Morì investito a Varese in via Casula, il processo per stabilire le responsabilità
In aula i periti per ricostruire quanto avvenne all’alba dell’8 novembre 2016 quando perse la vita il pensionato Erminio Corti, 82 anni, falciato da un’auto mentre attraversava
L’auto che non si ferma e travolge in pieno l’anziano. Per terra, per calcolare il pinto d’impatto, rimangono solo i suoi occhiali, il corpo è a diversi metri di distanza; l’uomo perde la vita poco dopo all’ospedale, un fatto per il quale si sta celebrando il processo al tribunale di Varese, e che a fine maggio maggio vedrà arrivare la decisione del giudice per la morte di Erminio Corti, 82 anni che perse la vita l’8 novembre 2016 travolto da un’auto guidata da un uomo oggi imputato per omicidio colposo.
Nell’udienza di mercoledì sono stati ascoltati i periti della difesa e dell’accusa (quindi consulenze tecniche di parte), oltre ad un ad un ufficiale della polizia locale ed un operante.
Ha parlato anche la figlia della vittima e pure lo stesso imputato, difeso dall’avvocato Gianluca Franchi, ha reso spontanee dichiarazioni affermando di essere dispiaciuto e ancora profondamente scosso per quanto avvenuto, ma di non aver proprio visto l’uomo che stava attraversando la strada e di essersi trovato il pedone sul cofano quando era oramai troppo tardi. Il perito del pubblico ministero ha specificato che da letteratura (dunque fuori da rilievi oggettivi operati su questo caso specifico) un uomo di quell’età in buona salute riesce a percorrere camminando circa un metro al secondo, ad un’andatura di 4 chilometri orari.
Si può dunque supporre che l’anziano avrebbe attraversato con quell’andatura la strada, ma non in presenza di un passaggio pedonale. Rimane da chiarire – appunto il giudizio è finalizzato ad accertare proprio questo – la precisa responsabilità penale del conducente del veicolo che sempre secondo il perito di parte avrebbe avuto circa 1,5 secondi come “tempo di percezione“ del pericolo e 1,6 secondi di “tempo di frenata“, considerando l’andatura del veicolo fra i 42 e i 50 chilometri orari: «Se il conducente avesse prestato maggiore attenzione probabilmente avrebbe avuto il tempo di frenare», è stata la sua conclusione.
Di parere diametralmente opposto è la difesa dell’avvocato Franchi: «Non ci sono elementi certi per ricostruire la posizione del pedone e quindi non è possibile arrivare a dire con certezza se l’evento fosse evitabile: peraltro la polizia municipale non ha elevato alcuna contravvenzione».
Un processo che viaggia “alto“ su valutazioni tecnico-cinematiche e minuziose ricostruzioni del fatto ma che assume importanza anche su di un piano empirico, e di grande interesse pubblico (QUI I DATI): entrambi i periti hanno chiaramente evidenziato la pericolosità del tratto stradale in questione cioè la sicurezza di una zona, via Casula a Varese, che da sempre rappresenta uno dei punti «caldi» per via della presenza in alcune fasce orarie del giorno di numerosi pedoni.
Siamo difatti nella “zona delle Stazioni“ dove a seconda delle partenze e degli arrivi dei treni, specialmente delle Nord (la stazione dello Stato non è distante, ma più lontana rispetto al punto in cui avvenne il mortale), varia notevolmente l’afflusso di persone a piedi che per accorciare il tragitto tentano l’attraversamento. Quella mattina la vittima doveva recarsi a Milano per una visita medica, come ha ricordato la figlia in aula: «Era un uomo vitale e del tutto autonomo, tanto che viaggiava tranquillamente da solo. Doveva prendere il “6 e 50“ per Cadorna».
Un treno su cui il povero Erminio Corti non è mai salito. La sentenza il 31 maggio.
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