“Eppure mi sento bella”: Nadia ha vinto l’obesità e gli sguardi cattivi

"I lividi non fanno rumore" è il racconto di Nadia, cittadina di Varese dal febbraio scorso, che ha affidato a un libro la sua storia difficile e dolorosa perché sia da stimolo a quanti sono vittime di un corpo che fa soffrire

nadia elle scrittrice - foto  di Antonio Nesti , un fotografo di Varese
(nella foto la scrittrice Nadia Basile nello scatto di Antonio Nesti , un fotografo di Varese)

“L’obesità è la malattia di chi mette l’emotività nel cibo, l’obesità è la faccia dei disturbi alimentari che non riceve nessun genere di pietà da parte delle persone”.

È una storia difficile quella che Nadia Basile, in arte Nadia Elle, racconta nel suo libro “I lividi non fanno rumore”. È il racconto della sua vita, della sua battaglia contro l’obesità ma, soprattutto, contro la vergogna per un corpo divenuto la sua gabbia e un rifugio dalle cattiverie e dalle frustrazioni. 

Lo narra in prima persona, svelando particolari della sua esistenza che hanno contribuito a definirne il cammino: « Sin da piccola, ho affidato alle parole scritte la mia esistenza. Scrivere è una valvola di sfogo dove riesco a dire quello che a parole non riesco a esprimere. È la mia via per mettere nero su bianco quello che ho dentro».

UN’INFANZIA DIFFICILE

La vita di Nadia parte subito in salita, sin da piccola, in un paese del Meridione con molti vincoli e poche occasioni, in una famiglia sempre in bilico: 

“Ricordo problemi…ricordo solo quelli. Ricordo gli sfoghi su noi figlie. Ricordo di aver sentito mamma e papà molte notti a fare i conti, diverse volte a piangere e a cercare un modo per non perdere tutto. Mi ricordo di aver avuto 6 anni e di aver cambiato i pannolini a mia sorella, sole a casa, perché eravamo noi e basta…. Mi ricordo di aver iniziato a mangiare di nascosto allora e non mi ricordo cosa volesse dire essere una bambina magra da dopo quell’età”.

L’ARRIVO A ROMA E LA VIOLENZA

Quella realtà così faticosa la sprona a partire, a cambiare. Attirata dalla capitale Roma, una sera subisce una violenza:
“Roma mi aveva abbracciata bambina, vomitata adulta e poi spezzata. Di quella bambina piena di sogni non c’era più nulla se non un’immensa paura
di un risultato di un test Hiv”.

Ed è per superare la paura, la rabbia e il disgusto per il suo corpo violato che Nadia inizia a mangiare perchè nel cibo trova conforto.  Le scelte successive, l’incontro con quello che diventerà poi il marito, successivamente “ex”, la portano a cercare nel cibo una gratificazione assente nella quotidianità: “quelle endorfine mi diedero una sensazione enorme di benessere di cui avevo disperatamente bisogno in quel momento”.

NEL 2011 NADIA RAGGIUNGE IL PESO DI 110 CHILI

Nel 2010 Nadia, alta 1 metro e 60 cm, raggiunge i 90 chili, nel 2011 tocca i 110.
“Non riuscivo più ad allacciarmi le scarpe. Non riuscivo più a fare una rampa di scale senza avere il fiatone.
Non riuscivo più a mettere un vestito. I pantaloni non si allacciavano neanche più. E nemmeno ne trovavo della mia taglia. Le commesse nei negozi mi dicevano che per me non c’era nulla. … Eri solo quello grasso. Ero solo immensamente avvolta da una coltre di grasso, di immensa solitudine”.

Decide in quel momento che deve cambiare e si affida alla chirurgia. Non è fortunata e l’intervento le lascia un nuovo e devastante segno. Il matrimonio diventa sempre più soffocante, la sua vita a rotoli.

L’INCONTRO DECISIVO CON AMICI OBESI ONLUS

L’incontro con l’associazione Amici Obesi onlus le permette finalmente di cambiare davvero, di risalire la china.  Perde peso, riacquista le forme adeguate, ritrova voglia di vivere: « Ma quella pelle cresciuta a dismisura e diventata poi molle ha continuato a perseguitarmi – commenta la scrittrice –  Un uomo con cui ero uscita, dopo la fine del mio matrimonio, mi definì “un corpo a penzoloni”.
Gi attacchi al mio aspetto non erano mutati. Fu una frase dell’attuale presidente dell’associazione Ines Zani a illuminarmi: “Se anche dovessi fare interventi ricostruttivi, ti rimarranno comunque le cicatrici e continueranno a vedere quelle”. Da quel momento, ho deciso di accettarmi, andare d’accordo con il mio corpo, volevi bene e non permettere più a nessuno di ferirmi. Ho imparato a perdonarmi e a perdonare chi continua a offendermi.  Ho capito che non sarei mai stata perfetta in ogni caso, avrei portato addosso il peso del mio dolore e delle mie imperfezioni, nonostante tutto, nonostante me, nonostante gli altri».

Nel suo libro, uscito all’interno del Contest “Storyteller2023”, Nadia affronta le difficoltà, le sconfitte, le ingiustizie, la cattiveria che ha incontrato sulla sua strada:
“La cattiveria esiste, è connaturata in noi. Bisogna unicamente fare lo sforzo di guardare oltre, cercare una soluzione. Il fallimento a volte non è che una possibilità: è l’unica possibilità di imparare.  C’è sempre il tempo per rimediare”.

NADIA OGGI E’ UNA MODELLA

Nadia oggi vive a Varese, “ adoro profondamente la mia casa nel centro della città”, non nasconde più il suo corpo, posa per fotografi e in copertina del libro ha voluto mettere proprio il suo volto: « Il mio percorso di rinascita, anche se a me quel termine non piace perchè io sono rimasta me stessa, vuole essere di stimolo a quanti, oggi, si sentono persi e chiusi nella loro gabbia di grasso. L’incontro con Amici obesi onlus è stato per me fondamentale. Ho trovato chi sapeva ascoltare, capire, incoraggiare e sostenere come mai nella mia vita». 

LA BATTAGLIA CONTRO LA CATTIVERIA E IL PREGIUDIZIO

Insieme all’associazione, «unica riconosciuta in modo ufficiale», porta avanti la campagna contro lo stigma che pesa su chi è “ciccione”: « I disturbi alimentari sono solo quelli di chi non mangia nulla ed è magrissimo. Mentre chi riversa sul cibo la propria frustrazione in cerca delle endorfine è considerato un debole, un perdente da schernire. Ma dietro la ciccia c’è una persona che lotta con la vita e i suoi fantasmi e si affida al cibo per non soccombere».

Il contorto, doloroso e difficile percorso di Nadia oggi è arrivato a un punto di equilibrio:
“Ho teso la mia pelle fino allo stremo delle forze, ho costretto il mio corpo a patire il grasso, la fame, il dolore. Ho guardato la vita in un modo così distorto che forse nessuno mi ha mai capita davvero.
Eppure mi sento bella, perché mi diverto con poco senza esagerare. Mi sento bella quando seguo ancora i miei sogni. Mi sento bella perché amo le mie amiche e amo l’amore. Mi sento bella anche quando sono esagerata negli affetti e nei difetti. Mi sento bella perché tutto ciò che mi è successo mi ha resa ancora più incollata alla vita e alla sua straordinaria meraviglia.
Mi sento bella anche quando di bello non vedo nulla allo specchio. Mi sento bella anche quando mi strapperei la pelle di dosso per poter ridare una dignità al mio corpo maltrattato».

“I lividi non fanno rumore” la storia scritto da Nadia Elle scaricabile da Amazon
https://www.amazon.it/dp/B0CCCVCDCG?ref_=cm_sw_r_cp_ud_dp_A8X118NHWK4WXVKYSYBK_1

Il profilo Instagram: lady_ellegram

Alessandra Toni
alessandra.toni@varesenews.it

Sono una redattrice anziana, protagonista della grande crescita di questa testata. La nostra forza sono i lettori a cui chiediamo un patto di alleanza per continuare a crescere insieme.

Pubblicato il 27 Luglio 2023
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Commenti

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  1. elenera
    Scritto da elenera

    [Argomento, quello della bellezza, di una vastità potenzialmente inesauribile…]
    Lungi da me muovere critiche nei riguardi di Nadia (che è bellissima, decisamente, e sono sicura che lo era anche prima…), ma chi nasce con un brutto viso, piuttosto, che dovrebbe fare? Il fatto è che, in epoca di “body shaming”, essere *belli* sembra obbligatorio e, personalmente, è questo che mi viene da contestare: gli stupidi canoni estetici.
    Andare oltre la “vile carne”: che sia questo, in realtà, l’obiettivo corretto?

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