Processo Mensa dei Poveri: «Lara Comi va assolta, da lei solo un po’ di ingenuità”

Il difensore Gian Piero Biancolella ha ripercorso i reati contestati e ha provato a smontare le tesi dell'accusa sulla corruzione e la truffa: "Sicuri dell'innocenza di Lara Comi per tutti i reati contestati"

tribunale procura milano

Dopo anni di attesa (l’indagine risale al maggio 2019) è arrivato il momento per Lara Comi di portare in aula le “prove provate” della propria innocenza. È stato Gian Piero Biancolella, difensore dell’eurodeputata saronnese di Forza Italia, a propugnare davanti al collegio giudicante presieduto da Paolo Guidi le ragioni per cui deve essere pronunciata sentenza di assoluzione nei suo confronti nell’ambito del processo Mensa dei Poveri dove è accusata di corruzione e di truffa ai danni dell’Unione Europea.

Contratto Afol: non ci fu corruzione, al massimo concussione

Il difensore è partito dal reato di corruzione relativo al contratto per corsi di formazione dei dipendenti di Afol voluto dall’allora direttore dell’ente regionale Giuseppe Zingale che aveva dato incarico all’avvocatessa Maria Teresa Bergamaschi (amica e socia di Lara Comi). Secondo i giudici Zingale e l’allora capo occulto di Forza Italia in provincia di Varese Nino Caianiello, avrebbero ricevuto una mazzetta da 10 mila euro in cambio del contratto di consulenza da 80 mila euro.

Biancolella ha spiegato come sin dal 2015 il cda di Afol aveva individuato la necessità di aprire sportello europeo per aiutare i comuni a partecipare ai bandi Ue ma bisognava formare il personale. Le attività conferite alla Bergamaschi erano espressa volontà dell’organizzazione e Zingale doveva attuare questa decisione del cda e dell’assemblea. «È evidente che il contratto con l’avvocato era un atto dovuto. Le testimonianze raccolte dicono che la Bergamaschi era stata selezionata da procedure previste da Afol in maniera del tutto regolare. Il curriculum della Bergamaschi era impeccabile e anche il presidente dell’Organismo di Vigilanza ci ha detto che era tutto regolare».

Biancolella sega “le gambe” alla procura: ecco perchè Lara Comi non ha corrotto nessuno

A seguire Biancolella smonta le 4 gambe su cui si fondano le accuse dei pm: «Le dichiarazioni della Bergamaschi nei vari interrogatori sono confuse, contraddittorie e non possono essere prese in considerazione. Le intercettazioni non provano l’accordo corruttivo ma possono far pensare che ci sia una volontà di concussione da parte di Zingale e Caianiello nei confronti di Comi nell’ambito di un contratto regolare. Lara Comi rimanda al mittente l’eventuale richiesta sostenendo che se continuano a creare problemi la Bergamaschi non la rivedono più. I 10 mila euro della corruzione diventano poi 5 mila, ma ci sono contraddizioni e non continuità nel racconto dei fatti al punto che non si capisce come si crea la provvista. Poi ci sono le dichiarazioni dello stesso Caianiello al giudice che dice di non sapere come si erano messi d’accordo Comi e Zingale. Si tratta di un’accusa infamante che il tribunale deve respingere».

La truffa sullo stipendio del collaboratore: Lara Comi non c’entra e la retrocessione non c’è mai stata

L’altro reato importante che viene contestato è la truffa all’Unione Europea realtiva alla maggiorazione dello stipendio del collaboratore Andrea Aliverti: «È pacifico che il lavoro sia stato svolto regolarmente dal collaboratore. Lavorava più di quanto veniva pagato ed era dunque corretto dargli più soldi. Poi se lui aveva un accordo con Caianiello per la retrocessione, che comunque non è avvenuta, questo non c’entra con Comi. L’organo di controllo europeo riteneva lecito questo aumento di stipendio dopo un controllo accurato della produzione del collaboratore e ci sono le mail che lo provano. Abbiamo aggiunto al materiale documentale anche le mail intercorse tra Aliverti e Comi con le quali dimostravano il lavoro svolto».

Lara Comi vittima di un amico di cui si fidava ciecamente

Infine c’è il caso di truffa collegato ai contratti con il collaboratore Giovanni Enrico Saia. In questo caso Biancolella ripercorre la tesi che la stessa Comi aveva presentato quando ha testimoniato: «Non c’è alcuna prova che Lara Comi abbia intascato i soldi che spettavano a Saia mentre è evidente che l’amico e primo assistente Gravina e la moglie abbiano approfittato dell’amicizia di lunga data con l’eurodeputata per sottrarre i compensi di Saia per conto proprio». Un’ingenuità  quella dell’eurodeputata che Biancolella fa risalire al rapporto col terzo erogatore (una figura particolare che gestisce i soldi erogati dal Parlamento Europeo agli eurodeputati, ndr) Bernieri il quale gli avrebbe assicurato che tutto era sempre regolare: «Anche quando aveva soli 26 anni e si ritrovò eletta all’europarlamento e assunse la madre come assistente parlamentare: fu rassicurata da Bernieri ma poi dovette restituire i soldi».

Stessa ricostruzione ma finale diverso

Biancolella parte proprio dalle tesi della Procura cambiando, però, il finale: «Sposo completamente ricostruzione procura perché corrisponde a quel che io avrei rappresentato qui. Quello che cambia sono le conclusioni: i due contratti sono messi in atto con una modalità truffaldina da Gravina e dalla moglie Monica. Gravina si appropriava dei soldi del conto di Saia. Lui era deputato al controllo degli altri assistenti. La Comi ai fidava ciecamente di Gravina. Dove è il dolo?».

Orlando Mastrillo
orlando.mastrillo@varesenews.it

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Pubblicato il 29 Maggio 2023
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