Due richieste dei Comuni di frontiera: allargare la base per i ristorni e una gestione condivisa del fondo
L'Associazione dei Comuni italiani di frontiera propone due azioni che, spiega il èpresidente Mastromarino, "se ben condotte, sono la risposta migliore e concreta alle tematiche economiche, infrastrutturali e del mercato di lavoro nei territori transfrontalieri"
Ora che il nuovo accordo fiscale sui frontalieri tra Italia e Svizzera è stato ratificato ed è operativo, si tratta di perfezionare alcuni dettagli che per i Comuni della fascia di frontiera possono fare la differenza e incidere in modo positivo sullo sviluppo di questi particolari territori.
Per questo nei giorni scorsi si è svolto un momento di confronto in Regione, con l’audizione dell’Associazione Italiana Comuni di Frontiera presso la Commissione speciale “Valorizzazione e tutela dei territori montani e di confine – rapporti tra la Lombardia e la Confederazione Elvetica“.
L’audizione, che si è svolta su richiesta del Consigliere regionale Luigi Zocchi, si è concentrata su due questioni principali poste all’attenzione dei membri della Commissione, a seguito dell’approvazione in Senato della legge di ratifica ed esecuzione dell’accordo tra la Repubblica Italiana e la Confederazione Elvetica, relativo all’imposizione fiscale dei lavoratori frontalieri, di prossima pubblicazione ed entrata in vigore.
«La prima questione riguarda l’attribuzione dei cosiddetti ristorni ai Comuni di frontiera – spiega il sindaco di Lavena Ponte Tresa Massimo Mastromarino, che è presidente dell’associazione – La legge di ratifica, all’art.10 c. 5, stabilisce che il criterio del rapporto numero frontalieri/popolazione di un comune, adottato per l’attribuzione diretta dei ristorni, non possa eccedere la quota del 3%, inferiore a quella vigente oggi in Lombardia del 4%. Abbiamo chiesto di valutare se la stessa quota non possa essere ulteriormente ridotta al 2/2,5%, per allargare il numero dei Comuni direttamente beneficiari della attribuzione diretta».
La seconda questione riguarda la gestione del fondo, derivante dall’extragettito fiscale e istituito all’art. 11 della legge, destinato a finanziare progetti di sviluppo economico e sociale nella fascia dei comuni di frontiera e al sostegno delle remunerazioni nette dei lavoratori residenti e occupati nei comuni di frontiera stessi, il cosiddetto “assegno di frontiera“: «A questo riguardo . aggiunge Mastromarino – abbiamo chiesto a Regione Lombardia che con ACIF siederà al tavolo interministeriale che definirà i criteri per la distribuzione e l’impiego di tali risorse, di avviare un percorso di ascolto e di confronto attorno a questo importante provvedimento. Le due azioni, se ben condotte, sono la risposta migliore e concreta alle tematiche economiche, infrastrutturali e del mercato di lavoro nei territori transfrontalieri».
L’accordo fiscale sui frontalieri è realtà. Sarà in vigore dal 1 gennaio
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