Dopo la lunga siccità e un inverno freddo che risveglio attende la Natura in primavera?
Il professor Bruno Cerabolini, docente di botanica dell'Università dell'Insubria, racconta i meccanismi alla base del risveglio delle piante e i possibili scenari
Un autunno senz’acqua e un inverno secco come influiranno sulla ripresa della vegetazione in primavera?
Lo abbiamo chiesto al professor Bruno Cerabolini, docente di botanica ambientale del Dipartimento di Biotecnologie e scienze della vita dell’Università dell’Insubria
Rispetto allo scorso anno, abbiamo vissuto un inverno più regolare quanto alle temperature.Un anno fa abbiamo registravamo un’escursione termica molto accentuata con temperature sotto lo zero nella notte e di più di dieci gradi durante il giorno. I dieci gradi sono, un indicatore di massima perchè ci sia il processo di fotosintesi. Non vale per tutte le specie ma è una temperatura individuata convenzionalmente. Invece, l’inverno che stiamo vivendo è stato più rigido, direi nella norma, e anche la quantità di precipitazioni è stata regolare perché la zona insubrica è di solito secca nei mesi di gennaio e febbraio. L’anomalia sta nell’autunno passato che è risultato poco piovoso e nelle riserve idriche della terra. Nelle prossime settimane potremo avere i primi indizi sullo stato di salute della vegetazione
Cosa si aspetta?
Questo è il momento della fioritura a cui seguirà la foliazione. A livello cellulare, le piante hanno due fasi: la prima di moltiplicazione cellulare a cui segue una che definiamo di “distensione” : le cellule hanno un serbatoio, il vacuolo, che si riempie di una soluzione acquosa. Se le riserve idriche sono sufficienti, avviene la crescita normale, viceversa, in situazione di crisi, la cellula non si espande. Quindi nelle prossime settimane, a seconda del tipo di pianta e anche di zona, versante sud o versante nord, potremo avere indicazioni sullo stato di salute della vegetazione nel Varesotto. È possibile che le piante abbiamo comunque delle riserve loro per sopperire alla siccità attuale. Alla lunga, però, la sofferenza indebolirà l’albero. Certo è che, se prosegue questo clima secco, la primavera rischia di depauperare ulteriormente il suolo per l’aumento delle temperature e il processo di evaporazione ma anche per perchè le chiome degli alberi contribuiscono a ridurre l’umidità del suolo.
C’è ancora qualche speranza, dunque, per quegli alberi che oggi sembrano morti, carichi di foglie secche ancora appese?
Certamente, sia perché alcune specie non rilasciano al suolo la chioma con l’autunno, come la roverella o, occasionalmente, il carpino, sia perché, come dicevo, la pianta potrebbe avere ancora delle riserve a cui attingere. In questo momento è prematuro fare previsioni. Alcune specie come faggi e querce sono ancora dormienti perchè si riprendono in primavera inoltrata, altri hanno dei germogli stanno per schiudersi.Temo, però, che la conta dei morti si farà nei prossimi anni.
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