Dal Villaggio del Fanciullo di Morosolo in Ucraina per aiutare la popolazione in guerra
La testimonianza di Simone Feder, direttore psicopedagogico del centro di Morosolo: a Brovary, vicino a Kiev, ha partecipato all'inaugurazione del nuovo Peace Village "Resistand", creato grazie al lavoro del Movimento Europeo di Azione Nonviolenta
In Ucraina per portare aiuti concreti alla popolazione colpita dalla guerra scatenata ormai da più di un anno dalla Russia. È questo l’obiettivo di Mean, Movimento Europeo di Azione Nonviolenta, progetto specifico di promozione della pace e di assistenza umanitaria in Ucraina, avviato in Italia dalla rete “Per un nuovo welfare” insieme ad altre 35 organizzazioni.
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Tra le realtà aderenti a questa rete di solidarietà c’è anche il Villaggio del Fanciullo e in Ucraina in questo momento c’è il direttore psicopedagogico del centro di Morosolo, Simone Feder (nella foto sotto), educatore e psicologo, cofondatore e coordinatore nazionale dell’associazione Movimento No Slot contro il gioco d’azzardo di massa, referente di diversi progetti all’interno di istituzioni scolastiche legati alla prevenzione e all’educazione alla legalità sul territorio nazionale e autore di varie pubblicazioni.
Lo abbiamo intercettato mentre si trova a Brovary, centro di poco più di 85 mila abitanti a circa 12 chilometri da Kiev, dove insieme a Riccardo Bonacina e ad altri attivisti del Movimento Mean ha inaugurato il nuovo “Peace Village” chiamato “Resistand”, un luogo di pace, appunto, dove bambini, anziani e giovani potranno trovare un angolo per svagarsi, riposarsi, lavorare. A ideare il villaggio e i suoi moduli un archistar come Mario Cucinella, commosso all’inaugurazione del nuovo centro di aggregazione creato nel cuore del paese in guerra.
«Siamo venuti qui in 18, sconsigliati da tutti viste le condizioni nelle quali versa l’Ucraina. Ci sono allarmi continui, la situazione è drammatica, ma crediamo sia importante dare la nostra testimonianza concreta – spiega Feder -. Siamo riusciti a realizzare questo progetto grazie alle donazioni di chi ha voluto starci accanto, cittadini e imprese italiane che non si sono tirate indietro. Qui vogliamo che ci sia un luogo di pace, costruito in tre settimane e testimoniato dalle bandiera e dai simboli presenti sui moduli appena inaugurati».
Il gruppo umanitario ha visitato nelle ore precedenti all’inaugurazione del Peace Center di Brovary le zone più colpite all’inizio della guerra, l’ormai tristemente famosa Bucha, ma anche Borodjanka, tra i centri più colpiti dalla guerra dove la desolazione e il dramma si tocca con mano: «Abbiamo incontrato tanta gente sfollata, che si è vista bombardare la propria abitazione con i carri armati a dieci metri dalle case. Sono stanchi, ma hanno tanta voglia di libertà e democrazia, non vogliono rivivere situazioni che la popolazione ucraina ha già dovuto affrontare in abbondanza in passato – spiega Feder -. C’è stanchezza, ma anche resistenza e resilienza, voglia di pace e speranza che tutto posso finire presto. Noi qui ci siamo venuti per la sesta volta, per testimoniare concretamente che lavorando e collaborando si possono ottenere risultati che possano restare. Abbiamo mandato sei tir di materiale da diverse zone d’Italia, il Varesotto è stato molto attivo e ringrazio chi ha voluto starci affianco. Non è finita qui, servono tantissime cose, raccogliamo le loro esigenze e i loro bisogni e ce ne facciamo promotori: la richiesta più pressante al momento in questa zona è quella di avere un furgone per portare dalla guerra all’ospedale i bambini, chiediamo a chi può di aiutarci».
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