La Presidente dell’Ordine delle professioni sanitarie: “Noi importanti per prevenzione e riabilitazione ma poco considerati”
La Presidente dell'Odine che raduna 18 diverse professioni socio sanitarie spiega come un sistema più integrato potrebbe offrire una presa in carico più efficace ed efficiente
Com’è lo stato di salute della sanità italiana e lombarda in particolare? Quali sviluppi? Quali modelli?
Abbiamo rivolto le domande a diversi operatori della sanità, i presidenti degli ordini professionali riuniti durante il primo dei tre incontri organizzati dal presidente del piano di zona di Varese Roberto Molinari e dal Presidente dell’assemblea dei sindaci del distretto di Varese Irene Bellifemine
Dopo la presidente dell’Ordine dei Medici Giovanna Beretta e quello degli infermieri Aurelio Filippini, ne parliamo con Elena Cossa, Presidente degli Ordini delle Professioni sanitaria PTSRM STRP
Presidente chi sono le professioni che rappresenta e quali funzioni hanno?
Le 18 professioni che rappresento sono essenziali soprattutto nella prevenzione e nella riabilitazione. Sono figure che individuano i bisogni di salute di un territorio e lavorano per dare risposte. Per questo, ritengo che ci sia ampio potenziale per sviluppare le nostre competenze. C’è, però, grave carenza.
Ci faccia degli esempi
Partiamo, ad esempio, dalla sicurezza sul lavoro. La carenza di figure che promuovono la prevenzione, verificano gli adempimenti e suggeriscono miglioramenti è evidente dalla triste conta delle vittime soprattutto in Lombardia, regione molto popolosa e industrializzata.
Le figure sanitarie che rappresento sono coinvolte anche nel sistema erogativo della sanità come, per esempio, nella diagnostica con i tecnici di radiologia, la diagnostica di laboratorio, i tecnici neurofisio o ecocardio tutte figure impiegate negli ospedali o sul territorio con il potenziamento della telemedicina. Più tutta la parte riabilitativa con educatori, terapisti della riabilitazione psichiatrica o altre figure che entrano di diritto nelle case di comunità o ospedali di comunità che hanno un indirizzo prettamente riabilitativo. Rappresentiamo quindi un’ampia fetta dell’offerta legata soprattutto a prevenzione e riabilitazione con il grande problema della scarsità di figure.
Scarsità di figure o scarsità di impieghi?
Entrambe le situazioni. Faccio l’esempio del podologo che è un professionista sanitario specializzato nei trattamenti medici della caviglia e delle estremità inferiori della gamba con compiti di prevenzione, diagnosi e terapia. Rientra, per esempio, il piede diabetico: oggi questa figura è quasi sparita nel sistema pubblico. Ci sono specialisti solo privati.
C’è poi la figura pochissimo sviluppata in Regione Lombardia del terapista occupazionale che colui che permette alle persone affette da malattie e disordini fisici o psichici, sia con disabilità temporanee o permanenti, di riacquistare le normali funzionalità nel proprio ambiente domestico o nel proprio ambiente di lavoro. Ecco, questa è una di quelle figure che dovrebbe avere una larga possibilità di sviluppo nella nuova riforma, ma in realtà nelle Asst è poco considerata. Io ritengo che alcune figure andrebbero rivalutate a fronte della carenza di altre per sviluppare un nuovo modello integrato di presa in carico.
È una sanità un po’ sbilanciata?
Sicuramente. Andrebbe armonizzata meglio con un’integrazione delle differenti competenze. In questo modo si amplierebbero le potenzialità di usufruire di prestazioni offerte da figure con diverse competenze. Se consideriamo che nel prossimo futuro l’ADI, l’assistenza domiciliare integrata, verrà assegnata alle aziende ospedaliere, questi professionisti, che hanno sempre svolto l’ADI, diventeranno patrimonio del sistema sanitario. Anche in questo caso, però, la squadra dovrà essere complementare tra le diverse figure: infermieri, fisioterapisti ma anche il terapista occupazionale che allo stato attuale non c’è e va formato.
È un passaggio cruciale per costruire un modello nuovo, più integrato tra diversi ruoli e professionalità, costruito sui bisogni. Anche l’integrazione con il sociale sarà uno snodo importante che a noi interessa molto, soprattutto su alcune figure come gli educatori che lavorano molto con gli assistenti sociali proprio per il recupero della persona e nel costruire un progetto riabilitativo/educativo nel recupero delle loro attività.
Precedenti puntate
Quale futuro per la sanità? Considerazioni e proposte dei professionisti della salute
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