Dal nanismo delle imprese familiari alla crescita sostenibile. “Imprenditori varesini siate salmoni non trote”
Esperti di finanza, imprenditori e docenti universitari si sono confrontati in un incontro organizzato dalla rivista "Economy" al Golf club di Luvinate. Giorgetti (Giovani Confindustria Varese): “Nel 2022 il 43% di PMI ha investito in digitalizzazione”. Gregori (AIDAF): “Nel Varesotto solo un'azienda familiare su 6 ha un leader con meno di 50 anni”
Il tema della dimensione delle pmi e della loro crescita è immanente nel dibattito economico italiano degli ultimi cinquant’anni. Dopo tanto discutere, gli ultimi dati Istat sulla dimensione di impresa confermano che il 95 per cento delle imprese sono di piccole dimensioni, con un massimo 9 addetti, ed impiegano il 44,5 per cento dei lavoratori totali.
Una situazione che farebbe pensare a un “nanismo” congenito, difficile da curare. Una diagnosi che deve fare i conti con un contesto economico in pieno cambiamento, sotto la spinta delle ingenti risorse del Pnrr in arrivo sui territori, dell’accelerazione innescata dal digitale e dalla metamorfosi green dell’economia globalizzata. E se di malattia congenita si tratta, si può cercare anche una cura. È quello che ha fatto la rivista “Economy”, diretta dal giornalista Sergio Luciano, organizzando al Golf Club di Luvinate (Varese) un incontro dal titolo “Pmi, da bonsai a baobab. La ricetta finanziaria per far crescere le pmi”.
IL QUARTO CAPITALISMO ITALIANO
Luciano, moderatore dell’incontro, ha esordito ricordando una scuola di pensiero che faceva capo a Mediobanca che non parlava di nanismo, ma teorizzava la natura particolare del cosiddetto quarto capitalismo italiano. Un universo costituito da 4mila aziende medie che, grazie alle loro virtù e ha una identità molto forte, hanno proiettato il Made in Italy con successo nel mondo.
Un aiuto a trovare la cura possono darlo le associazioni di categoria che nell’ecosistema svolgono un ruolo importante di abilitatore dei processi innovativi e di crescita.
Giovanna Gregori, consigliera delegata di Aidaf, Associazione italiana delle aziende familiari che ha appena festeggiato il venticinquesimo compleanno, parla di «crescita sostenibile».
«Aidaf fa ricerca e promuove un modello di impresa etica – ha spiegato Gregori – Le aziende firmano un codice etico e accettano di rimanere in un contesto che favorisce lo scambio di esperienze e di idee tra grandi e piccole imprese familiari».
A leggere i dati dell’Osservatorio Aub (Aidaf, UniCredit, Bocconi) la forte esigenza della provincia di Varese – caratterizzata, un po’ come tutto il territorio italiano, da una marcata ricchezza di aziende familiari – è avere anche una visione lungimirante che assicuri una solida continuità aziendale, oltre la generazione del fondatore, e una governance che permetta la costante crescita dell’impresa anche fuori dai confini del territorio.
Le aziende familiari lombarde sono 3.561, di cui una parte importante è localizzata nel Varesotto, che generano insieme un fatturato di 319 miliardi di euro ed impiegano 1,2 milioni di dipendenti. Un patrimonio importante che però è a rischio invecchiamento. «Più di un leader su quattro (26,7%) ha oltre 70 anni e il 27% ha un’età tra i 60 e 70 anni – ha spiegato la consigliera delegata di Aidaf -. Solo il 16,8% delle aziende familiari lombarde ha un leader con meno di 50 anni, dato che si è peraltro dimezzato nel corso degli ultimi 10 anni, passando dal 28,2 del 2010 al 16,8% del 2020. A riprova di questo progressivo “invecchiamento” dall’Osservatorio emerge che solo 1 su 3 ha un consigliere d’amministrazione sotto i 40 anni, mentre 2 su 3 non ne hanno».
LA SFIDA DEI GIOVANI IMPRENDITORI
Su un territorio in cui ci sono imprese arrivate alla sesta generazione, si pone un tema di transizione sia generazionale che nell’innovazione a cui il Gruppo giovani imprenditori di Confindustria Varese sta lavorando da tempo. Il presidente Martina Giorgetti, che è anche imprenditrice nel settore tessile, parla di «svolta culturale», riferendosi all’avvento del digitale e alla sostenibilità..
«Per il 2023 ci aspettiamo che a crescere siano soprattutto gli investimenti green nelle Pmi – ha detto la presidente dei giovani industriali -. Nelle realtà piccole si passerà da una quota del 23% del 2022 ad un 30% quest’anno. Per le medie il balzo in avanti sarà di tre punti percentuali: dal 56% al 59%. Creare un ecosistema favorevole all’innovazione e alla nuova imprenditoria, puntando su una cultura organizzativa moderna: è questo l’obiettivo del nostro Gruppo Giovani che si inquadra nella più ampia strategia di Confindustria Varese contenuta nel Piano #Varese2050 per la competitività del territorio».
Nel 2022 in materia di investimenti in innovazione, secondo i dati del Centro Studi di Confindustria Varese, il 43% delle aziende del territorio ha realizzato almeno un investimento in digitalizzazione una soglia che, secondo le previsioni, verrà confermata anche quest’anno con una quota del 44%. In tema di sostenibilità ambientale, invece, nel 2022, il 37% delle aziende ha effettuato almeno un investimento.
L’IMPRENDITORE FAMILIARE: TRA RAGIONE ED EMOZIONE
Sul fronte accademico, l’Università Liuc di Castellanza ha istituito Fabula, il Family business lab, che studia le imprese familiari. «Uno dei nostri ambiti di studio – ha detto il professor Salvatore Sciascia – è dedicato proprio alla tematica della crescita. Una nostra ricercatrice sta studiando il passaggio da pmi a grande impresa che secondo noi è un tema fondamentale. Gli studi più recenti, anche di natura psicologica, ci dicono che gli imprenditori familiari per finanziare la crescita cercano di fare leva prima sulle proprie risorse, poi al debito e solo in ultima battuta ai capitali di rischio esterni alla famiglia. L’imprenditore familiare non ragiona solo su un file di excel ma, accanto a considerazioni di natura monetaria, fa riflessioni di natura emozionale».
IL CASO
Tra le riflessioni fatte da Michele Foppiani, fondatore di Arcaplanet, la catena leader in Italia nella distribuzione di prodotti per animali da compagnia, quando era un piccolo imprenditore, c’erano due temi ricorrenti: l’apertura della visione e l’ampliamento dei confini per portare il proprio business oltre la Liguria. «Uscire dai limiti territoriali era un sogno – ha raccontato Foppiani – ed è rimasto tale fino a quando non ho incrociato sulla mia strada un piccolo fondo di investimento che mi ha fatto capire alcune cose basilari. La più importante è che l’azienda deve essere aperta e leggibile in qualsiasi momento per essere vendibile. È una condizione che può spaventare l’imprenditore, ma se vuoi crescere è fondamentale. Noi siamo cresciuti nel tempo fino a 400 negozi con fondi sempre più grandi e strutturati».
IMPRENDITORI, SIATE SALMONI E NON TROTE DI ALLEVAMENTO
Il territorio della provincia di Varese, nell’analisi del mid-cap investor Giovanna Voltolina, è interessante anche in termini di potenziale di sviluppo detenendo uno straordinario potenziale attrattivo in materia di private capital, fonte d’investimento che forse è ancora guardata con troppo timore dagli imprenditori. «Un po’ perché si ritengono soddisfatti delle dimensioni raggiunte, un po’ anche perché temono che l’ingresso di un investitore internazionale – ha spiegato Valtolina – possa “scippargli” il controllo, non comprendendo invece che un buon partner finanziario oltre che i capitali può apportare know-how organizzativo, governance e capacità di competere con successo su mercati allargati».
Il tema è dunque, come in un matrimonio, la scelta del giusto partner così come, suggerisce il mid-cap investor.
QUATTRO PAROLE CHIAVE
Mentre agli imprenditori varesini che mirano alla crescita, solida, ricca e transgenerazionale della propria azienda, Voltolina ha dato un consiglio in “quattro parole“. Crescita: l’obiettivo numero uno di un’azienda, che sia piccola, media o grande deve essere sempre la crescita. Una crescita costruita su basi sane in termini di rapporto investimenti/fatturato e con un piano a lungo termine e non invece, come talvolta accade, con una visione a 3 o 6 mesi. Innovazione: le aziende devono essere promotrici di progetti di innovazione al loro interno che servano all’azienda. Si parla di Esg, digitalizzazione, transizione green e altro, ma la domanda è: quale progetto è funzionale per la mia azienda? La Pmi deve essere essa stessa incubatore di idee e progetti che, in seno a essa medesima, possano confrontarsi con la quotidiana operatività e non applicarvisi come modelli teorici. Margini: un’azienda per poter rimanere competitiva nel tempo sul mercato deve esprimere margini adeguati. I margini riflettono in maniera molto semplice se il modello di business funziona e se il mercato che sia un cliente b2b o b2c riconosca il valore aggiunto e sia pronto a pagarlo. Quando i margini non ci sono dobbiamo chiederci perché, e farlo subito. Salmone: differenziarsi non è peccato, anzi. La vera natura dell’imprenditore è questa, come un salmone, nuota controcorrente, opera e lavora in maniera originale e contro abitudini, consuetudini e schemi.
«Quindi penso che per essere attrattivi agli occhi di un investitore che non voglia soltanto parcheggiare in un‘azienda il proprio capitale per poi raccoglierne, finché ce ne sono, i frutti a fine anno – ha concluso Giovanna Voltolina -, bensì a quelli di un mid-cap investor che intenda oltre che apportare denari, supportare l’azienda nella propria governance e organizzazione, anche verso i mercati internazionali allo scopo di una solida e marcata crescita, meglio essere un salmone, piuttosto che una trota di allevamento, che ingrassa, fintanto che può, seguendo i trend invece che innescarli, nel suo laghetto, ma pur sempre lì rimane».
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