Medici depressi, stressati e stanchi: “uno su due è in burn out”
È il risultato di un’indagine condotta su circa 2000 professionisti dalla società scientifica dei medici internisti Fadoi. Il Presidente professor Dentali: "Occorre rendere nuovamente attrattive tra i giovani le nostre professioni"
Un medico su due è in burn out. Va un pochino meglio tra gli infermieri: sono il 45%. La preoccupante fotografia è stata presentata nel corso del Congresso nazionale dei medici internisti in corso a Milano. È il risultato di un’indagine condotta su circa 2000 professionisti, tra chi presta la propria opera professionale dei reparti di medicina, quelli che da soli gestiscono circa un quinto dei pazienti ospedalizzati. L’incidenza di disagio è maggiore tra le donne, dove si fanno anche i conti con le difficoltà nel coniugare il tempo di lavoro con quello della famiglia.
«L’influenza del burnout sulle malattie professionali è un fatto oramai acclarato dalla letteratura scientifica – ha affermato il professor Francesco Dentali, Presidente Fadoi e Direttore del Dipartimento di Medicina interna dell’Asst di Varese – Il rischio di infarto del miocardio e di altri eventi avversi coronarici è infatti circa due volte e mezzo superiore in chi è in burnout, mentre le minacce di aborto vanno dal 20%, quando l’orario di lavoro non supera le 40 ore settimanali, salendo via via al 35% quando si arriva a farne 70. Evento sempre meno raro con il cronico sottodimensionamento delle piante organiche ospedaliere».
I medici si definiscono depressi, stressati e in perenne carenza di sonno per orari e carichi di lavoro molto intensi. Ad aggravare un clima già di per sé grave, c’è la percezione che tanta abnegazione non sia compresa, manchi la percezione di un impegno dove il numero di degenti e quello dei medici rende quasi impossibile instaurare un rapporto empatico con i pazienti. Senza dimenticare il carico massiccio di burocrazia.
Quasi il 50% di medici e infermieri in burnout pensa di licenziarsi entro l’anno, attratto da occasioni o meno impegnative o molto meglio remunerate.
Tra i coordinatori medici, dove in burnout è il 31,8%, chi pensa di licenziarsi entro l’anno è circa il 47,4%. Percentuali simili hanno i medici in corsia, dove però scende al 53% la sensazione di trattare adeguatamente in modo troppo impersonale i propri pazienti.
C’è però un dato positivo che emerge dalla ricerca: medici e infermieri si dicono ancora motivati e gratificati dal lavoro che svolgono nonostante tutte le difficoltà. La stragrande maggioranza dei medici e degli infermieri “sente di aver affrontato efficacemente i problemi dei propri pazienti” e di “aver realizzato molte cose nel corso della propria attività lavorativa”.
«E’ proprio da questo senso di attaccamento alla propria mission e dalla realizzazione di sé in un lavoro che, nonostante tutto e tutti, salva vite e aggiunge qualità agli anni di ciascuno che bisogna ripartire se veramente si ha a cuore il destino della nostra sanità pubblica – ha sottolineato il prof Dentali. – E per farlo occorre rendere nuovamente attrattive tra i giovani tanto la professione medica che quelle infermieristica. Portando a un livello di dignità professionale retribuzioni che sono tra le più basse d’Europa, ma riqualificando anche formazione e condizioni lavorative».
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