“Ho un figlio autistico e per lo Stato sono solo una mamma immortale, caregiver volontaria e bancomat”
Negli Stati uniti, dove la diagnosi è più strutturata, risulta un caso ogni 36 nati. In Italia il sistema si affida al welfare famigliare, infantilizzando all'infinito il modello di presa in carico

«Il 2 aprile? È una data come un’altra, un giorno come tanti, una ricorrenza che ribadisce il tuo ruolo di pilastro di un sistema che ti tratta come un highlander, un bancomat, un volontario. Anche la recente legge innovativa approvata in Regione Lombardia sui care giver, dove è stato specificato ”volontario”, sottolinea la nostra condizione. Ma davvero siamo care giver volontari? Davvero vogliamo essere noi a occuparci in tutto e per tutto, senza avere supporto, se non qualche briciola, senza sollievo e, soprattutto, senza un dopo di noi sicuro?».
MADRE E CAREGIVER A 360 GRADI, 365 GIORNI ALL’ANNO, 24 OPRE SU 24
Cristina Finazzi è madre di Leo, affetto da un grave disturbo dello spettro autistico. La diagnosi è coincisa con la fine della sua attività lavorativa e delle sue ambizioni di carriera. Oggi è “solo” una madre, caregiver a 360 gradi, 365 giorni all’anno, 24 ore su 24: « È mio figlio ed è mio compito seguirlo come tutti i genitori. Ma affronto quotidianamente problemi e ostacoli diversi e impegnativi. Purtroppo, nonostante giornate come quella del 2 di aprile, viviamo in una società che pensa ancora per stereotipi, con una concezione superficiale di diversità. Se parliamo di disturbi dello spettro autistico, invece, parliamo di esperienze molto diverse, dalla più lieve alla più grave neurodivergenza. Il ribaltamento della narrazione non è prevista e non avviene mai. Eppure non deve essere difficile se anche quei ragazzini di Genova si sono rifiutati di andare in gita senza il compagno autistico…».
UN MONDO MIGLIORE PER LEO COSTRUITO DA SOLA E A SUE SPESE
Cristina ha costruito piano piano, tassello dopo tassello, un mondo migliore per il suo Leo: il cane Aaron, un Labrador addestrato che è il miglior amico del figlio, la bicicletta speciale con cui scorazza lungo la ciclabile del lago a Gavirate, gli amici ristoratori dove vanno a pranzo fuori, visite a musei, escursioni e vacanze nel tempo libero.
«Tutto quello che ha Leo oggi, l’ho costruito e l’ho cercato io e lo sto pagando personalmente, a parte i due voucher per la disabilità grave che sono stati riconosciuti dalla Regione. Chi ha una forma di autismo di primo o secondo livello ha solo contributi minimi dagli enti locali. Quindi chiedo, chi non ha disponibilità economiche, cosa può proporre a suo figlio? Come aver fiducia nelle istituzioni che ti trattano così? Che non cambiano prospettiva, che non credono nell’inclusione, che si vantano di aver approvato una legge in favore dei care giver volontari a cui non riconosceranno alcun sostegno previdenziale?».
UNA VITA IN SIMBIOSI PER L’INFANTILIZZAZIONE DEL MODELLO DI PRESA IN CARICO
Leo va regolarmente a scuola, ha vissuto gli anni della primaria in un ambiente accogliente e con compagni attenti, ma ora va alle medie ed è tutta un’altra storia. Ambientarsi non è semplice per lui e vanno ancora definite bene le “misure” d’inserimento: « Non abbandono mai il cellulare perchè devo essere reperibile in ogni momento – commenta Cristina – Vivo in simbiosi perenne. Ma se dovessi ammalarmi? Se dovesse succedere qualcosa? Perchè si punta tutto e solo sulla madre? Pietismo, sorrisi di consistenza, ma la questione identitaria di noi mamme care giver interessa a qualcuno? Dobbiamo rinunciare a tutto , anche alla nostra dignità? È un sistema che poggia sull’infantilizzazione perenne del tuo ragazzo semplicemente perchè non si è stati in grado di costruire un modello differente da quello del legame madre-figlio».
UN CASO DI AUTISMO OGNI 36 NATI E UN AUMENTO DEL 317% DA INIZIO SECOLO
Nel mondo sono in deciso aumento le stime relative alle neurodivergenze: negli Stati Uniti si parla di 1 ogni 36 nati con un aumento del 317% rispetto al 2000: « La scienza hai fatto passi avanti. La diagnosi precoce è fondamentale. Intervenire con modelli efficaci e univoci, in un contesto naturale di partecipazione di tutti gli attori coinvolti, garantisce risultati molto positivi. Invece si continua a procedere per pezzettini, su stereotipie. Basta un nì da parte di qualcuno e tutto il castello si infrange. La strada è sempre più in salita, a mano a mano che mio figlio diventa grande si complica tutto perchè si frammenta ancora di più. Qualunque richiesta tu avanzi, non ottieni mai una soluzione. L’unica fiducia ci arriva dai bambini e dal loro sguardo aperto e sincero: i compagni di Leo erano bravissimi a capirlo e a interpretare i suoi segni».
« Io vorrei che per questo 2 aprile si attuasse un ribaltamento dello sguardo. Noi possiamo fare poco e spero che siano gli altri a dimostrare cosa hanno colto. Servono comunità di prassi, far sì che le cose avvengano, le parole non bastano più. Quella 5Q della scuola di Genova è il modello : basterebbe davvero poco se tutti ribaltassero la propria prospettiva».
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