Spertini (Kpmg): “Attenzione, Esg non è una semplice certificazione di qualità”
La grande partecipazione di pubblico all'incontro organizzato in Liuc sul tema Esg rivela un bisogno di maggiore informazione. "Bisogna ridurre i molti standard e rating presenti sul mercato, spesso poco affidabili e sicuramente non comparabili"
All’università Liuc di Castellanza mercoledì 24 maggio si è tenuto un incontro sul tema Esg (Environment, Social, Governance). L’Aula Magna Bussolati era al completo, segno di un interesse forte per un tema di cui si sente molto parlare, a volte in modo confuso e approssimativo.
Tra gli organizzatori, oltre ai vertici dell’Ateneo, c’era anche Ivan Spertini socio Kpmg Italy.
Spertini, in aula quel giorno erano presenti oltre duecento persone tra professionisti, imprenditori, rappresentanti di associazioni di categoria e studenti. Tra i relatori c’erano tecnici che hanno preso parte ai lavori per la direttiva e i regolamenti in tema di Esg a Bruxelles. È l’evidenza di un forte bisogno di informazione precisa su quel tema?
«L’incontro è stato voluto dal presidente della Liuc Riccardo Comerio e dal rettore Federico Visconti. L’idea di fondo era quella di dare messaggi giusti attraverso relatori veramente informati su questi temi visto che oggi di Esg ne parlano tutti e molto spesso senza averne le effettive competenze. In questo modo si crea una grande confusione negli operatori su una materia già di per sè molto complessa. Quel giorno in Liuc c’era il meglio tra docenti, imprenditori, manager, professionisti, tra cui anche il rappresentante per l’Italia nel comitato Efrag che presso la Commissione europea ha stilato tecnicamente la direttiva Crsd/corporate social responsability e i reporting standard Esg europei che ci aspettiamo diventeranno il riferimento per tutte le società, banche e imprese non solo europee».
Dagli interventi in aula è emersa la necessità di fare chiarezza sugli standard. Quanto influenzano l’approccio Esg delle aziende?
«Bisogna ridurre i molti standard e rating presenti sul mercato, spesso, come dicevano i relatori, poco affidabili e sicuramente non comparabili. Ho molto apprezzato l’intervento del professor Cortesi che nella sua matrice strategica ha identificato quattro categorie di imprenditori-aziende: quelli che non fanno nulla, approccio legittimo posto che sei in grado di sostenerlo con il mercato, quelli che fanno molto e non comunicano, ovvero i makers, i champion che “fanno” e comunicano” e i green washers, ovvero quelli che “comunicano e non fanno nulla o poco”».
C’è bisogno di informazione soprattutto per smascherare i green washers, quelli che dicono molto e fanno poco. Ma chi sono i soggetti che rischiano di più?
«È rischioso per tutti. I green washers hanno un approccio non sano e furbesco e quando va bene un po’ troppo di marketing. Come diceva Cortesi tutto questo è molto pericoloso già oggi. Prendiamo il caso ormai stranoto di Fileni che ha dichiarato cose non vere nei fatti, sebbene dichiarandosi BCorp/ Società Benefit con una “autocertificazione”. Già questo suona di per sé poco “credibile”. Quando la trasmissione Report ha identificato questa situazione, le reazioni dei loro clienti sono state immediate. Da oggi con il reporting ESG obbligatori, con regole precise, quantitativo e soggetto ad Assurance indipendente, le false informazioni diventano ancora più pericolose nei confronti di clienti, banche con ricadute dal punto di vista legale».
C’è spazio per chi è in buona fede? Esiste il greenwashing involontario?
«Per chi è in buona fede e per poca competenza interna o approssimazione nell’affrontare il tema sia sinceramente convinto di fare cose positive per Esg, si ritrova invece a fare greenwashing involontario, non significa che sia meno pericoloso per l’impresa. Il tema della complessità degli standard e della materia si riflette inesorabilmente sugli effetti del greenwashing. È rischioso e bisogna fare grande attenzione».
Il vero rischio è dunque credere che Esg sia una semplice “certificazione di qualità”…
«E infatti non lo è. Con la sua complessità impatta tutti i processi aziendali e strategici e tutti i settori. È un rischio ma anche una opportunità per la continuità delle nostre imprese. Il suggerimento uscito dall’incontro in Liuc è di metterlo in cima alle priorità e di non rimandare ad avere su questa partita un approccio serio e professionale. Indipendentemente dalla normativa è già il mercato e i clienti che sempre più chiedono informazioni precise e verificabili».
Per evitare il greenwashing serve piú chiarezza sugli standard di rendicontazione Esg
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