“Riscatto personale e sicurezza sociale”, il valore del lavoro in carcere si svela in un convegno della Prefettura di Varese
Autorità e addetti ai lavori hanno dato vita alle Ville Ponti ad una mattinata ricca di riflessioni su "Carcere e lavoro: diritto, rieducazione, opportunità", titolo del convegno organizzato e promosso dal Prefetto Salvatore Pasquariello
I numeri parlano chiaro: chi durante la detenzione in carcere può lavorare ha un rischio di recidiva del 2%, per chi non lavora il rischio si impenna e arriva al 70%.
Basterebbe questo dato del Cnel – il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro – per spiegare l’importanza del convegno “Carcere e lavoro: diritto, rieducazione, opportunità” promosso dalla Prefettura di Varese, che si è svolto questa mattina al Centro congressi Ville Ponti con la presenza di tutte le autorità istituzionali, rappresentanti del Parlamento, operatori e imprenditori.
Ad aprire i lavori i saluti istituzionali del sindaco di Varese Davide Galimberti, del presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana, di quello della Provincia Marco Magrini e di Mauro Vitiello, presidente della Camera di Commercio di Varese . Il Prefetto Salvatore Pasquariello ha spiegato il significato di questa iniziativa, «il cui obiettivo – ha detto – è quello di mettere insieme idee e proposte dal territorio per fare sintesi e introdurre miglioramenti in un ambito che ha molti risvolti e coinvolge tanti soggetti», da chi sta scontando il suo debito con la giustizia a chi gestisce l’istituzione carceraria, fino al mondo del lavoro che, in particolare con le agevolazioni introdotte dalla Legge Smuraglia, potrebbe risolvere la carenza di manodopera, soprattutto in alcuni settori.
Sono entrati nel merito del quadro normativo l’onorevole Andrea Pellicini e il senatore Alessandro Alfieri, mentre Gianalberico De Vecchi, garante regionale dei detenuti, ha raccontato da testimone diretto il valore e l’importanza per chi è in carcere di avere un lavoro e dunque una speranza di un futuro una volta scontata la pena.
Molto belle le testimonianze coordinate da don David Maria Riboldi, cappellano della Casa circondariale di Busto Arsizio. Umberto ha raccontato il suo lavoro alla Croce rossa di Varese, mentre Antonio, in carcere a Busto, ha riscoperto la dignità del lavoro al birrificio artigianale The Wall.
Di grande interesse il racconto di chi questa esperienza la vive “dall’altra parte”, ovvero di chi si avvale di carcerati nelle sue aziende. Luca Spada, creatore di Eolo, ha raccontato come, dopo un incontro con la realtà del carcere di Bollate, nella sua azienda si sia passati dai 6 detenuti lavoratori del 2021 agli attuali 30, con ottimi risultati e reciproca soddisfazione. Gianluca Caruso, del Comune di Varese, ha invece portato l’esperienza dell’ente pubblico e ha sottolineato come mai, in questi anni di collaborazione, si siano registrate criticità e si sia raggiunto il livello di recidiva zero.
Il convegno è poi proseguito con un confronto su temi più specialistici con gli addetti ai lavori e si è chiuso con gli interventi di parlamentari varesini, consiglieri regionali, del provveditore regionale del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria Maria Milano e con le conclusioni affidate al sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro.
Alla fine di una mattinata intensa e ricca di temi, i partecipanti hanno chiuso il convegno assaggiando le specialità prodotte in carcere dalla cooperativa sociale “La Valle di Ezechiele”, che ha sede proprio nel carcere di Busto Arsizio.
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