestra sul mondo lontano delle comunità rurali poste in luoghi remoti della terra. Luoghi dove spesso la moderna tecnologia non è ancora arrivata oppure non utilizzabile da tutti per via della mancanza di istruzione che ne impedisce o limita l’utilizzo. Questo è un problema che incide negativamente anche sui principi della sostenibilità ambientale, poiché la mancanza di informazioni provenienti dal mercato limita la possibilità di mettere in atto le procedure di coltivazione che possono migliorare il risultato in termini qualitativi e anche di valore. Portando un apprezzamento anche di tipo economico al lavoro dei coltivatori. Certamente un importante contributo verrà apportato dalla tecnologia moderna e dallo sviluppo digitale, che potrà mettere a disposizione dei dati in tempo reale. Così come un’accurata tracciabilità del raccolto, costituirà una forte garanzia a disposizione di chi vende, di chi compra e del consumatore finale».

«Ma prima di tutto – prosegue – sarà necessario agire affinché anche le comunità dei piccoli coltivatori possano soddisfare tre necessità primarie: cibo, istruzione e sanità. Bisogni primari purtroppo non sempre disponibili per tutti. Rischieremo di perdere il loro lavoro se non gli verrà garantita una sopravvivenza dignitosa. La distanza fisica esistente tra i paesi coltivatori ed i paesi consumatori non aiuta, anche se nell’era digitale le distanze vengono abbattute dalla possibilità di comunicare da un capo all’altro della terra in tempo reale, potremo assistere in diretta al lavoro svolto dai raccoglitori di drupe o alle attività svolte nei centri di raccolta o nelle cooperative di conseguenza ricevere ed inviare informazioni utili. Ma attenzione, bene abbattere le distanze, ma non si devono abbattere le differenze culturali, le tradizioni e la storia. Nel rispetto di milioni di famiglie che dipendono e traggono sostentamento dal raccolto del caffè. I contadini non nutrono grandi aspettative, aspirano semplicemente ad un miglioramento delle condizioni di vita delle loro famiglie ed al necessario per il mantenimento della loro identità culturale. La volatilità dei prezzi e la speculazione finanziaria producono effetti disastrosi presso le comunità dei piccoli coltivatori, i quali, ricordiamolo, sono la grande maggioranza. Non hanno potere contrattuale a causa delle loro precarie condizioni economiche spesso aggravate da intermediazioni praticate da trafficanti illeciti. Durante lo svolgimento delle mie attività documentaristiche ho incontrato popolazioni di diverse origini in luoghi geograficamente molto distanti tra di loro, dall’Africa all’estremo Oriente, dall’America all’Indonesia, ho imparato che alcuni valori accomunano le comunità rurali ovunque si trovino, sono il senso della comunità e della condivisione».

Samaritani conclude: «Valori semplici… che se applicati al commercio internazionale potrebbero migliorare le condizioni di vita di milioni di persone. Auspico quindi che lo sviluppo digitale contribuisca a diffondere la cultura della sostenibilità ambientale, sociale ed economica. Anche a beneficio delle popolazioni più svantaggiate».

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 04 Febbraio 2023
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