Brissago Valtravaglia celebra il 25 aprile
Con una cerimonia semplice ma sentita, dapprima davanti al cimitero di Brissago e di seguito lungo la via del Margorabbia. Le parole del professor Carlo Banfi

Anche Brissago Valtravaglia ha celebrato ieri, martedì 25 aprile, il 78esimo anniversario della Liberazione.
(A cura del professor Carlo Banfi)
In questa occasione il Sindaco Maurizio Badiali e alcuni Amministratori Comunali, con la presenza degli alpini – sempre sull’attenti quando si tratta di testimoniare i valori umani – e dei cittadini, hanno deposto delle corone di alloro per i caduti della Resistenza.
Cerimonie semplici ma sentite, dapprima davanti al cimitero di Brissago, con la lapide che ricorda i cinque partigiani della Gera di Voldomino lì fucilati nella tarda mattinata del 7 ottobre ‘44, e di seguito lungo la riva del Margorabbia, accanto alla ciclabile, col cippo che rende onore ai volontari del San Martino, lì sepolti e martoriati in una fossa comune, ritrovati per un caso fortuito ai primi di aprile ‘44 dall’allora bambino Bernardo Pastori – ancora vivente mentre si recava con madre e conoscenti a Mesenzana.
Il breve ricordo che affiora durante la prima sosta, attinge alla viva testimonianza di chi c’è ancora e ha visto quei cinque giovani partigiani: scalzi, in pantaloncini corti e magliettina, mani legate dietro la schiena col fil di ferro, in una giornata nera anche per la pioggia di quell’ottobre ‘44. “Uno, imprigionato ancora alla sedia, pur nella morte, aveva gli occhi sbarrati: erano azzurri come il cielo, non di quel giorno. A volte mi riappaiono nel sonno e mi costringono al risveglio di soprassalto” mi ha testimoniato M.D.V.
Le lacrime del cielo hanno lavato il loro sangue che si è rimescolato con il rigagnolo vicino, mentre il fango della terra li ha deturpati, perché abbandonati a monito dove sono caduti, col conforto del parroco don Paolo Balconi che ne ha raccolto le ultime parole e non li ha lasciati per un solo istante quando hanno chiesto il suo intervento. Accanto a loro ha percorso l’ultimo tratto del calvario che li conduceva alla ‘crocifissione’.
Per quanto accaduto stanno emergendo gravi responsabilità sulla figura di chi ne era a capo. Mentre per gli otto partigiani della fossa comune non resta che ammirazione. Col loro comandante, il colonnello Carlo Croce, a metà novembre ‘43 hanno affrontato a viso aperto tedeschi e fascisti, risorti dopo l’armistizio dell’8 settembre con la Repubblica Sociale Italiana.
Terribile anche la morte di questi otto giovani. Tre di loro ancora oggi rimangono senza nome! Erano consapevoli di quanto poteva loro accadere quando hanno ingaggiato uno scontro impari, col coraggio del cuore, contro forze tedesche e fasciste preponderanti. Onore e testimonianza a questi eroi del quotidiano, che al momento di schierarsi non hanno fatto un passo indietro e hanno pagato con la vita. Se oggi l’Italia è una Repubblica Democratica lo deve anche al suo popolo che ha rifiutato la dittatura e le guerre scatenate contro le genti libere dell’ Europa e del mondo intero.
Viva il 25 aprile!
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