Prosciolto il varesino che rischiava 3 anni di carcere per avere il cellulare in tasca

La decisione del tribunale di Varese dopo la pronuncia della Consulta che ha dichiarato incostituzionale un articolo che prevedeva lo smartphone come oggetto vietato per i colpiti da “avviso orale“ del questore

Generica 2020

La legge parte – di solito – con le buone intenzioni. Ma spesso un’interpretazione troppo letterale produce rigidità non al passo coi tempi e dunque potenziali guai per i cittadini. Tuttavia il nostro sistema di garanzie costituzionali quando entra in funzione riesce a correggerne l’applicazione, riportando sulla “retta via“ norme pensate bene ma che spesso si traducono in pasticci applicativi.

Una premessa d’obbligo che però si era tradotta tempo fa in una pendenza importante per un giovane varesino colpito dalla misura di sicurezza dell’«avviso orale» del questore: si tratta di una norma che si applica quando c’è il rischio concreto che qualcuno, già gravato anche solo da indizi, possa avvicinarsi ad ambienti che lo pregiudichino del tutto, così da rappresentare anche un potenziale rischio per la società.

Fra queste norme c’è in famigerato articolo 3 comma 4 del decreto legislativo 159 del 2011 che stabilisce pene severe (fino a 3 anni e grosse multe) per chi contravviene ad una serie di divieti, fra i quali «il divieto di possedere o utilizzare, in tutto o in parte, qualsiasi apparato di comunicazione radiotrasmittente (…)».

Il giovane varesino, oggi 23enne e colpito da questo avviso orale era stato trovato nel 2021 con un normalissimo telefono cellulare in tasca durante un controllo di polizia; quando il suo nome è stato “passato“ in tempo reale nella banca dati interforze (è il controllo cui qualunque cittadino può essere sottoposto e costituisce il trascorso dei “precedenti di polizia”: dalla richiesta di documenti appunto ad una semplice verifica in auto), gli agenti di pattuglia hanno scoperto della misura e hanno messo a verbale che il fermato aveva un telefono.

Parte la notizia di reato in Procura e si attiva l’azione penale che porta il ragazzo davanti al giudice. Ma nelle more del procedimento è accaduto che proprio per quella norma che avrebbe probabilmente portato il giovane alla condanna fosse stata abrogata.

La decisione è stata invocata dall’avvocato difensore Paolo Bossi che ha così ottenuto il proscioglimento del suo assistito.

La Corte Costituzionale con sentenza 20 dicembre 2022 – 12 gennaio 2023, n. 2 (in G.U. 19 s.s. 18/01/2023, n. 3) ha dichiarato infatti «illegittimità costituzionale dell’art. 3, comma 4, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 (Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13 agosto 2010, n. 136), nella parte in cui include i telefoni cellulari tra gli apparati di comunicazione radiotrasmittente di cui il questore può vietare, in tutto o in parte, il possesso o l’utilizzo».

Andrea Camurani
andrea.camurani@varesenews.it

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Pubblicato il 10 Marzo 2023
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