Sarà del varesino Claudio Benzoni la scultura che ricorda a Grosseto la figura di Luciano Bianciardi
Con la scultura “Grande Libro” l'artista varesino Claudio Benzoni ha vinto il concorso "Un'opera d'arte su Bianciardi nel giardino della Biblioteca Chelliana di Grosseto”: la sua opera ricorderà il noto scrittore nella sua città di nascita
Con la scultura “Grande Libro” l’artista varesino Claudio Benzoni ha vinto il concorso “Un’opera d’arte su Bianciardi nel giardino della Biblioteca Chelliana di Grosseto la sua opera ricorderà il noto scrittore nella sua città di nascita.
La parte più nota della vita di Luciano Bianciardi – che è stato scrittore, giornalista, traduttore, bibliotecario, attivista e anche critico televisivo – si è svolta a Milano, dove lui si era trasferito con la sua seconda compagna e dove ha scritto nel 1962 il suo capolavoro “La vita agra” diventato poi anche un film diretto da Carlo Lizzani e interpretato da Ugo Tognazzi. Ma la prima parte della sua vita è stata a Grosseto, dove ha fatto il bibliotecario per anni, inventando tra l’altro il “Bibliobus“, una biblioteca itinerante per raggiungere con i libri anche le persone che vivevano in campagna.
«Bianciardi aveva a propria disposizione le parole e le usava per definire ciò che è indefinibile. Nel suo periodo professionale di bibliotecario a Grosseto, era parte attiva di una condivisione culturale collettiva – spiega Benzoni della sua opera – Per questi due motivi, e seguendo la forza dei suoi racconti intrisa di impegno politico e sociale, ho pensato alla realizzazione di un “Grande libero” in acciaio-Corten che mostrasse sulla sua superficie esterna i titoli e le date delle opere e dei suoi saggi più noti, e realizzare una narrazione che potesse scorrere fluida come magma incandescente che si raffredda nelle forme e nei contorni delle parole».
Questa scultura vuole mettere quindi in risalto «Il valore delle parole, della scrittura, come mezzi che l’artista possedeva per esprimere se stesso e comunicare il suo stato d’animo – continua l’artista – In aggiunta, l’opera, oltre a essere testimonianza della personalità dello scrittore e saggista, data la sua collocazione nel giardino della Biblioteca Chelliana luogo simbolo della cultura grossetana, rifondata e diretta dallo stesso Bianciardi, vuole essere anche simbolo di conoscenza e di linguaggio universale: espressione di un contesto, di un ambiente culturale, di un sistema di circolazione delle conoscenze».
Nella scultura i titoli delle opere di Bianciardi sono incisi e modulati in ritmi sottili di giochi di sovrapposizioni rigorosamente bilanciati, per creare un’armonia di piccole differenze che danno alla scultura maggiore plasticità, significato e libera interpretazione. Le parole, liberate dalla griglia tipografica, si convertono in nuove forme, suggeriscono immaginazione e inedite realtà. «La (s)composizione manifesta l’indipendenza del segno palesando forme libere – aggiunge Benzoni – allo stesso tempo, dà origine a nuove armonie ed equilibri di rapporti, attraverso i quali si possiamo ritrovare i valori espressi da Bianciardi: forza narrativa e “furore” dell’espressione artistica. Bianciardi, infatti, ha vissuto sull’orlo delle emozioni più profonde, la sua opera era ispirazione senza compiacimento, potente riflessione senza padroni: “non si accomodò mai dentro i rassicuranti confini della dottrina, non si abbandonò ad alcuna certezza precostituita, sempre in equilibrio precario sul filo di una anarchia spinosamente romantica” ha detto di lui Indro Montanelli sul Corriere della Sera nel 1962».
La scultura «Si presenta nella forma a tutti nota, quella di un grande libro che trasuda parole apparentemente ignote, ha la potenzialità per diventare punto di riferimento del giardino e allusione a qualcosa da scoprire per vivacizzare il dibattito. La sua dimensione (misura infatti tre metri, due metri e dieci di larghezza e un metro di profondità, ndr) è intenzionalmente pensata per confrontarsi con l’ambiente in cui esisterà, intende caratterizzarlo e farlo riconoscere maggiormente».
Le opere e i saggi di Luciano Bianciardi incisi sulla copertina del “Grande Libro” sono “Il lavoro culturale” (1957), L’integrazione (1960), La Vita Agra (1962), La Battaglia soda (1964), Aprire il fuoco (1969), I minatori della Maremma (1956) Da Quarto a Torino (1960) Daghela un passo avanti (1969), Viaggio in barberia (1969), Garibaldi (1972), E se la rivoluzione fosse già scoppiata (1969).
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