Medico aziendale e preposto pagati dall’imprenditore non sono garanzia di salute e sicurezza in azienda
Il coordinamento dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza della Cgil scettico sull'efficacia dei medici aziendali e i preposti alla sicurezza
Attendere un provvedimento quando si parla di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro non è mai un buon segno. E così il coordinamento dei lavoratori per la sicurezza (Rls) della Cgil di Varese, in attesa dell’accordo Stato-Regioni, ci ha messo un po’ di sana ironia, intitolando l’incontro con i delegati alla sicurezza come la celebre opera teatrale di Samuel Beckett “Aspettando Godot”. (nella foto da sinistra: Elisabetta Bellissimo, responsabile Patronato Inca, Ivano Ventimiglia, Duccio Calderini e Vittorio Tripi)
IL MANOVRATORE CHE NON VA DISTURBATO
Al centro del dibattito due temi: il ruolo del preposto e quello delle rls nei processi di prevenzione e protezione.
Ivano Ventimiglia, responsabile del dipartimento salute e sicurezza della Cgil di Varese, coordinatore dei lavori, ha messo subito in evidenza uno dei problemi maggiori, ovvero il riconoscimento del ruolo del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e della sua operatività. «La prevenzione e la sicurezza nei luoghi di lavoro – ha sottolineato Ventimiglia – è un insieme complesso che coinvolge aspetti culturali, economici, produttivi ed organizzativi. Troppo spesso l’idea del manovratore che non va disturbato prevale sui vantaggi del lavoro di squadra, anche in termini di prevenzione e sicurezza. A fronte di questo, ancor più lodevole è l’impegno quotidiano dei rappresentanti dei lavoratori nei luoghi di lavoro. Delicatissimo poi è il ruolo del preposto, schiacciato tra responsabilità e limitati poteri decisionali e di spesa in termini di investimenti per la sicurezza. Confidiamo, poi, che finalmente il tardivo nuovo Accordo stato-regioni definisca i nuovi contenuti formativi, a partire da quelli per il datore di lavoro, arrivi e al più presto».
AUMENTANO LE DENUNCE DI INFORTUNIO
Al tavolo dei relatori era presente tutta “filiera” relativa alla sicurezza sul lavoro: Vittorio Tripi, direttore dell’Inail di Varese, Duccio Calderini, responsabile Psal Ats Insubria, Marco Bellumore responsabile dell’Ispettorato del lavoro di Varese.
I dati sono importanti per inquadrare il fenomeno e quelli forniti dal direttore dell’Inail di Varese indicano chiaramente che nel 2022 le denunce di infortunio sono aumentate del 16%, passando dalle 8514 del 2021 alle 9895 ne 2022.
«In questi numeri – ha specificato Tripi – soprattutto in quelli del 2022 ci sono infortuni legati al covid, mentre nel 2021 con l’adozione dei protocolli sanitari e con il piano vaccinale sono molti di meno. Nel primo trimestre del 2023 sono diminuiti gli infortuni in tutte le province Lombarde, ad eccezione di quella di Sondrio, in provincia di Varese sono calati del 22%, in quanto è diminuita la pressione del Covid nei luoghi di lavoro».
LA PIRAMIDE NON ESISTE PIÙ
«Dal punto di vista degli infortuni, la Lombardia è sicura, sebbene in Lombardia il rapporto tra infortuni e numero di lavoratori totali è più basso che in altre realtà in termini assoluti è ancora troppo elevato – ha commentato Giulio Fossati segretario della Cgil di Monza e Brianza -. Inoltre, leggendo bene i dati ci accorgiamo che sono in aumento gli infortuni mortali. Quindi la piramide di Heinrich (secondo cui prima di ogni infortunio mortale, per la stessa causa sono accaduti 29 infortuni e 300 incidenti, ndr) rischia di diventare un parallelepipedo. È dunque fondamentale che gli rls vengano riconosciuti per il lavoro che svolgono e per questo devono essere collegati agli organi ispettivi. Così come va tutelato il preposto e fatto diventare un punto di riferimento dell’azienda».
IL PREPOSTO
Sotto la lente di ingrandimento il ruolo del medico aziendale, sulla cui attività ci sono sempre mille dubbi in quanto pagato dall’azienda, e quello del preposto alla sicurezza, istituito con la nuova legge, figura divisiva e su cui ci sono una serie di critiche a partire dal fatto che anch’essa può essere remunerata dal datore di lavoro. «Ho l’impressione che nel momento in cui questa figura, che già cera, sia stata messa nero su bianco in una legge – ha concluso Calderini – ha consentito al datore di lavoro, che era sempre l’unico responsabile in caso di infortunio, di scaricare verso il basso la responsabilità. Penso che l’intento del legislatore fosse di rendere le cose più chiare facendo assumere a ciascuna figura la coscienza del proprio ruolo che in questo caso non è una formalità bensì un impegno vero».
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