Il difensore sanitario: “Il servizio pubblico è in crisi, pensiamo a un welfare parallelo assicurativo o aziendale”

Luca Croci dal 2017 è responsabile dell'Ufficio di Pubblica Tutela di Ats Insubria. A lui si rivolgono i cittadini che hanno un problema sanitario. La pandemia ha acuito i problemi e oggi c'è molta rabbia sociale

luca croci ufficio pubblica tutela

Com’è lo stato di salute della sanità italiana e lombarda in particolare? Quali sviluppi? Quali modelli?
Abbiamo rivolto le domande a diversi operatori della sanità riuniti durante il primo dei tre incontri organizzati dal presidente del piano di zona di Varese Roberto Molinari e dalla Presidente dell’assemblea dei sindaci del distretto di Varese Irene Bellifemine

Dopo la presidente dell’Ordine dei Medici Giovanna Beretta e quello degli infermieri Aurelio Filippini, ne parliamo con Elena Cossa, Presidente degli Ordini delle Professioni sanitaria PTSRM STRP


È il “difensore sanitario”, responsabile dell’Ufficio di Pubblica Tutela. Come quello del difensore civico, è un incarico su base volontaria per garantire il diritto alla salute de cittadini nei confronti di chi effettua le prestazioni. Dal 2017 Luca Croci è il difensore sanitario di Ats Insubria. Raccoglie le richieste dei cittadini, spesso problemi a cui lui replica cercando soluzioni o, quantomeno, una mediazione.

« Liste d’attesa e medici di medicina generale sono gli ambiti maggiormente critici – spiega Luca Croci dopo 5 anni di ascolto – La maggior parte delle lamentele, però, è frutto di un’errata informazione. Spesso i cittadini non conoscono adeguatamente il sistema e hanno conoscenze parziali e incomplete. Il mio ruolo è quello di spiegare la situazione e, all’interno dei canali istituzionali, portare a superare la difficoltà del singolo».

Il suo ruolo, quindi, non è in difesa di un modello ma del cittadino in difficoltà. Nel corso degli anni la sua attività è cresciuta fino a raggiungere il picco durante le fasi maggiormente critiche della pandemia.

Nel 2018, il suo bilancio di fine anno indicava 58 pratiche gestite di cui 10 definite “ non pertinenti”. Nel 2019, l’attività raddoppia arrivando a 101 segnalazioni legate soprattutto ai lunghi tempi di attesa per la prenotazione di visite ed esami specialistici. Nel 2020, con l’inizio della pandemia e le due importanti ondate, il suo ufficio comincia a vedere crescere in modo esponenziale la domanda di aiuto che giunge via email pubblicatutela@ats-insubria.it o al nr 0332.277544: le domande sono 347 ( + 369% rispetto all’anno precedente) e quasi tutte riguardano i tamponi e i certificati di inizio o fine quarantena.  Nel 2021 tamponi e vaccini sono ancora ambiti problematici e l’ufficio  di pubblica tutela gestiste 330 richieste. Nel 2022 l’emergenza rientra e l’UPT torna a un carico di lavoro più contenuto: le richieste sono 248.

Chi è innanzitutto il responsabile dell’Ufficio di Pubblica Tutela
Il mio incarico è volontario per garantire l’indipendenza da chi eroga servizi. Sono una sorta di “corte d’appello” dell’URP. In ATS mi occupo soprattutto di liste d’attesa, servizi della medicina territoriale, siano medici di medicina generale o continuità assistenziale. Ma anche di residenze socio sanitarie o di dimissioni dagli ospedali. Dopo la pandemia riscontriamo una maggior intolleranza da parte della gente, la definirei anche rabbia. I cittadini si rivolgono a noi con domande mirate, si vede che si sono informate. Ma spesso hanno notizie parziali, inadeguate, limitate a un chiacchiericcio generale e poco qualificato. Il mio compito è quello di spiegare la normativa, chiarire, suggerire azioni e percorsi».

La medicina territoriale è in grave difficoltà. Ci sono ambiti scoperti e Ats ha dovuto cercare soluzioni tampone
La medicina di base sta affrontando un periodo difficile ovunque, non solo nel Varesotto. Ci arrivano molte segnalazioni fondate e da gestire. Ma, a volte, vengono fatte richieste errate. Chi si lamenta che il medico non gli ha rilasciato il certificato di malattia non sa che non è un certificato da dare in automatico ma richiede una verifica da parte del sanitario. I tempi del Covid, che hanno spesso annullato questo passaggio per la necessità del distanziamento, hanno fatto credere che non occorra più la visita. Ma è sbagliato».

Anche le liste d’attesa, come si vede dagli impegni della Regione, sono critiche
Esiste una figura, il RUA che è il responsabile unico delle attese. È presente in ogni azienda ospedaliera. Ed è proprio a lui che io mi rivolgo quando non si ottengono risposte al CUP. È il RUA che deve supportare il cittadino nel trovare la soluzione al proprio bisogno. Nel caso non riuscissi a ottenere soddisfazione per il cittadino, segnalo la cosa al Difensore civico regionale. Ma anche questo è un tema caldo: le liste d’attesa si creano perchè mancano professionisti sanitari ma anche perchè i cittadini chiedono immediatezza alle proprie domande di salute: se sorge un bisogno voglio accedere alla visita subito.

Sarebbe anche cosa buona e giusta. Ma data la crisi del sistema quali soluzioni vede?
Occorre un cambio di mentalità. Oggi si fa poca prevenzione e ci si rivolge al servizio pubblico quando il problema diventa acuto. Ritengo che sia giunto il momento di costruire un sistema di welfare parallelo, magari aziendale, che punti decisamente sulla prevenzione e sulla cultura della salute. Il bisogno oggi è crescente, la domanda maggiore, ma il modello di welfare pubblico è in crisi. Qualcosina dovrebbe cambiare a breve, ma per un ribaltamento occorrono anni, quelli della realizzazione di nuove strutture, di formazione di personale. Insomma almeno un paio di generazioni. E nel frattempo  credo che dobbiamo tutelarci con un welfare parallelo, assicurativo o aziendale. La stessa cosa serve nel sociale in difficolta. Il sistema pubblico oggi è carente


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Quale futuro per la sanità? Considerazioni e proposte dei professionisti della salute

Alessandra Toni
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Pubblicato il 31 Marzo 2023
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Commenti

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  1. Avatar
    Scritto da lenny54

    Perche’ trovare soluzioni che comunque sono un costo in piu^’ per il cittadino? Invece di correggere alla fonte il problema: la cessione ai privati delle terapie che “rendono” e l’inadeguatezza degli interventi statali al maggior bisogno di sanita’.

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