Così il Ris è risalito all’identità di Sergio Domenichini, a processo per l’omicidio di Malnate
Delle otto impronte trovate nell’incavo interno del vaso utilizzato per l’omicidio, quattro combaciano perfettamente con quelle rilevate in almeno altre tre occasioni al 67enne sospettato. Sorteggiati i sei giudici popolari per la corte d'Assise di settembre

Le indagini a testa bassa per cercare informazioni dai residenti, da qualcuno che avesse visto qualcosa di strano nella casa di ringhiera nel centro di Malnate. Ma anche la corsa per recuperare le immagini delle telecamere. E il paziente lavoro con le luci forensi nella casa dove venne trovato il corpo della vittima, la pensionata Carmela Fabozzi uccisa il 22 luglio 2022, colpita nove volte al capo con un vaso.
È il lavoro «scientifico» degli investigatori che ha dato i suoi frutti. Delle impronte trovate sul vaso blu col quale è avvenuto l’omicidio almeno quattro, sulle otto rilevate, corrispondono con quelle custodite nel casellario centrale del ministero dell’Interno e nella disponibilità della direzione centrale anticrimine della polizia di Stato.
E quelle impronte corrispondono a quelle di Sergio Domenichini poiché a quest’uomo erano state rilevate in almeno tre contesti diversi e in differenti momenti della sua vita: nel gennaio 2019 dai carabinieri (in particolare al «Roni» reparto operativo nucleo investigativo di Varese), nel novembre 2017 dalla squadra Mobile di Varese e nel 2007, ad aprile, dalla questura di Como, nel corso di un’identificazione.
Le attività di rilevamento delle impronte all’indomani dei molteplici accessi all’interno della casa di Malnate dove avvenne l’omicidio sono state a cura del reparto investigazioni scientifiche di Varese che ha trasmesso i reperti acquisiti in loco ai colleghi del Ris di Parma che hanno eseguito gli accertamenti dattiloscopici, cioè l’esame delle impronte digitali rinvenute. Impronte che hanno trovato riscontro nella banca dati «Afis» (acronimo inglese che corrisponde a “Sistema Automatizzato di Identificazione delle Impronte”), cioè un sistema centralizzato in dotazione alle forze dell’ordine che consente molto rapidamente di confrontare l’esito dei rilievi con quanto è disponibile nell’archivio dgitale. Una verifica fatta a breve distanza di tempo dagli investigatori, che una volta rintracciato Domenichini hanno chiuso il cerchio e applicato l’ordinanza di custodia cautelare in carcere.
Le impronte rinvenute, tuttavia, non sono sulla parte esterna del vaso – alto circa 30 centimetri e largo poco meno di 20 nella sua parte più panciuta – bensì nell’orlo interno. Cosa sia accaduto all’interno dell’appartamento nella casa di corte di Malnate è da ricostruire con precisione, così come i precisi rapporti che intercorrevano fra la vittima e l’uomo accusato di aver compiuto il delitto che la pm Anna Valeria Zini sostiene sia stato commesso con le aggravanti della crudeltà, dei motivi abbietti e futili e della minorata difesa. Ma la “firma” di quelle impronte trovate dai Ris all’interno del vaso rappresentano un elemento decisivo nelle indagini e costituiscono elementi oggettivi che verranno utilizzati nel processo per sostenere l’accusa. In aula il 20 settembre: la giuria popolare è già stata selezionata per la composizione della Corte d’Assise (composta da otto giudici, due togati e 6 popolari scelti nell’elenco fornito dai Comuni al Tribunale fra i cittadini che godono della pienezza dei diritti politici)
Antonio Crisafulli, l’uomo accusato favoreggiamento del Domenichini per averlo portato a disfarsi dei cellulari sottratti alla donna e di averlo accompagnato ad un compro oro di Varese è stato condannato a un anno e 4 mesi in primo grado con rito abbreviato.
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