Strade e ponti: intervista postuma a Mussolini, Puricelli e D’Annunzio

Il 26 marzo 1923, viene posta la prima pietra della prima autostrada del mondo, la Milano-Varese. Ripercorriamo con un’intervista postuma quegli anni, cercando un nesso coi nostri giorni

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È un milanese, l’ing. Piero Puricelli, a inventare le autostrade cento anni or sono. Il 26 marzo 1923, viene posta la prima pietra della prima autostrada del mondo, la Milano-Varese. Ripercorriamo con un’intervista postuma quegli anni, cercando un nesso coi nostri giorni (Nella foto: Franco Puricelli, figlio di Piero, con il piccone in mano a Lainate il 26 marzo 1923, durante l’inaugurazione dei lavori della prima autostrada del mondo).

Figlio di Angelo, imprenditore edile, con cave in Valceresio, Piero Puricelli nasce a Milano il 4 aprile 1883; nel 1906 si laurea in ingegneria meccanica presso il Politecnico federale di Zurigo; nel 1910 sposa Antonietta Tosi (erede del fondatore dell’azienda di meccanica Franco Tosi). Il Conte di Lomnago non è uno qualunque e ha tutte le carte in regola per passare alla storia.
Puricelli acquisisce una fama nazionale e internazionale in occasione della costruzione dell’autodromo di Monza. La storia racconta che, pur con progetto e finanziamento pronti, a tre mesi dall’inaugurazione non era stato dato nemmeno il primo colpo di piccone. Puricelli si offre di eseguire i lavori e di consegnare l’opera in tempo record.

In tre mesi vengono realizzati centomila metri quadrati di pavimentazione stradale, edificate le curve sopraelevate ed erette tribune per ventimila spettatori. L’autodromo di Monza viene inaugurato il 24 agosto 1922 con una parata di diecimila autovetture da tutta Italia. Il senatore Silvio Crespi, allora presidente della finanziatrice Banca Commerciale Italiana e dell’Automobile Club di Milano, afferma: “Permettetemi di dichiararvi, con orgoglio tutto italiano, che quanto è stato fatto qui in questo meraviglioso giardino della Brianza, circondato dalla grandiosa cerchia delle nostre Alpi, non poteva essere fatto altrove, perché solo in Italia si può così genialmente concepire, così fortemente volere, così perfettamente e rapidamente attuare”. Grazie a questo successo, la reputazione di Puricelli come visionario con idee troppo innovative, si trasforma rapidamente e lui, non senza dover superare forti resistenze, coglie l’attimo.

Domanda a Piero Puricelli. Qual è il clima che incontra il progetto di creare una coscienza autostradale? “Per risponderle le racconto un aneddoto. Un giorno cercavo di spiegare ad un celebre ingegnere gli inconvenienti della polvere e la rovina oltre che il pericolo che rappresentava per la viabilità [ndr. le strade non erano asfaltate]. L’ingegnere tentò di chiudere la discussione con questo olimpico argomento. Nelle nostre case abbiamo dei tappeti; la polvere rappresenta il tappeto della strada. Lo abbiamo e voi volete toglierlo!”. In effetti, il parco circolante dei veicoli a motore è in forte espansione, ma ancora talmente ridotto da non poter giustificare l’investimento necessario, 80 milioni di lire, per una tratta di pochi chilometri (ndr. alla fine, saranno necessari 90 milioni, uno scostamento che oggi ci faremmo la firma per le opere sia pubbliche che private). Ma la politica ha i suoi obiettivi di prestigio, orgoglio nazional-patriottico e motivazioni altre e oltre quelle strettamente economiche (vedi la corsa allo sbarco sulla Luna). Così, sulla spinta del trionfo di Monza, tutto cambia. Il nuovo governo, insediatosi il 31 ottobre 1922, vuole promuovere il mito della velocità come “motore del nuovo secolo”. Entrano in campo gli attori del mondo culturale, i futuristi come Filippo Tommaso Marinetti e il Vate.

Domanda a Gabriele d’Annunzio. Qual è il nome migliore con cui riferirsi alle nuove vie di comunicazione? “Auto-strada. L’automobile è femminile. Questa ha la grazia, la snellezza, la vivacità d’una seduttrice; ha, inoltre, una virtù ignota alle donne: la perfetta obbedienza. Ma, per contro, delle donne ha la disinvolta levità nel superare ogni scabrezza. Strada è ciò che rimane dell’espressione latina via silice strata, cioè via di pietra distesa”.

Domanda a Benito Mussolini. Cosa accade a Roma il 23 novembre 1922? “Durante l’incontro per la presentazione del progetto, sentitane l’esposizione da parte di Puricelli, regnando Vittorio Emanuele III, io Duce del Governo, ordino seduta stante al Ministero dei Lavori Pubblici di dare inizio immediatamente agli atti legislativi, fissando la data e il luogo dove io stesso vibrerò il primo colpo di piccone. Ricardo all’ingegnere il tempo di primato dei 90 giorni con cui la sua impresa ha appena completato l’autodromo di Monza, il più bello del mondo, e fisso in 500 giorni il termine per l’inaugurazione dell’autostrada”. Tant’è, che il 26 marzo 1923, a bordo di una Lancia Trikappa guidata da Puricelli, Benito Mussolini coordina il primo sopralluogo di inizio dei lavori.

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Piero Puricelli alla guida della Lancia Trikappa con Benito Mussolini e seguito a Lainate il 26 marzo 1923, per il sopralluogo dell’inaugurazione dei lavori della prima autostrada del mondo

Domanda a Piero Puricelli. Qual è la sua visione più ampia, di cui la prima autostrada è solo il primo passo? “Le autostrade rappresentano le vere grandi comunicazioni del nostro secolo. Esse debbono aggiornare la viabilità di ogni Stato alle esigenze del sempre crescente traffico a motore, costituire le vere vie maestre di oggi e di domani. Ma non basta che ogni Stato pensi a sé, una coordinazione è necessaria, perché l’avvio, che in ogni campo della vita odierna interessa la collettività, non può sempre coincidere con gli interessi dei singoli senza quindi dimenticare o minimamente sacrificare l’interesse di ogni Stato, ma anzi, con ciò maggiormente servendolo, occorre pensare all’Europa. Pensare all’Europa e tracciare su di essa una rete organica e razionale di comunicazioni autostradali che, seguendo la linea di maggior traffico, la doti di un sistema circolatorio pari ai bisogni della nostra epoca. L’Europa, che si è data in meno di 50 anni una rete ferroviaria formidabile, non può continuare a costringere il traffico a motore nelle angustie di un sistema stradale rimasto approssimativamente all’epoca dei carriaggi e delle salmerie napoleoniche. Le autostrade non sono strade di guerra, ma porte per la pace”. Puricelli incontra nel 1933 e nel 1937 Adolf Hitler per illustrare il suo progetto infrastrutturale paneuropeo. Ma la Germania del Terzo Reich ha priorità nazionaliste e va avanti per la sua strada, realizzando centinaia di chilometri di Autobahnen a doppia carreggiata, superando in modernità le autostrade italiane dell’epoca.

Domanda a Gabriele d’Annunzio. Come deve essere descritto ai posteri il Puricelli? “Egli monstrat iter nec fallit euntes (letteralmente “egli mostra la strada e non inganna i viandanti”), cioè indica il percorso sicuro e mostra la retta via, come fanno i grandi uomini che sono riferimento per tutti gli altri”.
C’è un ponte, non solo storico, che lega quei giorni ai nostri. La società di Puricelli realizza strade in tutta Italia, ma finisce in pesanti difficoltà finanziarie. Mussolini ordina ad Alberto Beneduce, primo presidente del neonato Istituto per la Ricostruzione Industriale (IRI), di procedere al salvataggio della Società Anonima Puricelli Strade e Cave. Nel 1936 l’IRI ne assume il controllo, risanandola in pochi anni. Nel 1940, Puricelli rinunciando al riscatto, viene liquidato e la società è ribattezzata Italstrade, che rimane un’impresa a controllo pubblico fino al periodo delle grandi privatizzazioni degli anni Novanta. Nel 1996 viene ceduta alla Astaldi, confluita a sua volta nella Salini Impregilo, oggi Webuild.

Chi sta facendo da capofila al progetto del ponte sullo Stretto di Messina, il ponte sospeso più lungo del mondo? Ovviamente Webuild e la storia ricomincia. Come ai tempi di Puricelli, le correnti, non solo dello Stretto, sono forti e in entrambe le direzioni, a favore e contro il progetto. Per realizzarlo serviranno donne e uomini che sappiano creare unità di intenti e una coalizione potente che colga l’attimo. Un ingegnere e una prima ministra ci sono. Serviranno un banchiere capofila, magari con un cognome evocativo, e un nostro agente in Europa, gentile e risoluto. Manca un vate, un narratore mistico-visionario, che sappia illuminare oltre le pur fondamentali questioni tecnologiche e tettoniche, oltre il campanilismo e le trappole delle fosche cosche. La pandemia, la Brexit, la guerra Russia-Ucraina, ci hanno insegnato e ricordato che, anche in un mondo proteso verso la iper-connessione digitale, la logistica fisica, la movimentazione delle cose e delle persone sono ancora fondamentali. Serve qualcuno che, in tempi di arso afflato ideale e di ubriacatura mediatica sull’imminente, ci faccia cogliere il senso immanente di un’opera d’arte per la cultura dell’unità d’Italia, stivale comodo e bello ai piedi dell’Europa, porta di transito sicuro con l’Africa dei migranti.

“Il vero progresso sociale non consiste nell’aumento illimitato della produzione, ma nella sua armonica distribuzione”, Aldo Moro.

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Pubblicato il 07 Maggio 2023
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