Il “fantasma del deserto” torna a Volandia
Dopo alcuni anni di assenza, il museo del volo vicino a Malpensa ri-allestisce un padiglione di grande impatto: quello che ricostruisce il ritrovamento nel 1960 di un bombardiere disperso nel deserto libico vent'anni prima
Il “fantasma del deserto” torna a Volandia: al museo dell’aviazione vicino a Malpensa sarà nuovamente la scena che riproduce il ritrovamento del bombardiere SM79 nel deserto della Libia.
«Ricostruiremo la scena del deserto com’era» dice Luciano Azzimonti, vicepresidente di Volandia. Il grande “diorama” era una delle scene di maggiore impatto nei primi anni di apertura di Volandia: un’intera ala del museo era stata trasformata in un pezzo di deserto, con il relitto dell’aereo italiano e accanto l’elicottero dell’Eni che consentì di recuperarlo.
Iniziamo proprio da qui a raccontare la storia: il 5 ottobre 1960 un elicottero dell’Eni, usato per le operazioni di collegamento verso i campi petroliferi, avvistò nel deserto libico i resti di un bombardiere SM79 “Sparviero”, costruito dalla Siai Marchetti.
Le ricerche erano partite dal ritrovamento, nel luglio 1960, del corpo di un militare, l’aviere Romanini, che faceva parte dell’equipaggio. L’aereo venne infatti identificato con sicurezza, come l’esemplare MM 23881 della 278ª Squadriglia Autonoma Aerosiluranti, scomparso nel 1941, probabilmente per un errore di navigazione. All’interno del velivolo si trovavano gli scheletri degli altri membri dell’equipaggio.
L’elicottero Agusta Bell dell’Eni
La scena ricostruita a Volandia (usando un altro relitto di Sm79) raccontava – e racconterà ancora – ha sempre attratto tutti i visitatori, per la particolarità dell’ambiente, per l’intensità della vicenda che trasmette. E ha anche un elevato valore perché mette in mostra due velivoli legati alla zona di Malpensa e del Varesotto, l’Sm79 della Siai Marchetti e ancora più l’elicottero, un Agusta Bell 47J dell’Eni, il primo velivolo ad ala rotante prodotto in Italia, su licenza.
L’AB 47J del 1967 è un esemplare originariamnte fornito ai Carabinieri, qui esposto negli sgargianti colori dell’Eni e con le marche I-MIN dell’esemplare che ritrovò il bombardiere nel deserto.
Lo “Sparviero” del Libano
Il vero elemento di richiamo è però l’SM79, il relitto che mostra le sole parti metalliche, mentre gran parte del rivestimento – in tela o in legno – era stato eroso dall’azione degli agenti atmosferici nei quasi vent’anni tra la scomparsa e il ritrovamento.
Il relitto dell’Sm79 non è quello rinvenuto nel deserto, ma un altro esemplare, che racconta un’altra storia anch’essa avventurosa: «Si tratta di uno degli esemplari ritrovati in Libano dal generale Angioni» racconta Azzimonti. Siamo negli anni Ottanta, quando bersaglieri e marò del San Marco vengono schierati come forza d’interposizione tra le forze contendenti nella guerra civile libanese.
Foto: Michele Bighignoli, Flickr, licenza CC BY-NC-SA 2.0La missione voluta dal governo Spadolini fu un grande successo di politica estera, rafforzando il ruolo dell’Italia, in un contesto molto difficile, dove anche l’ospedale da campo divenne un riferimento per la popolazione civile. Grazie alla fiducia conquistata dagli italiani fu poi possibile anche riportare in Italia ben tre Sm79, nel 1993: «Facevano parte di un lotto di quattro esemplari venduti dalla Siai al Libano nel 1948» prosegue Azzimonti. «Uno fu perso in combattimento con gli israeliani, ma tre furono recuperati: uno è questo esposto a Volandia, un altro è andato al museo Caproni nei colori libanesi, il quarto è a Vigna di Valle nei colori della Regia Aeronautica come riproduzione di un esemlare del “Gruppo Buscaglia”».
Un allestimento ritrovato
Insomma: l’allestimento che viene ricostruito a Volandia dopo alcuni anni di assenza è di grande valore, perché racconta davvero tanta storia.
L’esemplare di Sm79 esposto è di proprietà dell’Aeronautica Militare e il ritorno del “fantasma nel deserto” è dunque anche ben inserito nelle celebrazioni di quest’anno dei cento anni dell’Aeronautica Militare in Italia, che a Volandia è stato già onorato anche con l’apertura del nuovo padiglione dei jet AMI.
I lavori per il riallestimento sono già in itinere: un motivo in più per tornare nel museo vicino a Malpensa, sempre in evoluzione nel tempo.
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