Abuso d’ufficio utile “reato spia“, a Varese pochi fascicoli ogni anno

Riforma Nordio, i magistrati di Anm Varese spiegano i nodi di un disegno di legge annunciato dal Governo e che andrà a toccare anche il funzionamento dei tribunali minori

I diritti (sacrosanti e già protetti dalla Costituzione) del cittadino indagato; la necessità di alleviare il carico di “responsabilità” sugli amministratori che aggravati dall’incognita di un abuso d’ufficio e della relativa contestazione di quel reato rischiano di patire il “pericolo di firma”; le intercettazioni degli indagati; persino il contenuto dell’informazione di garanzia che non diviene più pubblicabile per i giornalisti; o la necessità di un “collegio gip” per decidere – previo interrogatorio – sulla concessione o meno della custodia cautelare in carcere sebbene per la sola esigenza cautelare legata alla pericolosità sociale (vedi possibilità che il reato venga reiterato).

Sono alcuni dei capisaldi che hanno spinto il ministro Carlo Nordio nel corso del consiglio dei ministri numero 39 a illustrare un disegno di legge di riforma della giustizia che oltre ad abrogare appunto l’articolo 323 del Codice Penale («abuso d’ufficio») va anche a toccare come anticipato diversi aspetti della procedura e del diritto penale che vengono in questi giorni passati al microscopio, meglio dire al setaccio, dagli esperti di diritto che col diritto lavorano, vale a dire i magistrati che aderiscono all’associazione nazionale magistrati, associazione rappresentativa dell’oltre il 90% della categoria, che anche a Varese ha una sua propaggine peraltro di ricostituzione recente.

E così fra convegni e incontri, ciascun magistrato cerca di spiegare nella maniera più efficace possibile la posizione di Anm, tuttora in stato di agitazione. Non è una protesta vera e propria. Piuttosto osservazioni che tuttavia pesano perché non fatte al bancone del bar, ma nelle aule di giustizia, dove ogni giorno è la legge che comanda.

Il pubblico ministero Lorenzo Dalla Palma, segretario di Anm Varese assieme al collega magistrato Marcello Buffa, giudice penale, hanno venerdì pomeriggio incontrato la stampa locale per esporre il punto di vista dell’Associazione su queste tematiche. Fra i diversi aspetti tecnici trattati ne risulta infatti uno in particolare, l’abrogazione dell’articolo del codice penale che tratta proprio dell’abuso d’ufficio, «reato spia», dicono, «che non grava assolutamente sul carico di lavoro dei magistrati. A Varese per esempio nei primi 6 mesi del 2023 risultano 5 iscrizioni a Modello 21 per questo reato», vale a dire con persone note iscritte nel registro delle notizie di reato, «11 risultano gli iscritti nel 2022, 18 nel 2021». Quindi niente, o quasi. Nessuna ricaduta sul carico di lavoro delle magistrature, dal momento che si tratta di un dato che ricorre nella media del Paese. Ma non solo.

L’abuso d’ufficio non riguarda solo la figura dei sindaci, ma anche, potenzialmente, di tutti i pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio che non necessariamente vadano ad operare per avere dei vantaggi meramente economici da una loro condotta, e neppure in merito ad un possibile accordo con chicchessia (altrimenti si sfocerebbe nella corruzione), ma semplicemente con un comportamento che oggi la legge prevede in questi termini in merito allo svolgimento delle funzioni o del servizio «in violazione di specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge o da atti aventi forza di legge e dalle quali non residuino margini di discrezionalità, ovvero omettendo di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto o negli altri casi prescritti, intenzionalmente procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arreca ad altri un danno ingiusto». In soldoni: certo il sindaco che volesse favorire qualche suo cittadino o avvantaggiarsi, ma lo stesso pubblico ministero che non esercitasse l’azione penale, o il funzionario che volesse favorire un concorrente nel corso di un concorso pubblico, o un incaricato di pubblico servizio che impiegasse la sua posizione per favorire un amico.

Insomma, una galassia di comportamenti che, nel caso di un “colpo di spugna” sull’abuso d’ufficio diventerebbero biasimevoli sul piano morale (forse) ma non più perseguibili penalmente, e sulle quali la magistratura non potrebbe andare a indagare e a compiere le opportune verifiche.

RIFORMA DELLA GIUSTIZIA

Modifiche al Codice penale, al Codice di procedura penale e all’Ordinamento giudiziario (disegno di legge)

Il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della giustizia Carlo Nordio, ha approvato, con la previsione della richiesta alle Camere di sollecita calendarizzazione, nel rispetto dei regolamenti dei due rami del Parlamento, un disegno di legge che reca modifiche al Codice penale, al Codice di procedura penale e all’Ordinamento giudiziario.

Di seguito le principali previsioni del disegno di legge.

Abrogazione del reato di abuso d’ufficio e modifiche al reato di traffico d’influenze illecite

Si abroga la fattispecie dell’abuso d’ufficio (articolo 323 del codice penale) e si introduce un’ampia riformulazione del reato di traffico di influenze illecite (articolo 346-bis), che rispetto alla norma precedente, prevede, tra l’altro, che:

  • le relazioni del mediatore con il pubblico ufficiale devono essere sfruttate (non solo vantate) e devono essere esistenti (non solo asserite);
  • le relazioni devono essere sfruttate “intenzionalmente”;
  • l’utilità data o promessa al mediatore deve essere economica;
  • il denaro o altra utilità deve essere dato/promesso per remunerare il soggetto pubblico o per far realizzare al mediatore una mediazione illecita (della quale viene data una definizione normativa);
  • il trattamento sanzionatorio del minimo edittale sale da 1 anno a 1 anno e 6 mesi.

Si rendono applicabili anche per il traffico d’influenze illecite le attenuanti per la particolare tenuità o per chi si sia efficacemente adoperato per evitare che l’attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, per assicurare le prove dei reati e per l’individuazione degli altri responsabili o per il sequestro delle somme o altre utilità trasferite.

Si estende al traffico d’influenze illecite la causa di non punibilità per la cosiddetta collaborazione processuale.

Modifiche al codice di procedura penale

Intercettazioni di conversazioni o comunicazioni

Si amplia il divieto di pubblicazione del contenuto delle intercettazioni, che viene consentita solo se il contenuto è riprodotto dal giudice nella motivazione di un provvedimento o è utilizzato nel corso del dibattimento.

Si stabilisce il divieto di rilascio di copia delle intercettazioni delle quali è vietata la pubblicazione, quando la richiesta è presentata da un soggetto diverso dalle parti e dai loro difensori, salvo che tale richiesta sia motivata dalla esigenza di utilizzare i risultati delle intercettazioni in altro procedimento specificamente indicato.

Si afferma il divieto per la polizia giudiziaria di riportare nei verbali di intercettazione i “dati relativi a soggetti diversi dalle parti, salvo che risultino rilevanti ai fini delle indagini”.

Si vieta al giudice di acquisire (nel cosiddetto stralcio) le registrazioni e i verbali di intercettazione che riguardino soggetti diversi dalle parti, sempre che non ne sia dimostrata la rilevanza.

Si stabilisce il divieto per il pubblico ministero d’indicare nella richiesta di misura cautelare, con riguardo alle conversazioni intercettate, i dati personali dei soggetti diversi dalle parti, salvo che ciò sia indispensabile per la compiuta esposizione. In modo corrispondente, si vieta al giudice di indicare tali dati nell’ordinanza di misura cautelare.

Interrogatorio preventivo rispetto alla eventuale applicazione della misura cautelare

Si generalizza l’istituto dell’interrogatorio preventivo rispetto alla eventuale applicazione della misura cautelare e si estende il principio del contradditorio preventivo in tutti i casi in cui, nel corso delle indagini preliminari, non risulti necessario che il provvedimento cautelare sia adottato “a sorpresa”. L’interrogatorio preventivo è quindi escluso se sussistono le esigenze cautelari del pericolo di fuga e dell’inquinamento probatorio. È, invece, necessario se è ipotizzato il pericolo di reiterazione del reato, a meno che non si proceda per reati di rilevante gravità (delitti commessi con uso di armi o con altri mezzi di violenza personale).

Si prevede l’obbligo del giudice di valutare, nell’ordinanza applicativa della misura cautelare e a pena di nullità della stessa, quanto dichiarato dall’indagato in sede di interrogatorio preventivo. Si prevede, altresì, la nullità dell’ordinanza se non è stato espletato l’interrogatorio preventivo o se quest’ultimo è nullo. L’interrogatorio di garanzia (oggi previsto dopo l’applicazione della misura cautelare) non sarà richiesto se è stato svolto quello preventivo. Una volta applicata la misura cautelare, in caso di impugnazione, il verbale dell’interrogatorio preventivo sarà inviato al Tribunale del riesame.

Collegialità del giudice della misura cautelare della custodia in carcere

Si prevede il giudice collegiale per l’applicazione della misura della custodia cautelare in carcere o di una misura di sicurezza provvisoria quando essa è detentiva. Per consentire l’adeguato rafforzamento dell’organico, si prevede che tali norme si applichino decorsi due anni dall’entrata in vigore della legge e l’aumento del ruolo organico del personale di magistratura ordinaria di 250 unità, da destinare alle funzioni giudicanti di primo grado, con autorizzazione a bandire nel 2024 un concorso da espletare nel 2025.

Informazione di garanzia

Sono inserite alcune innovazioni relative all’informazione di garanzia: si specifica testualmente che essa debba essere trasmessa a tutela del diritto di difesa dell’indagato; si specifica che in essa debba essere contenuta una «descrizione sommaria del fatto», oggi non prevista (è richiesta solo l’indicazione della norma violata). Si limita la notifica dell’atto tramite la polizia giudiziaria ai soli casi di urgenza. È espressamente sancito il divieto di pubblicazione dell’informazione di garanzia, finché non siano concluse le indagini preliminari.

Inappellabilità da parte del p.m. delle sentenze di proscioglimento: 

Si modifica la disciplina dei casi di appello del pubblico ministero, che attualmente consente d’impugnare le sentenze di proscioglimento, stabilendo che l’organo di accusa non può appellare le sentenze di proscioglimento per i reati oggetto di citazione diretta indicati all’art. 550 del Codice di procedura penale (contravvenzioni, delitti puniti con la pena della reclusione non superiore nel massimo a quattro anni o con la multa, sola o congiunta alla pena detentiva e altri reati specificamente indicati). Restano appellabili le decisioni di proscioglimento per i reati più gravi e le sentenze di condanna per i reati a citazione diretta nei casi in cui l’ordinamento vigente consente l’appello delle sentenze di condanna da parte del p.m. (per esempio: mancato riconoscimento di circostanze ad effetto speciale; riqualificazione del reato).

Corte d’assise

Si introduce l’interpretazione autentica di una disposizione relativa al limite di età per i giudici popolari della corte d’assise. Si prevede che il limite massimo di 65 anni di età, già vigente, debba essere considerato con riferimento al momento nel quale il giudice popolare viene chiamato a prestare servizio nel collegio.

Andrea Camurani
andrea.camurani@varesenews.it

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Pubblicato il 07 Luglio 2023
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