Il difensore dei pazienti dell’Asst Valle Olona: “Case e ospedali di comunità? Oggi sono solo un bluff”
Dal 2017 è responsabile dell'Ufficio di Tutela Pubblica e assiste i cittadini nei problemi legati alla sanità. Parla delle difficoltà degli ospedali legata a una comunicazione affrettata sull'ospedale unico
Com’è lo stato di salute della sanità italiana e lombarda in particolare? Quali sviluppi? Quali modelli?
Abbiamo rivolto le domande a diversi operatori della sanità. Ascoltiamo l’opinione del responsabile dell’Ufficio di Pubblica Tutela dell’Asst Valle Olona, una figura nata per garantire i diritti dei cittadini in campo sanitario
Il dottor Giorgio Reguzzoni è il responsabile dell’Ufficio di Pubblica tutela dell’Asst Valle Olona dal 2017. Venne nominato dall’allora direttore generale Brazzoli e da allora si occupa di difendere i diritti dei pazienti dell’azienda ospedaliera bustocca. «Prima il mio ufficio era di fianco a quello dell’Urp ma, con l’arrivo del covid, è stato chiuso e non ha mai più riaperto. Ma questo non è un problema perché si lavora soprattutto con le email o al telefono».
Il compito dell’UPT è quello di ascoltare e aiutare chi non ha trovato soddisfazione dall’URP: « Cerco le risposte e le soluzioni ma, nel caso non riuscissi a trovare soddisfazione, mi rivolgo al Difensore civico regionale che è il massimo organo di garanzia di tutela dei diritti dei cittadini».
La media delle richieste si aggira tra le 30 e le 40 all’anno: « Non è un servizio molto conosciuto ma a me sono arrivate domande di vario genere. Nel 2020 erano incentrate soprattutto sulle richieste di tamponi poi si sono aggiunte quelle sui vaccini. Ora la fase dell’emergenza è superata e si ripropongono questioni più generali: difficoltà a prenotare visite, a pagare il ticket, disservizi sulla scelta e revoca del medico curante oppure persone straniere che non ricevono la tessera sanitaria. Sono tutte questioni che cerco di risolvere con l’ufficio relazioni con il pubblico. Sul fronte puramente assistenziale sono tre i più corposi gruppi di domande: i tempi d’attesa, i pazienti psichiatrici e la carenza di medici di medicina generale. La prima voce, a dire il vero, è abbastanza scarna, probabilmente perchè questo ufficio non è molto conosciuto, però devo ammettere che non abbiamo grande possibilità di trovare soluzioni: ci sono poco medici e c’è un tetto alle prestazioni che vincola gli ospedali, oltre alla quota coperta dal pubblico non si può andare. Più complesso è il campo psichiatrico perchè noi tuteliamo i diritti degli assistiti : ci riferiscono di provvedimenti TSO impropri, di richieste di assistenza non corrisposta o l’allontanamento dal servizio. Poi ci sono le domande che riguardano la carenza dei medici curanti sul territorio. Oggi ci sono vere criticità come, per esempio, a Castellanza o nel Saronnese , poi ci sono i pazienti che si lamentano che i propri medici non li ricevono più ma fanno solo “teleconsulto “, che oggi è previsto dal Ministero ed è anche incentivato, ma che è indubbiamente meno efficace rispetto alla vecchia visita che si faceva in ambulatorio».
La sanità, anche secondo il dottor Reguzzoni ( nella foto sopra) , oggi non gode di buona salute: « Devo chiarire che non abbiamo segnalazioni di mala sanità. Quando si parla di acuzie, di situazione gravi, la risposta degli ospedali è sempre eccellente. I problemi sono più sul territorio. Gli ospedali fanno un ottimo lavoro ma si accollano pezzi che dovrebbero essere di altri. Le case e gli ospedali di comunità potrebbero essere delle soluzioni ma, secondo me, oggi sono un bluff. Si sta semplicemente dando gli stessi servizi di prima con un altro nome. Nelle case dovrebbero entrare i medici di medicina generale che, però, si rifiutano. Se manca il personale come si possono garantire più servizi? Le idee sono buone, è giusto potenziare il territorio per permettere agli ospedali di fare solo l’acuzie e le emergenze, ma oggi c’è un problema di personale e qualsiasi misura di potenziamento che venga decisa avrà bisogno di almeno 5 anni di attesa perché si completi la formazione. Oggi i giovani sono più concreti di quelli della mia generazione, figlia del ’68. Hanno una visione del lavoro meno poetica e più professionistica. Occorrerebbe trovare una via di mezzo perché quella del medico rimane un lavoro altruistico. L’unica soluzione che vedo, al momento, è ottimizzare quello che c’è: individuare le patologie a maggior rischio e interesse e approntare o aggiornare i piani diagnostico terapeutici. La carenza di medici potrebbe essere in parte corretta con la possibile e già ventilata riforma del percorso di specializzazione. Anche quelli della mia età hanno seguito i corsi universitari di specialità mentre lavoravano in ospedale. Ovviamente ci dovrebbero essere delle sostanziali modifiche rispetto al passato».
Il dottor Giorgio Reguzzoni, però, sta assistendo a un progressivo impoverimento degli ospedali dell’Asst: « Questi ospedali pagano gli errori di una comunicazione affrettata. Si parla di ospedale unico ormai da anni: in sé è una buona cosa perché la nuova costruzione sarà moderna, efficiente, sostenibile. Ma prima del 2031 non ci sarà. Nel frattempo? La gente è logorata dal continuo chiacchiericcio. Se ci mettiamo la penuria di medici e l’alta concorrenza, la crisi è assicurata».
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Quale futuro per la sanità? Considerazioni e proposte dei professionisti della salute
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