Litiga con la ex compagna e impugna un tubo: condannato a un anno e 4 mesi
"Ma era per uccidere un serpente" si è giustificato in aula l'imputato. L'avvocato della vittima: “Atteggiamento maschilistico dell’imputato che non voleva che la compagna facesse la ballerina”
![tribunale Varese](https://www.varesenews.it/photogallery_new/images/2022/02/tribunale-varese-1280306.610x431.jpg)
Ubriaco, violento, litiga e strappa i vestiti alla ex compagna che vive uno stato di prostrazione seguita alla convivenza con l’uomo sbagliato. La donna a quel punto colpita anche da decine e decine di messaggi al giorno, trova il coraggio di denunciare.
Per quei fatti consumatosi anni fa a Buguggiate e alla luce di specifiche dichiarazioni confessorie durante al processo il pubblico ministero Marco Brunoldi ha chiesto 2 anni e 6 mesi di reclusione. Per la parte civile si è trattato di una forte violenza morale, come ha specificato l’avvocato Marco Lacchin che nelle sue conclusioni ha fatto riferimento a possibili riqualificazioni nello stalking poi che nel maltrattamento in famiglia vero e proprio.
Aggressioni verbali legate allo stato di ebbrezza, insulti, minacce di morte e distruzione di vestiti erano diventate pratiche all’ordine del giorno legati agli stati di ebbrezza confessati dall’uomo. Uno degli episodi legato ai maltrattamenti riguarda l’impiego di un tubo di rame che l’uomo in un’occasione aveva estratto per mettere in atto le minacce: «Ma era per allontanare da casa un serpente», si è difeso in aula l’imputato che ha precedenti per sequestro di persona e minacce a pubblico ufficiale.
Un uomo descritto sempre dall’avvocato di parte civile come persona pervasa da sentimenti maschilistici, «che impediva alla compagna di esibirsi come ballerina e la obbligava a stare a casa a far da mangiare». Danni morali subìti dalla donna per condotta è durata che la parte civile ha quantificato in 10.000 euro.
Il difensore ha parlato di «vicenda umana» dei due soggetti contraddistinti da eccessi e da turbolenze emotive che un tempo neppure arrivavano nelle aule di giustizia, chiedendo per il suo assistito il minimo della pena. Il giudice Andrea Crema l’ha condannato a un anno 4 mesi e 10 giorni di pena oltre ad un risarcimento di 4 mila euro.
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