Con Fortuna e Baslini il divorzio divenne legge. E non cadde al referendum.
La consultazione referendaria del 12-13 maggio 1974 confermava in Italia un processo di secolarizzazione della società civile che negli anni a venire avrebbe avuto altre tappe. Con la vittoria del NO la possibilità di scioglimento del matrimonio civile venne confermata

Alla fine degli anni Cinquanta del XX secolo il diritto di famiglia in Italia doveva essere considerato arretrato rispetto a quello di altri stati moderni. Nel nostro paese permanevano situazioni di grave disagio familiare alle quali la legge non era in grado di porre rimedio, complice una mentalità estremamente retrograda nella popolazione. Ancora nel 1958 la Corte di Cassazione sentenziava che un marito poteva proibire alla propria moglie di uscire di casa da sola e che non commetteva un reato percuotendola, se ella avesse disubbidito ai suoi ordini. L’adulterio era ancora un reato penale, ma con evidenti differenze di trattamento tra i due sessi. Nel 1965 fece poi scalpore la vicenda di Franca Viola, una ragazza siciliana che rifiutò il cosiddetto “matrimonio riparatore”, cioè la possibilità per l’uomo di evitare una condanna per violenza sessuale se fosse riuscito a sposare la propria vittima. Persisteva insomma una situazione di ‘ingessatura morale’ in una società dove il divorzio non era possibile ma dove allo stesso tempo si manifestavano forti elementi di contraddizione nei comportamenti familiari: uno studio cattolico nel 1961 stimava che per ogni mille abitanti esistessero mediamente in Italia 33 figli illegittimi, 30 separazioni giudiziali e 30 matrimoni civili. C’era già stato qualche flebile tentativo di regolarizzare il divorzio, ad esempio nel 1878 il primo era stato il deputato liberale Salvatore Morelli a presentare un progetto di legge su questo tema. In epoca fascista l’argomento era stato poi messo da parte, ma l’indissolubilità del matrimonio non era stata inserita nel Concordato del 1929, lasciando così qualche apertura.
L’affondo finale sul divorzio si ebbe poi nel dicembre del 1970 con l’approvazione della cosiddetta Legge Fortuna-Baslini, perché presentata rispettivamente dal socialista Loris Fortuna (1924-1985) e dal liberale Antonio Baslini (1926-1995). Questa era una legge che regolamentava lo scioglimento dei matrimoni civili, evitando pericolosi distinguo per i casi di colpa evidente da parte di uno dei coniugi, oppure anche di gravi problemi di salute mentale e di pene detentive in corso. Per questa ragione probabilmente l’impalcatura giuridica di questo importante provvedimento è ancora oggi invariata, avendo subito modifiche non sostanziali nel corso degli anni. Più complesso fu invece il problema politico che stava dietro la legge, fortemente voluta dalle forze laiche, ma osteggiata con impeto da cattolici, monarchici e dai neofascisti del Movimento Sociale.
Il problema era l’unità dei cattolici, che erano rappresentati non esclusivamente ma molto marcatamente dalla Democrazia Cristiana, i cui elettori si sarebbero certamente divisi nel referendum abrogativo. Questo venne immediatamente prospettato come minaccia ma era visto con il fumo negli occhi dalla Chiesa e dalla DC perché fu chiaro fin da subito che alle urne la legge non sarebbe caduta. Occorrevano politici di grande spessore ideale, tra i quali si distinse sul fronte cattolico Amintore Fanfani, ma anche capacità di contrattazione per evitare il muro contro muro. Singolare fu la posizione di Aldo Moro, che aveva una grande capacità di mediazione (la quale di lì a pochi anni gli sarebbe costata la vita) ma che guardava a sinistra ed era più aperto alle posizioni divorziste rispetto ad altri colleghi DC, come Giulio Andreotti. Questo fu uno dei motivi più seri per i quali il conservatore Giovanni Leone fu preferito in extremis a Moro come capo dello stato nelle elezioni del dicembre 1971. Fu allora alzata la posta mettendo in discussione il Concordato fra Stato e Chiesa e si cercò fino all’ultimo di portare avanti una legge sostitutiva che potesse evitare il referendum. Alla fine, quando lo scontro fu inevitabile dovette intervenire Paolo VI, il papa in persona si scomodò per dare una netta indicazione di voto per un SI nelle urne. Ma fu tutto inutile, la vittoria del NO fu evidente e la legge sul divorzio non fu abrogata, spaccando l’elettorato cattolico ed aprendo nel Paese la strada a nuove conquiste di taglio più marcatamente laico.
Scheda libro:
Giambattista Scirè – “Il divorzio in Italia, partiti, Chiesa, società civile dalla legge al referendum (1965-1974)” – Bruno Mondadori – 2007
TAG ARTICOLO
La community di VareseNews
Loro ne fanno già parte
Ultimi commenti
GrandeFratello su Arrivano i treni Varese-Milano Centrale. Ma solo per due giorni
Massimo Macchi su Tarip, le prime fatture fanno discutere. Coinger: "Una rivoluzione culturale"
PaGi su Si è ribaltato un altro grosso tir, traffico in tilt tra Somma Lombardo e Malpensa lungo la via Giusti
gokusayan123 su Si è ribaltato un altro grosso tir, traffico in tilt tra Somma Lombardo e Malpensa lungo la via Giusti
gokusayan123 su Nessun segno di pentimento, in carcere il 21enne accusato dello stupro di Busto Arsizio
andreabianchi su Donazione di organi, cresce il numero dei "no": i dati del Varesotto comune per comune
Accedi o registrati per commentare questo articolo.
L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di VareseNews.it, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.